Riceviamo e pubblichiamo questa lettera. L’ha scritta un’infermiera neolaureata delusa, amareggiata, incredula e distrutta dopo un colloquio di lavoro che ha dell’assurdo.
Uno dei tanti che, qui nel Lazio, rappresentano ormai la normalità.
La collega ci ha chiesto di rimanere anonima, in quanto ha paura di non riuscire a trovare un lavoro in seguito a questa sua denuncia, ma… col suo consenso e insieme a tutti i dettagli del caso, abbiamo prontamente denunciato questa realtà fuori controllo al Collegio IPASVI di Roma.
Sperando che ci siano i presupposti per delle verifiche e per un’azione decisa.
Caro Alessio,
Leggendo un vostro recente articolo (VEDI) mi sono detta che sì, è vero: essere infermieri al giorno d’oggi è veramente arduo.
È difficile spiegare quanto sia importante la Nostra Professione in questa sanità e forse è interesse di pochi starlo a recepire; ma per chi ha studiato tanto così da poterla esercitare, è ancora più difficile sentirsi dire: “Tanto l’infermiere lo possono fare tutti.”
Ed è proprio questo che ti sto per raccontare…uno svilimento professionale a cui non avrei mai pensato di poter assistere.
Io sono Infermiera da pochissimo tempo, ma conosco a fondo il termine sacrificio e so bene quanto questa professione ci metta alla prova ogni giorno; soprattutto adesso, in un periodo dove sembra proprio che siano solo i pochi infermieri dei nostri ospedali, a dover mandare avanti la baracca sempre più fatiscente del nostro SSN.
Ricordo il primo giorno di tirocinio, le ansie, le paure, le gioie e gli infermieri grazie ai quali sono cresciuta professionalmente.
Il passo lungo la corsia, con il passare del tempo e con le diverse esperienze di tirocinio, è diventato sempre meno incerto, le conoscenze aumentavano a dismisura e le paure si sono infine trasformate in un lontano ricordo.
Dentro di me cresceva l’orgoglio di poter indossare e rappresentare, in piccola parte, questa Professione proprio come il Codice Deontologico recita: “L’infermiere esercita la funzione di rappresentanza professionale con dignità, correttezza e trasparenza.
Utilizza espressioni e adotta comportamenti che sostengono e promuovono il decoro e l’immagine della comunità professionale e dei suoi attori istituzionali”.
Lo stesso orgoglio che mi ha recentemente accompagnato in una sgradevole esperienza presso una Casa di riposo per Anziani.
Avevo portato il C.V. poco tempo prima e, cosciente che non sarebbe stata una esperienza in grado di farmi crescere chissà quanto professionalmente, ho reputato la possibilità per certi versi allettante, vista l’estrema vicinanza al mio domicilio.
Il responsabile mi ha convocata presso la struttura nella stessa giornata e al momento del colloquio mi ha mostrato le diverse stanze, come si articola la giornata e le varie “responsabilità Infermieristiche”. 25 posti letto.
Due piani, una sola infermiera (solo donne). Turni infermieristici: mattina e pomeriggio. Di notte solo OSS.
La paga delle infermiere era ridicola: 6 Euro l’ora (!!!), con un contratto che mi sarebbe stato fatto da una cooperativa e di cui mi avrebbe parlato solo al momento della firma (???). Ma era la mia prima esperienza, così…mi sono resa disponibile dal giorno seguente.
La mattina dopo mi sono presentata all’orario stabilito per l’affiancamento, ma ho capito subito che c’è qualcosa di serio che non andava: mi era stato spiegato che la notte veniva effettuata da due OSS, questo sì; ma…non mi era stato detto che questi operatori somministravano comunque la terapia e che l’infermiere del turno successivo doveva firmarla!
Sì, Alessio, hai capito bene: di notte gli OSS somministravano i farmaci, poi la mattina arrivava l’infermiere e firmava il loro lavoro, di fatto assumendosene tutta la responsabilità.
Questo succedeva purtroppo anche nei turni della mattina e pomeriggio: quando l’infermiere non c’era, era l’OSS a somministrare la terapia; poi, con calma, prima o poi, l’avrebbe firmata un infermiere.
Io sono rimasta allibita, da queste assurde informazioni; ma ho scelto il silenzio e ho aspettato il momento giusto per poter parlare con il responsabile.
Il turno, comunque, è scivolato via tranquillamente: i pazienti venivano aiutati nella deambulazione, durante la colazione, venivano effettuate (dove necessarie) le cure igieniche e il rifacimento del letto. Routine.
Durante una pausa un operatore, che mi è stato detto non essere un infermiere, appena finito di somministrare la terapia (!!!) mi ha spiegato che lì in quella casa di riposo non c’è nessuna differenza tra i vari ruoli: l’infermiere e l’OSS fanno praticamente le stesse cose.
Che la terapia appena somministrata da lui sarà poi firmata senza problemi dall’infermiere presente in struttura alla fine del turno. E che tutto ciò è normale.
Finalmente sono riuscita a parlare con il responsabile.
Gli ho fatto notare come non sia legale delegare la somministrazione della terapia ad altri operatori, in quanto la farmacovigilanza è di responsabilità infermieristica; ma lui mi ha tirato fuori un decreto (interpretandolo a modo suo…) nel quale è chiaramente scritto che l’OSS può collaborare al momento della somministrazione della terapia coadiuvato dall’infermiere, che ne è il responsabile.
Comunque mi ha ribadito che, essendo quella una casa di Riposo per Anziani, funziona diversamente dagli ospedali e dalle cliniche:
“È come se il paziente prendesse la terapia prescritta in casa sua, non ha bisogno di qualcuno che gliela somministri”, mi ha risposto. Mmmh.
E allora perché si firma? Gli ho espresso chiaramente il mio rifiuto ad accettare queste condizioni di lavoro e, per correttezza, ho continuato col mio turno (il primo e l’ultimo), nonostante egli mi avesse detto che potevo andare via in qualsiasi momento, se avessi voluto.
Ma al peggio non c’è mai fine: dopo il colloquio siamo poi passati alla pulizia della stanza, bagno incluso. Sì, hai capito perfettamente: in quella struttura gli infermieri rassettano, lavano le stanze e i gabinetti!
Dopodiché, ringraziando Dio…il mio turno è terminato.
Ho deciso di scrivere queste poche righe a Nurse Times in quanto penso che una situazione così grave e assurda, che lede la nostra Professione, le nostre responsabilità, le nostre conoscenze e competenze, vada assolutamente denunciata.
Mi dispiace farlo in modo anonimo, ma… ho paura. Non mi vergogno affatto di dire che ho paura di essere riconosciuta e, per tale motivo, di rischiare di non trovare un lavoro.
Non posso permettermelo, purtroppo. Ma penso che anche in modo anonimo… si possa e si debba denunciare!
Mi interrogo sul perché la nostra Professione debba essere ancora vittima di questi abusi…
Mi domando sul perché i Collegi non ci tutelino a dovere…
E mi chiedo: per quanto tempo ancora vivrò nella speranza, sempre più debole, che “Tanto, prima o poi, qualcosa DEVE CAMBIARE”?
Concludo con i dati della struttura di cui sopra: Casa di Riposo per Anziani “Villa XXXXXXXX”, sita in via XXXXXX, Roma.
Un’infermiera altamente amareggiata
Lascia un commento