“Scusi infermiere, a cosa serve questo farmaco?”
É una frase ricorrente che molto spesso un infermiere si sente rivolgere da pazienti o da parenti al momento della somministrazione della terapia farmacologica.
Anche se è il medico a prescrivere la terapia, l’infermiere non si può solamente limitare a somministrare il farmaco come un mero esecutore di una prescrizione medica.
Le risposte che gli infermieri danno a questa domanda sono molteplici.
É giusto informare il paziente oppure si tratta di una competenza medica?
L’infermiere è sufficientemente formato per fornire questo genere di informazione?
È ormai parere comune che l’infermiere svolga una delicata “funzione terapeutica” rivolta ai pazienti e ai loro caregiver. L’infermiere deve fornire un supporto basato su evidenze scientifiche ed avere nozioni di farmacologia adeguate per rendere consapevoli le persone che assistiamo. Occorre fornire informazione sulle modalità di assunzione, sulla conservazione, sul trasporto del farmaco, sui tempi di azione e sui possibili effetti collaterali.
È bene informare il paziente ed il caregiver sulla possibilità di partecipare attivamente al programma di farmacovigilanza dell’AIFA segnalando al proprio medico di famiglia sospette reazioni avverse e scenari speciali.
L’infermiere non può più limitarsi allo svolgimento della sola azione di somministrazione del farmaco senza essere in grado di fornire risposte corrette.
Sotto il profilo etico, ancor prima che professionale, il nostro ruolo ci impone di affiancare il paziente in questo difficile percorso di accettazione dello schema di terapia. Per essere in grado di poter fare tutto ciò è necessario entrare nel mondo intimo e personale del paziente per conoscerne pregiudizi, credenze, stili di vita, barriere culturali o religiose che caratterizzino la sua esistenza.
Tutte queste attività devono essere finalizzate ad aumentare la compliance del paziente nei confronti della terapia farmacologica prescritta.
La “funzione terapeutica” dell’infermiere non è scontata.
Per essere in grado di ricoprire il ruolo di “educatore” occorrono competenza ed esercizio.
Anche le linee guida EULAR sull’assistenza al malato con artrite cronica pongono al primo posto la patient education.
Simone Gussoni
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