Intervista rilasciata a Nurse Times da Salvatore Usala, segretario del Comitato 16 Novembre Onlus e malato di SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica. Simbolo delle proteste dei disabili gravissimi che molte volte si sono ritrovati davanti ai palazzi del potere, ‘Tore’ è più che mai determinato a battersi fino all’ultimo respiro (artificiale) perché tutti i disabili gravi e gravissimi ottengano un’assistenza domiciliare dignitosa. Tore ci esprime anche il suo punto di vista su ciò che stiamo vivendo, da un po’ di tempo a questa parte, noi infermieri italiani.
So che sei felicemente sposato da più di 40 anni, ma che hai un’amante con cui convivi da tempo… parlaci di lei. E del vostro rapporto.
Eh sì, ho un’amante da ben 12 anni. Si chiama SLA. Mia moglie non è gelosa, anzi mi ‘condivide’ con lei senza troppi problemi. Con amore, anche. Parlare dell’amante non è mai semplice… Quando l’ho conosciuta, la mia vita di prima è finita; e ne è iniziata un’altra, più movimentata e ricca di lotte, ma comunque serena. Scherzi a parte (mi riferisco al discorso dell’amante), il problema che ha scatenato le nostre lotte non è mai stato la SLA, bensì l’incoerenza della classe politica che ci governa: tutti solidali a parole, per carità; ma quando poi si tratta di mettere soldi per i disabili gravi e gravissimi, i politici come per incanto si eclissano. Dovrebbero vergognarsi.
Sei il segretario del Comitato 16 Novembre Onlus. Di cosa vi occupate?
Il Comitato 16 Novembre si occupa di malattie altamente invalidanti. Nel concreto, penando e lottando, siamo riusciti a portare il fondo per la non autosufficienza da zero a 400 milioni. Ciò risulta comunque un’inezia per i problemi della disabilità; poi c’è anche il discorso che tante regioni fanno un po’ quello che gli pare coi fondi assegnati… e questo vanifica tutto. Il nostro obiettivo attuale è far sì che venga stilato un piano nazionale per la non autosufficienza, che renda i diritti esigibili uniformi in tutta l’Italia. Sarà dura.
Io e te ci siamo conosciuti davanti ad un Ministero, in tempi dove la gente si faceva docce gelate e i politici tagliavano il Fondo per la non autosufficienza. Cosa è cambiato da allora?
Le docce gelate sono state un veicolo pubblicitario per i politici, in testa Matteo Renzi. In concreto hanno fatto campagna elettorale alle spalle dei disabili, senza nessuna dignità. Non è cambiato nulla, praticamente. Siamo da soli a lottare contro la vergogna di questo governo, visto che le altre associazioni e i sindacati saltano fuori solo quando c’è da prendersi i meriti. Viscidume.
Sono stato con voi due volte in protesta qui a Roma. Per me è stata un’esperienza di vita. Vedere voi guerrieri, connessi a ventilatori meccanici e totalmente immobili… combattere nonostante le intemperie, l’attesa snervante e col costante rischio di contrarre infezioni fatali… mi ha fatto riflettere. Come è possibile che in Italia si sia arrivati a questo? Che segnale è quando in un paese che vuole definirsi civile i disabili gravissimi sono costretti a scendere in piazza per ottenere assistenza?
Non è vero che siamo un paese civile, basta dire che Tremonti ha tagliato 2.500 milioni di aiuti sociali, che il governo di turno è sempre alla caccia di falsi invalidi, che opposizioni, sindacati e associazionismo se ne fregano di tutto. Siamo rimasti in pochi noi pazzi, che rischiamo la vita per avere giustizia. Sento tante persone che mi dicono: “sono con te con il cuore”. Che pena… e che fastidio. Se vengo io dalla Sardegna, a protestare fino a Roma, con tutti gli arnesi che mi servono per vivere (ventilarori meccanici, carrozzine speciali, aspiratori, pompe per la nutrizione, ecc)… possono farlo tutti.
L’assistenza ad un malato di SLA come te prevede competenze specifiche ed assistenza per 24 ore, su questo ci sono pochi dubbi. E l’assistenza a domicilio, per una questione di costi e per non costringere il paziente ad una ‘detenzione’ forzata in ospedale, è l’unica soluzione possibile a lungo termine. Perché nel territorio italiano ci sono così tante sperequazioni? Perché di ASL in ASL ci sono differenze abissali sui servizi assistenziali erogati? Perché c’è chi ha tutto in abbondanza (presidi, assistenza, ecc.) e c’è chi deve dare vita ad estreme forme di protesta per ottenere qualche ora infermieristica al giorno?
