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Sanità, quanto sprechi?! Le risorse perse nella pratica clinica infermieristica

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In tutto il mondo sta aumentando il costo della sanità in conseguenza delle trasformazioni epidemiologiche e demografiche e dell’utilizzo di trattamenti sanitari sempre più efficaci ma anche più costosi

I sistemi sanitari hanno inoltre risentito delle riforme restrittive, della riorganizzazione dei servizi conseguente alla crisi economica che hanno ulteriormente ridotto le risorse disponibili proprio nel momento in cui, al contrario, stavano aumentando le richieste socio-sanitarie, soprattutto tra i ceti a medio e basso reddito.

Per poter raggiungere i fondamentali obiettivi dei sistemi sanitari di sviluppo recentemente il dibattito bioetico ha subìto un importante cambio di paradigma spostandosi dalla razionalizzazione dei servizi alla riduzione degli sprechi.

La letteratura fornisce alcune stime relative all’eccesso della spesa, in particolare in Italia gli sprechi avrebbero un impatto sul Sistema Sanitario Nazionale pari a 22 miliardi di euro l’anno, cioè circa il 20% della spesa sanitaria pubblica e le categorie di maggior peso sarebbero il sovrautilizzo di interventi sanitari privi di efficacia e appropriatezza e la medicina difensiva come abusi e frodi.

La letteratura non fornisce alcuna definizione operativa comune di spreco nella pratica clinica; anche nelle banche dati internazionali il termine rimanda principalmente a materiali e prodotti di scarto senza alcun riferimento ai contesti del management.

A livello organizzativo il concetto di spreco è strettamente correlato all’economia ed è inteso come non valore, dissipazione di risorse o addirittura valore negativo che nei contesti sanitari potrebbe tradursi in un danno alla salute del cittadino utente.

Fino ad ora il fenomeno è stato studiato da una prospettiva ampia considerando solo le interazioni tra i macrosettori dei sistemi sanitari; sarebbe necessario invece calarsi all’interno dei contesti dove quotidianamente originano gli sprechi ricercando la collaborazione dei professionisti maggiormente coinvolti nella pratica clinica al fine di sviluppare delle strategie d’azione e basate sulle evidenze.

A livello nazionale è stato condotto un unico studio che ha documentato il significato e l’impatto degli sprechi tra gli infermieri e la letteratura è scarsa riguardo a queste tematiche. Sarebbe opportuno e utile proseguire nelle ricerche al fine di riuscire ad elaborare e a validare uno strumento in grado di individuare in modo oggettivo e generalizzabile gli sprechi nel contesto sanitario italiano.

Ma quando parliamo di sprechi a cosa ci riferiamo?

Si possono tracciare diverse dimensioni degli sprechi:

  • In quella della sovrapproduzione si riscontrano l’energia (luci o apparecchiature lasciate accese), la scadenza di materiale, l’utilizzo improprio di materiale, attività infermieristiche non necessarie o improprie, sopravvalutazione delle urgenze con chiamate continue del team di rianimazione;
  • In quella delle attese vi sono l’attesa del medico (prima di iniziare le sedute operatorie, per il giro visita, per le medicazioni o di notte in mancanza del medico di guardia), l’attesa della mancata consegna di materiale da parte di fornitori, di utenti per ritardo nei trasporti, per ricovero o intervento ritardato, per indagini diagnostiche o visite specialistiche, per modulistica da riscrivere perchè non compilata correttamente, per fattori strutturali o logistici che rallentano l’assistenza (ad esempio, la mancanza di un sollevatore in un’unità operativa), per accensione o set up di apparecchiature, dei colleghi durante il cambio turno;
  • In quella scorte troviamo la carenza di materiali (ad esempio la mancanza di medicazioni avanzate spingerebbe il professionista a ricercare delle soluzioni alternative spesso non supportate da evidenze scientifiche), risorse umane eccessive distribuite in modo non efficace nei reparti, indagini diagnostiche in attesa di essere refertate, eccesso di materiale conservato in magazzino, campioni biologici in attesa di essere analizzati, letti non occupati o con basso indice di rotazione nonostante lunghe liste d’attesa, sacche di sangue in attesa di essere utilizzate;
  • Nel contesto processo si elencano le risorse umane inferiori rispetto alle normali esigenze di reparto, l’utilizzo di competenze infermieristiche per altre attività (di segreteria, amministrative), carenze nell’innovazione tecnologica (mancanza di cartella clinica e infermieristica informatizzate), attività ridondanti o ripetute (registrazione multipla di dati clinico-assistenziali su documenti o scale di valutazioni molto simili tra di loro), discontinuità nei trattamenti per mancanza di reti tra reparti ospedalieri e territorio, presenza di figure professionali o posizioni organizzative poco chiare, non coerenza tra prestazioni pianificate e prestazioni effettivamente erogate.
  • Nel contesto servizi ed errori si annoverano le prescrizioni terapeutiche incomprensibili o incomplete, l’inoperosità o la superficialità da parte di altri operatori, non disponibilità di personale infermieristico adeguato (con esperienza e specializzazione), ritardi o errori nella somministrazione della terapia, inadeguata manutenzione e controllo delle apparecchiature, mancato rispetto di protocolli assistenziali, errori nell’identificazione della persona sottoposta ad intervento assistenziale;
  • Tra gli sprechi per materiali e flussi informativi vi sono la ricerca di presidi in magazzini lontani o esterni dal reparto in seguito ad una cattiva gestione degli spazi, trasporto di campioni biologici dai reparti ai laboratori, spostamento di strumentazioni da un’area all’altra del reparto o dell’ospedale, reperimento di materiale assistenziale e non (ad esempio magazzino collocato a distanza), difficoltà comunicativa e collaborativa tra colleghi o altre figure professionali, ripetizione di test o indagini diagnostiche per informazioni errate o mancanti, trasporto della documentazione clinica.
  • Tra gli sprechi per movimenti si citano i trasferimenti di utenti da un reparto ad un altro per mancanza di posti letto, spostamento di utenti per indagini diagnostiche o visite specialistiche comportando l’allontanamento di uno o più operatori dall’unità operativa, reperimento di informazioni sugli utenti da supporti cartacei/informatici, movimenti da una parte all’altra del reparto per consulto con colleghi;
  • Tra gli sprechi per dispersione delle conoscenze vi sono la ridotta applicazione delle evidenze scientifiche nella pratica clinica e la ridotta conoscenza di tecnologie e presidi con impatto sul processo assistenziale.

Come afferma il nostro codice deontologico l’infermiere riveste un ruolo fondamentale nell’orientamento delle politiche sanitarie, nell’equità delle scelte allocative e nell’ottimale utilizzo delle risorse disponibili; per tutti questi motivi ed altri la riflessione che ne scaturisce è netta: dovrebbe essere maggiormente considerato e valorizzato.

Se ciascun infermiere riuscisse a risparmiare anche un solo euro attraverso il contenimento degli sprechi nella propria pratica clinica quotidiana alla fine di un anno si riuscirebbero a risparmiare in media ben 160 milioni di euro.

Attraverso la riorganizzazione dei servizi sanitari e la piena partecipazione infermieristica è possibile un cambiamento del panorama sanitario e assistenziale per riuscire ad assicurare cure sanitarie di alta qualità più soddisfacenti non solo per gli assistiti ma anche per i professionisti stessi.

 

Anna Arnone

 

Sitografia

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