Le mascherine Ffp2 importate dalla Cina sono finite sotto accusa perché avrebbero un potere filtrante ridotto ad appena il 36% rispetto al 95% dichiarato.
Accade a Roma: lo stock di mascherine ffp2 comprate in Cina, sdoganato grazie a un presunto certificato di conformità Ce e destinato in parte a una Regione, non è buono. Anzi, quei dispositivi, denunciano Foschini e Tonacci su La Repubblica, sono assolutamente pericolosi.
Purtroppo, non è la prima volta che una truffa di questa sorta si verifica. Il Nas ha sequestrato 6milioni di dispositivi di protezione apparentemente in regola, ma risultati in seguito taroccati.
Il problema è iniziato con l’inizio dell’epidemia in Italia, quindi esattamente un anno fa, quando i dispositivi di protezione individuale erano molto carenti. In quella situazione drastica ed emergenziale il governo aveva preso la decisione di importare i dispositivi dall’Estero anche se privi del marchio Ce. L’importante era che vi fossero alcuni documenti, tra i quali i test report, che avrebbero attesto che i materiali fossero equiparabili.
Da qui, racconta il quotidiano, sono nati i problemi, se da un lato chiunque abbia un contatto con la Cina offre carichi di materiale, dall’altro ci sono certificatori improvvisati che si fanno pagare per mettere un timbro sulle bolle. a è quando arriva il commissario straordinario Domenico Arcuri, e la Protezione civile cede la maggior parte dei contratti, che si vedono i primi problemi.
Alcuni contratti vengono rescissi, ma per i contratti interrotti, ce ne sono altri che invece sono stati conclusi. Un esempio è il caso della maxi commessa da 1,25 miliardi di euro firmata dal Commissario con tre consorzi cinesi oggetto dell’inchiesta della procura di Roma per i 70milioni di euro di commissione intascati da alcuni imprenditori italiani, inchiesta in cui la struttura commissariale è parte lesa.
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