Noi abbiamo bisogno di un’assistenza attenta, scrupolosa, da parte di operatori formati minuziosamente a tale scopo, per 24 ore. A tal proposito ho realizzato un progetto per formare degli assistenti, che sappiano gestire nelle 24 ore tutto ciò di cui un malato complesso come me ha bisogno. Chiaramente l’infermiere ha un ruolo centrale, soprattutto di coordinamento e gestione come Case Manager. In Italia c’è la mafia, imperversa la corruzione, bustarelle, le ASL sono centri di latrocinio. Per queste ragioni esiste una differenza enorme dei servizi assistenziali erogati, anche nella stessa regione. Di solito chi ruba poco riesce a fornire un servizio decente, mentre chi ruba molto non da quasi nulla. Per ottenere degli ausili essenziali spesso i disabili sono costretti a compiere gesti estremi, per loro molto pericolosi.
Qualche anno fa, subito dopo un’altra faticosa giornata di protesta davanti al Ministero dell’Economia, è accaduto qualcosa di brutto, che sa di inevitabilità: il Dott. Raffaele Pennacchio, malato di SLA come te e tuo amico, si è sentito male e si è spento. Il sacrificio di Raffaele è diventato la vostra bandiera. Ma quanti altri sacrifici saranno necessari prima che tutti i disabili gravi e gravissimi italiani abbiano dei livelli minimi di assistenza accettabili?
La morte di Raffaele è stato un vero dramma. Passare tante ore lì ad aspettare, la notte in furgone, al freddo… per persone nella nostra condizione tutto questo è pazzesco. E chi ha permesso tutto questo è un incosciente. Ma in Italia l’80% dei malati di SLA muore nel silenzio più totale. Si lasciano morire per non andare in RSA e per non pesare sulla famiglia. Questa scelta è purtroppo obbligata dalla totale mancanza di assistenza. E poi, certo, tutto questo rende la richiesta di eutanasia un cosa logica. Questi sono omicidi di stato.
La professione infermieristica, complice la crisi, sta vivendo un periodo difficile. Dove precarietà, disoccupazione, demansionamento e condizioni lavorative al limite dell’insulto sono ormai la routine. Tu hai sicuramente avuto a che fare con diversi infermieri. Cosa pensi delle difficoltà in cui si ritrova immersa la categoria? Pensi che il nostro SSN possa continuare a reggersi in piedi senza assumere e salvaguardare i professionisti dell’assistenza?
La professione dell’infermiere è stata nel tempo snaturata. C’è chi si crede il Dio in terra e chi, con modestia e passione, lavora di buona lena e con professionalità. La crisi non c’entra molto: l’invasione degli stranieri, la marea di corsi per Operatori Socio Sanitari hanno reso la categoria infermieristica fragile e demotivata. La disponibilità infinita di personale straniero ha generato una sorta di competizione al ribasso, alla faccia di tutti i diritti acquisiti. Gli Operatori Socio Sanitari vengono preferiti, nelle strutture private, perché fanno tutto, anche le pulizie. Nell’assistenza domiciliare, appurato che è impossibile avere un infermiere 24 ore (costerebbe troppo, poche ASL hanno provato in Italia a mettere in atto un modello di questo tipo) bisogna puntare su assistenti familiari con una formazione specifica e diretti da un infermiere Case Manager. È necessario che gli infermieri tutti si organizzino per riconquistare la giusta dignità. Non siete carne da macello!
E se ce lo dice lui, cari colleghi, che porta avanti le sue battaglie nella più totale immobilità, su una carrozzina, connesso ad un ventilatore meccanico tramite tracheostomia e parlando cogli occhi tramite un computer… forse anche noi potremmo trovare la forza per scendere in piazza e per protestare, uniti, a favore dei nostri diritti.
Grazie, ‘comandante’ Tore.
P.S. I disabili gravissimi si stanno preparando ad un’altra decisa protesta: dalle 11 del 5 maggio prossimo si ritroveranno in via Veneto a Roma per un presidio davanti al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, dove metteranno in atto lo sciopero della fame e della sete. E dove Tore minaccia: “Non caricheremo le batterie dei respiratori polmonari, inoltre vi faremo una sorpresa eclatante”. Obiettivo? Il Piano Nazionale per la non autosufficienza. Noi di Nurse Times saremo con loro. Forza, guerrieri!
Alessio Biondino
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