Il 2 ottobre 2011 è deceduta una paziente nel reparto di oncologia dell’ospedale Israelitico di Roma. Nulla di eclatante direte, ma le modalità del decesso hanno fatto molto discutere
Si trattava della signora Lucia, una donna di 60 anni affetta da patologia oncologica in fase terminale con gravi difficoltà respiratorie che trascorreva le giornate a letto ed era sottoposta ad ossigenoterapia continua. Non era nemmeno in grado di camminare ma, nonostante ciò, quel giorno suonò il campanello ricevendo la visita di un’infermiera del reparto alla quale chiese di essere accompagnata in bagno. L’infermiera, senza considerare quali fossero le reali condizioni cliniche della persona, ha acconsentito alla richiesta accompagnando la signora in bagno. Pochi minuti dopo l’infermiera sarebbe smontata dal servizio dimenticandosi della signora.
Le colleghe del turno di mattina trovarono Lucia accasciata a terra, ormai morta. L’infermiera che avrebbe dimenticato la paziente in bagno è attualmente accusata di abbandono di incapace.
La professionista, da subito accusata di omicidio colposo, al termine del processo di primo grado ha visto cadere questo pesante capo di imputazione. I periti, infatti, hanno stabilito che non ci fosse una correlazione evidente tra il decesso ed il comportamento dell’infermiera. Lucia sarebbe morta ugualmente anche se fosse rimasta a letto. Il Pubblico Ministero ha comunque chiesto che l’infermiera fosse condannata ad un anno di reclusione ma, il giudice, accogliendo la ricostruzione dell’avvocato di parte civile, Alessandro Gentiloni Silveri, ha rimandato gli atti al PM riaprendo l’indagine con il nuovo capo d’accusa.
I vertici del nosocomio hanno sporto denuncia nei confronti dell’infermiera ma se in reparto fossero state presenti le figure di supporto necessarie la signora sarebbe stata ugualmente abbandonata in bagno dal personale per proseguire le attività di fine turno? Sicuramente la valutazione effettuata dall’infermiera é stata superficiale, frettolosa ed errata, ma siamo sicuri che sia solo colpa dell’infermiera?
Analizzando i risultati emersi dalla perizia appare evidente che la signora Lucia stesse andando incontro a morte imminente, pertanto un’infermiera esperta nell’assistenza a malati oncologici avrebbe dovuto essere in grado di valutare immediatamente la situazione, senza rischiare di provocare una lesione o la morte di un paziente per essere accondiscendente con una richiesta assurda.
Ma il problema sorge a monte: una paziente terminale non dovrebbe essere ricoverata in un reparto di oncologia bensì dovrebbe essere ricoverata in un Hospice. Una paziente che non ha più terapia attiva in corso (ne chemioterapia ne radioterapia mirata a sconfiggere il tumore) e giudicata terminale dovrebbe avere impostato uno schema terapeutico palliativo finalizzato ad eliminare ogni sintomo disturbante e garantire una morte dignitosa.
Ad una paziente allettata che non ha più il controllo degli sfinteri dovrebbe essere posizionato un catetere vescicale anche se i parenti non lo accettano.
Una paziente che, come dichiarato dai periti, é in fase di morte imminente, avrebbe dovuto ricevere una valutazione nelle 10 ore di turno precedenti all’episodio da parte degli infermieri e del medico di guardia ed essere sottoposta a sedazione palliativa per morire dignitosamente addormentata e non in preda ad allucinazioni dimenticata sul water della propria stanza. Tutti questi accorgimenti non sono stati presi ma, come spesso accade, solo le parti più deboli ne subiscono le conseguenze. Pertanto, a causa di un’errata valutazione multidisciplinare, a farne le spese sono state una paziente (deceduta) e un’infermiera (processata).
Un gesto banale come accompagnare una persona in bagno a volte può risultare fatale. Pare non sia stato questo il caso ma la vicenda deve far riflettere ogni persona che assiste direttamente malati di ogni genere e gravità.
Simone Gussoni
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