Una sentenza storica quella del Tribunale di Catania. Il paziente denuncia e chiede 200mila euro di risarcimento ma i giudici ritengono il danno inesistente e lo condannano al pagamento di 90mila euro di risarcimento
Un presunto caso di malasanità ha avuto un epilogo inaspettato per un paziente che nel 2011 decise di sporgere denuncia nei confronti di chi riteneva fosse stato concausa di una patologia successivamente vissuta.
Il fatto. Il paziente il 3 aprile del 2009 si sottopone ad un esame cardiologico di controllo in una nota struttura privata catanese. A distanza di un anno, dopo periodici, regolari e ulteriori visite, inizialmente dallo stesso medico e poi in altre strutture sanitarie, il paziente viene sottoposto a una coronarografia. Ritenendo che il cardiologo che lo visitò avesse sbagliato la diagnosi, ritardato l’esame di una prova da sforzo e contribuito all’intervento, lo citò in giudizio insieme alla struttura nella quale si sottopose alla visita nell’aprile 2009. Tutto questo senza preoccuparsi di produrre una consulenza medica di parte e richiedendo danni per duecentomila euro.
Il processo. Costituitisi in giudizio medico e struttura hanno negato responsabilità e pur tuttavia, nel rispetto dei ruoli e per scrupolo difensivo, richiesero il coinvolgimento (a garanzia) dei rispettivi assicuratori, come peraltro da qualche anno la legge impone ai liberi professionisti chiamati a sottoscrivere polizze capaci di soddisfare eventuali danni provocati a terzi.
Società assicuratrici che, costituitesi a loro volta, chiesero il rigetto della domanda del paziente. Il giudice del Tribunale civile, dopo avere nominato un Ctu (Consulenza tecnico unico) diede incarico a un medico legale e a uno specialista di verificare le procedure, il percorso del paziente e il suo stato di salute, stilando la relativa consulenza.
Nell’agosto del 2016 la perizia (32 pagine) confermò la correttezza delle diagnosi e l’assenza di responsabilità degli accusati che non ebbero colpe sui successivi problemi del paziente. Così, in sintesi, i periti: “La diagnosi del medico, confermata successivamente anche dagli altri specialisti cardiologi era corretta. Nulla è da imputare ai convenuti per il dogliato presunto ritardo anche dell’esecuzione del test da sforzo”.
La sentenza. Il 28 gennaio scorso, a distanza di quasi otto anni dalla denuncia, il giudice il Tribunale, V sez. civile, Giuseppe Artino Innaria, ha dichiarato inesistente il danno e ha condannato il paziente a pagare per spese legali dei quattro avvocati (del cardiologo, della struttura sanitaria e dei due assicuratori), la considerevole cifra di circa ventimila euro ciascuno. Inoltre il Tribunale ha ritenuto che il paziente avesse “intrapreso l’iniziativa giudiziaria senza la dovuta prudenza, non vagliando preventivamente le sue ragioni con una consulenza medico-legale di parte”, motivo per cui lo ha altresì condannato, per responsabilità aggravata (ex art. 96 u.c. del codice di procedura civile) al pagamento di ulteriori 2.686 euro a ognuno dei quattro convenuti. Un ulteriore aggravio che cumulate alle spese legali, costeranno all’incauto denunciante, in totale circa novantamila euro.
Fonte: www.lasicilia.it
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