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Salute mentale, parlarne resta un tabù soprattutto per gli uomini

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Salute mentale, parlarne resta un tabù soprattutto per gli uomini
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“C’è una maggiore tendenza per le donne a cercare aiuto per problemi di salute mentale rispetto agli uomini. Gli stereotipi di genere interiorizzati sembrano essere l’ostacolo principale alla fruizione della psicoterapia da parte degli uomini, i quali associano l’imperturbabilità maschile alla virtù e l’emotività alla debolezza”. Così Martina Migliore, psicoterapeuta specializzata in terapia cognitivo-comportamentale e direttrice Formazione e Sviluppo di Serenis, parla su Open del tabù di parlare apertamente della propria salute mentale, che pesa in modo particolarmente significativo sugli uomini.

“Dietro questo stigma – spiega l’esperta – ci sono diversi fattori culturali e sociali. Pesano soprattutto gli stereotipi di genere, che spesso spingono gli uomini a evitare la psicoterapia per paura di essere visti come ‘meno uomini’ o meno capaci di gestire le proprie vite. Molti vengono ancora cresciuti nel mito del problem solving a ogni costo e della pragmatica forzata, per cui le riflessioni sui propri stati emotivi e la sofferenza non sono percepite come utili, ma solo fastidiose o segnali di inadeguatezza”.

Secondo la dottoressa Migliore, alla radice di questo gap di genere in tema di salute mentale vi è anche la mancanza di modelli positivi: “Se gli uomini non vedono altri uomini che affrontano apertamente le proprie sfide emotive e cercano aiuto, possono sentirsi meno inclini a farlo loro stessi”. Ma un ruolo significativo lo gioca anche “la mancanza di educazione e consapevolezza riguardo alla salute mentale, che può far sì che gli uomini non riconoscano i segnali di malessere emotivo o non capiscano l’importanza della terapia per affrontarli”.

Il tabù degli uomini sulla salute mentale attraversa anche le mura domestiche, nonostante la famiglia sia tradizionalmente considerata un luogo sicuro per la condivisione. “È proprio questo il bias di base – precisa l’esperta -. Diamo troppo spesso per scontato che la famiglia sia un luogo sicuro, sia affettivamente che relazionalmente, ma in moltissimi casi non è così. In famiglia, infatti, si possono perpetuare nel tempo antichi conflitti mai risolti, percezioni di esclusione che alimentano la sensazione di poter essere fortemente giudicati, o peggio esclusi, nel caso in cui non si rispetti uno standard ipotizzato”.

Dalle statistiche emerge come siano donne e giovani della generazione Z a manifestare maggior apertura nell’affrontare i problemi legati alla salute mentale. “La GenZ – chiosa la dottoressa Migliore – richiede sempre più spesso, giustamente, nuovi standard emotivi che rispettino l’individuo nella sua interezza, comprese le sue difficoltà. E le donne, per cultura precedente, sono sempre più disponibili a questo tipo di apertura. La vera sfida sarà quella di smettere di fare una distinzione tra sessi, in termini di fragilità, emozioni e sofferenza”.

Secondo uno studio condotto nel luglio 2023 da Bva Doxa, istituto specializzato in sondaggi d’opinione, ricerche di mercato e analisi statistiche, in collaborazione con Serenis, piattaforma digitale per il benessere mentale e centro medico autorizzato, il 63% di chi rifiuta la psicoterapia per parlare di salute mentale è uomo.

I dati di tale studio rivelano inoltre che solo il 15% degli uomini confida i propri problemi agli amici. Ritrosia che si manifesta anche nelle relazioni di coppia, dove è quasi sempre la donna (nel 35% dei casi) a essere più aperta e incline a parlare di saslute mentale, mentre gli uomini lo fanno solo nel 26% dei casi.

Una seconda ricerca, condotta a febbraio 2024 su un campione di 878 persone di età compresa tra i 18 e i 54 anni provenienti da tutta Italia, evidenzia che sei persone su dieci non parlano di salute mentale neanche ad amici e famigliari. Solo il 21% dei partecipanti, invece, si apre con i propri parenti su questi temi. E gli uomini si confermano essere i più restii ad affrontare l’argomento, così come la fascia di età compresa tra i 45 e i 54 anni.

C’è un ampio dibattito sulla reale incidenza dei disturbi della salute mentale tra gli uomini e alla possibilità che siano sotto-diagnosticati. Un dato significativo è rappresentato dal tasso di suicidi, che risulta essere nettamente più elevato negli uomini rispetto alle donne. Stando ai dati dell’Oms, il 78,8% dei morti per suicidio sono uomini. Così come questi ultimi sono anche i più propensi a diventare consumatori dannosi di alcol e droghe.

Redazione Nurse Times

Fonte: Open

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