Vediamo cosa emerge dalla XI edizione del Rapporto “Le performance regionali”, realizzato da Crea Sanità.
Otto tra Regioni e Province autonome promosse, sette rimandate e sei bocciate alla prova delle performance sanitarie 2023, valutate su sei elementi: appropriatezza, equità, sociale, esiti, economico-finanziari, innovazione. A scattare la fotografia è l’XI edizione del Rapporto “Le performance regionali” del Crea Sanità (Centro per la ricerca economica applicata in sanità).
Un quadro in cui si sottolinea la nuova impostazione dell’assistenza, che punta sul territorio e sulla domiciliarità, come prescritto dal Pnrr e dal Decreto 77/2022 sul riordino dell’assistenza territoriale e che si affianca al nuovo sistema di garanzia per il controllo dei livelli essenziali di assistenza.
L’analisi dei risultati regionali e le relative valutazioni sono state assegnate quest’anno da oltre 100 esperti raggruppati in un Panel multi-stakeholder diviso in cinque grandi gruppi: istituzioni, management aziendale, professioni sanitarie, utenti, industria medicale, che hanno anche ideato un sistema di monitoraggio “dinamico” degli effetti dell’autonomia differenziata, che da oggi è oggetto di valutazione da parte del Crea e dei suoi esperti. Oltre ai rappresentanti del Panel, il Crea si avvale di docenti universitari nei campi dell’economia, del diritto, dell’epidemiologia, dell’ingegneria biomedica, della statistica medica.
Nel dettaglio i dati restituiscono un Italia divisa in due, con circa 29 milioni di cittadini nelle prime otto Regioni che possono stare relativamente tranquilli e altri 29 milioni nelle Regioni rimanenti che potrebbero avere serie difficoltà nei vari aspetti delle sei dimensioni considerate.
Le tre dimensioni dell’appropriatezza, dell’equità e quella sociale contribuiscano per oltre il 60% alla performance: 24,9%, 22,6% e 15,6% rispettivamente. Seguono la dimensione degli esiti, che contribuisce per il 13,9%, quelle economico-finanziaria e dell’innovazione, che contribuiscono rispettivamente per il 12,1% e l’11,5%.
Veneto, Trento e Bolzano hanno ottenuto il miglior risultato 2023, con punteggi che superano la soglia del 50% del risultato massimo ottenibile (rispettivamente 59%, 55% e 52%). Toscana, Piemonte, Emili Romagna, Lombardia e Marche vanno abbastanza bene, con livelli dell’indice di performance compresi tra il 47% e il 49%.
Ma le buone notizie finiscono qui. Se Liguria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Umbria, Molise, Valle d’Aosta e Abruzzo raggiungono livelli di performance abbastanza omogenei, seppure inferiori (compresi nel range 37-43%), Sicilia, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria, hanno livelli di performance inferiori al 32%.
Nel rapporto le performance sono chiaramente indicate Regione per Regione nel modo più semplice. I valori degli indicatori sono stati associati a due colori differenti: verde se il valore è migliore della media nazionale e rosso se è peggiore.
Così, ad esempio, il Veneto (Regione che ha ottenuto i risultati migliori) presenta tutti gli indicatori delle prime quattro dimensioni per importanza “verdi”. E solo nella dimensione economico-finanziaria ha due “rossi”, per quanto riguarda la spesa sanitaria pubblica e l’incidenza dei consumi sanitari sul totale dei consumi. E nella dimensione innovazione non va l’attuazione del fascicolo sanitario elettronico.
La Calabria, Regione con i risultati peggiori, è invece quasi tutta “rossa”. Su 18 indicatori, in verde ha solo quelli sull’ospedalizzazione evitabile per malattie croniche (unico nelle dimensioni maggiori), l’indice di salute mentale, la spesa pro-capite standardizzata, l’implementazione della rete oncologica e lo sviluppo del fascicolo sanitario elettronico.
In prospettiva, obiettivo del Crea e degli oltre 100 stakeholder sarà verificare che con l’autonomia differenziata non si generino arretramenti regionali, ovvero che tutte le Regioni procedano in un processo di miglioramento, evitando peggioramenti attribuibili al rischio che l’autonomia diventi più competitiva che cooperativa.
Come? Osservando le variazioni di un nucleo di indicatori ‘permanenti, per comprendere le dinamiche, in particolare attraverso tre indicatori: il primo, basato sulle variazioni dell’area delle performance peggiori regionali; il secondo, sul numero di miglioramenti o peggioramenti di tali performance ed il terzo, sulla diversa dinamica registrata dagli indicatori nelle Regioni a cui sarà stata riconosciuta un’autonomia differenziata in sanità, rispetto alle restanti.
Nel primo caso l’aspettativa è che, coerentemente con la logica del rispetto dei Lea e del miglioramento complessivo della performance (effetto “traino” descritto nel Ddl sull’autonomia differenziata), l’area generata fra il valore medio nazionale e i risultati peggiori regionali (ovvero il risultato delle Regioni posizionate in corrispondenza del valore minimo o, in alternativa, del primo quartile della distribuzione) diminuisca negli anni (ovvero crescano i livelli minimi di Performance regionali sui singoli indicatori).
Nel secondo, che utilizzando le preferenze sviluppate nell’ambito del progetto “Le performance regionali”, sia possibile raffinare ulteriormente l’indicatore, elaborando una “area standardizzata” in base ai pesi attribuiti alle diverse dimensioni o ai diversi indicatori prescelti.
La terza necessità emersa dal Panel richiede un adeguato investimento per migliorare i sistemi informativi. Infatti i sistemi di monitoraggio adottati nell’ambito del Ssn sono stati spesso costruiti (anche) sulla base della disponibilità dei flussi informativi, che peraltro sono stati originariamente sviluppati per altre necessità, per lo più di tipo amministrativo.
Redazione Nurse Times
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