Partiamo dalla buona notizia. I campioni di alimenti di origine vegetale e animale provenienti da agricoltura biologica e convenzionale, analizzati da Legambiente nell’ambito dell’indagine presentata a Roma “Stop pesticidi nel piatto 2023”, sono oltre 6mila (6.085, per l’esattezza). Ebbene, la percentuale di questi campioni in cui sono state rintracciate tracce di pesticidi nei limiti di legge è risultata in diminuzione (39,21% contro il 44,1% dello scorso anno), così come quella dei campioni irregolari (1,62%). Regolare e senza residui è risultato, invece, il 59,18% (lo scorso anno erano 54,8%).
A destare invece preoccupazione il fatto che, seppur nei limiti di legge, nel 15,67% dei campioni regolari sono state trovate tracce di un fitofarmaco e nel 23,54% di diversi residui. Dati, questi, che, spiega l’associazione ambientalista, soprattutto sul fronte del multiresiduo, fanno accendere più di qualche campanello di allarme agli addetti ai lavori rispetto ai possibili effetti additivi e sinergici sull’organismo umano del cosiddetto “cocktail di fitofarmaci”. Nei prodotti biologici, rintracciati residui solo nell’1,38% dei campioni, una contaminazione probabilmente dovuta al cosiddetto “effetto deriva” determinato dalla vicinanza ad aree coltivate con i metodi dell’agricoltura convenzionale.
Nei campioni analizzati sono state rintracciate 95 sostanze attive provenienti da fitofarmaci. In 3 campioni di uva passa sono stati rintracciati 17 residui, in un campione di pesca 14 residui, in un campione di fragola 12 residui. Dall’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, anche dati sui prodotti importati: in un peperone proveniente dalla Cambogia sono stati rintracciati addirittura 28 residui.
In linea con il trend delle precedenti rilevazioni, la frutta si conferma la categoria più colpita dalla presenza di residui: oltre il 67,96% dei campioni contiene uno o più residui (rintracciati nell’84% di pere, nell’83% di pesche, nel 53,85% di peperoni). Nella frutta esotica (banane, kiwi e mango) è stata riscontrata la percentuale più alta di irregolarità, pari al 7,41%. Dato nettamente superiore alle altre tipologie di alimenti.
In riferimento alla verdura, il quadro risulta migliore: il 68,55% dei campioni analizzati è risultato senza residui. Tra gli alimenti trasformati, i cereali integrali e il vino sono quelli in cui è stato rintracciato il numero più alto di residui permessi (rispettivamente 71,21% e 50,85%). Nota positiva i prodotti di origine animale: dei 921 campioni analizzati, l’88,17% è risultato privo di residui.
Tra i pesticidi più presenti si segnalano (in ordine decrescente): Acetamiprid, Fludioxonil, Boscalid, Dimethomorph. Da segnalare la presenza di residui di neonicotinoidi non più ammessi come Thiacloprid in campioni di pesca, pompelmo, ribes nero, semi di cumino e tè verde in polvere; Imidacloprid in un campione di arancia, 2 campioni di limoni, 3 campioni di ocra; Thiamethoxam in un campione di caffè.
Legambiente lancia un appello alle istituzioni nazionali ed europee chiedendo interventi concreti sotto il profilo legislativo, e rammentando loro che proprio dall’Ue stessa è arrivato un chiaro indirizzo per una drastica riduzione delle sostanze chimiche di sintesi. La strategia europea From farm to fork, ricorda infatti l’associazione, prevede infatti che entro il 2030 è necessario raggiungere una riduzione del 50% dei fitofarmaci utilizzati, per questo è fondamentale da parte dei vari Paesi, a partire dall’Italia, una piena applicazione della strategia.
In questa ottica, Legambiente chiede una legge nazionale sul multiresiduo che, sulla base delle attuali evidenze scientifiche, vieti la compresenza di principi attivi. Allo stesso tempo, l’associazione ambientalista continua la sua battaglia contro il glifosato – sostanza resa ancora legale attraverso una recente proroga di ulteriori dieci anni, che, com’è noto, mette a rischio biodiversità, ecosistemi e salute umana – e lancia una nuova campagna “Glifosato free”, per premiare le aziende che, a dispetto della proroga, hanno messo al bando questa sostanza.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Sole 24 Ore
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