Home Specializzazioni Infermiere dell’Emergenza PICC e la gestione della trombosi venosa profonda correlata
Infermiere dell’EmergenzaSpecializzazioni

PICC e la gestione della trombosi venosa profonda correlata

Condividi
Condividi

picc

I PICC, cateteri venosi centrali a inserzione periferica, sono accessi che prevedono un utilizzo superiore ai 30 giorni, e sono ben tollerati dal paziente che può condurre uno stile di vita normale.

Si predilige come sito di inserzione la vena basilica del secondo medio del braccio, in seconda scelta la vena brachiale e la vena cefalica. E’ una pratica eseguita dall’infermiere con master di primo livello e adeguatamente formato del PICC TEAM, una frontiera importantissima nell’ambito dell’infermieristica in quanto gode di autonomia nella gestione e nell’impianto di questo presidio.

Il posizionamento dei PICC viene effettuato con metodica eco-guidata che consente di identificare le vene profonde, non visibili né palpabili, riducendo le complicanze legate al posizionamento, grazie all’uso di un ecografo dotato di sonde superficiali, lineari ed ad alta frequenza (7.5-9 mhz), finalizzato esclusivamente alla visualizzazione ed alla identificazione dei vasi sanguigni.

Bisogna però considerare le complicanze possibili, precoci e tardive, derivanti dall’impianto.

Una delle complicanze associate è la trombosi venosa profonda (TVP) degli arti superiori, che può causare perdita dell’accesso venoso e aumento del rischio di embolia polmonare.

Cosa fare davanti al rischio di TVP in un paziente da impiantare?

Valutare il paziente per i fattori di rischio per la trombosi venosa prima dell’inserimento del dispositivo.

I fattori di rischio includono:

  1. storia di trombosi venosa profonda;
  2. presenza di malattie croniche associate con stato di ipercoagulabilità (neoplasie);
  3. diabete;
  4. sindrome del colon irritabile;
  5. malattia cardiaca congenita;
  6. lo stadio terminale di insufficienza renale;
  7. pazienti chirurgici e traumi;
  8. pazienti di terapia intensiva;
  9. iperglicemia in non diabetico;
  10. presenza nota di anomalie genetiche della coagulazione (ad esempio, del fattore V di Leiden, mutazione della protrombina);
  11. gravidanza o uso di contraccettivi orali;
  12. storia di molteplici dispositivi, in particolare con difficoltà o inserzione traumatica e la presenza di altri dispositivi intravascolari (ad esempio, pacemaker).

Esistono inoltre altri fattori di rischio, qui riportati:

Fattori di rischio legati al device

  • calibro e sezione del catetere ( in uno studio retrospettivo su 966 PICC, i PICC di 5-6 French svilupparono più frequentemente trombosi rispetto ai 4-French PICC);
  • anche ciò che viene infuso può avere importanza nella genesi della trombosi del PICC.  Alcuni antibiotici come il ceftriaxone, la vancomicina e il metronidazolo sembrerebbero aumentarne il rischio;
  • è opportuno posizionare la punta del PICC a livello della giunzione cavo-atrio in quanto gravata da un minor numero di eventi trombotici rispetto a quelli locati a livello della vena cava superiore a causa delle diverse velocità di flussi in questo distretto.

Come riconoscere la tvp?

Edema, dolore e distensione delle vene del braccio sono sintomi comuni in presenza di una tromboflebite superficiale e si manifesta con la comparsa dei segni classici dell’infiammazione; lo sviluppo di infezione in genere richiede la rimozione del PICC .

In linea generale poiché il PICC rappresenta una fonte emboligena esso andrebbe rimosso, ma prima di fare ciò è giusto porsi due domande:

  • La presenza del PICC è ancora necessaria?
  • E se il picc è ancora necessario, è ben posizionato alla giunzione cavo-atriale e funzionante?

In questo caso le linee guida non ne consigliano la rimozione di routine, ma  raccomandano il trattamento trombolitico locale (preferito a quello sistemico) mediante catetere, nei pazienti:

  • con sintomi severi (alterazioni funzionali dell’arto coinvolto);
  • trombosi estesa della vena succlavia e ascellare;
  • aspettativa di vita di almeno 1 anno;
  • sintomi di durata superiore ai 14 giorni;
  • buone condizioni generali;
  • basso rischio di sanguinamentoLa sua rimozione risulta inevitabile in caso di infezione o impossibilità ad eseguire il trattamento anticoagulante, la persistenza di dolore e/o edema dell’arto interessato.

La trombosi correlata a PICC ha un incidenza che varia a seconda di diversi fattori, aumenta in correlazione alla presenza di neoplasie maligne, è più bassa in corrispondenza di pazienti che non hanno difetti nella coagulazione.

L’attenzione nella cura, nella gestione del PICC e nel monitorare la comparsa di complicanze, primarie e come in questo caso tardive, è a cura dell’infermiere che ha un ruolo da protagonista in questa tecnica.

La prevenzione consiste nell’esecuzione di ecografia e doppler per rilevare la presenza di eventuali trombi, ma non dimentichiamo l’aspetto fondamentale di osservare, sempre, prima di tutto il paziente, e verificare periodicamente il corretto funzionamento del nostro device.

Senza dimenticare l’approccio empatico che il personale del picc team deve sempre mostrare verso il paziente per guidarlo verso un atteggiamento meno ansiogeno e a scelte cliniche adeguate e ponderate. …E in concusione… “…Che poi detto così sembra stia salutando un amico… Che poi un po’ lo è anche stato…”

Denise De Simone

Condividi

Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli Correlati
54° Congresso società italiana di neurologia: i temi da affrontare
CittadinoNT NewsPsichiatriaSalute MentaleSpecializzazioni

54° Congresso Società italiana di neurologia (Sin): i temi da affrontare

Introduzione – Alfredo Berardelli, Alessandro Padovani ✓ Malattia di Alzheimer: una luce in fondo al...