Nel 2013, una infermiera delle Molinette era stata condannata a risarcire alla Regione Piemonte i danni liquidati ad una paziente, caduta da una barella del Pronto Soccorso. Ma ora, in appello, la sanitaria è stata prosciolta da ogni addebito.
“Si tratta di una sentenza importante, che spezza il binomio sinistro ospedaliero-responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie e che responsabilizza le Aziende sanitarie/ospedaliere che, a fronte del regime cosiddetto autoassicurativo in sanità, non possono difendersi male nei processi civili, pagare i danni e poi denunciare alla Corte dei conti gli Infermieri di turno, così da ottenere che questi ultimi rimborsino quegli stessi danni”.
Sono state queste le parole di Barbara Chiapusso (VEDI), vicepresidente del Collegio IPASVI di Torino, a seguito di una sentenza molto importante per gli infermieri italiani.
Parliamo di una sentenza d’appello della Corte dei Conti del Piemonte che, di fatto, annulla una condanna inflitta ad una professionista sanitaria infermiera a seguito di un incidente avvenuto durante l’orario di lavoro.
La collega, con sentenza numero 127/2013, era stata infatti condannata a pagare alla Regione i danni liquidati a una paziente caduta da una barella.
Ma la sanitaria ha impugnato quella stessa sentenza dinanzi alle Sezioni centrali d’Appello della Corte, con sede a Roma, spalleggiata dal Collegio Ipasvi di Torino che si è schierato con la sua iscritta per tutelare il decoro e la professionalità dell’intera categoria.
Quella condanna era apparsa sin da subito come ingiusta e ingiustificata, quasi un attacco all’intera categoria (uno dei tanti), destinato a ledere l’immagine della professione, già di per sé ‘condannata’ da tempo immemore a operare in condizioni lavorative complesse e a dir poco assurde.
In più c’era il fatto che la condanna al risarcimento del danno in sede civile (liquidato direttamente dall’Azienda perché non coperto dall’assicurazione) era risultata conseguente a delle scelte difensive dell’Azienda oltre modo discutibili, di cui l’infermiera non era stata neanche informata.
Fatto sta che, con sentenza numero 677, la Corte dei Conti, Sezione Terza d’Appello, ha condannando l’Azienda ospedaliera a pagare le spese legali del doppio grado di giudizio, accogliendo l’appello dell’Infermiera e prosciogliendola da ogni addebito.
Come mai è avvenuto questo ribaltamento?
Il Giudice ha spiegato che nella sentenza di primo grado non era stata in alcun modo provata l’omissione, da parte della professionista, delle elementari misure a tutela della degente.
Per di più non vi era traccia né di una condotta contraria ai doveri professionali, né di un qualsiasi nesso di causalità tra le azioni della sanitaria e il danno subito dalla paziente.
Ma non solo… perché secondo la Terza Sezione d’Appello della Corte dei conti, “le modalità difensive dell’Amministrazione sanitaria, in sede di giudizio civile, scontano qualche leggerezza, di certo indotta dall’esigenza di chiudere e al più presto la vicenda”
Malagiustizia alla spasmodica ed irrazionale ricerca di malasanità, quindi?
Sembra proprio di sì, in quanto secondo il Giudice, nella prima sentenza erano state erroneamente valorizzate “le testimonianze delle accompagnatrici della paziente che, tuttavia, non erano presenti al momento della rovinosa caduta”; a discapito di quelle del personale del Pronto Soccorso.
Per scendere più nel dettaglio, il razionale della prima sentenza partiva dalla certezza che le spondine della barella fossero abbassate (così affermavano i testimoni della paziente, non presenti durante l’incidente), mentre tutto il personale sanitario del Pronto Soccorso asseriva con estrema decisione il contrario.
“Non vi è prova”, perciò, “che il fatto lesivo sia stato prodotto, o comunque agevolato, da una condotta antigiuridica ascrivibile” alla professionista sanitaria.
Allegato: SENTENZA 677/16
Fonte: IPASVI Torino
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