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‘One Health’: 1 paziente su 4 non sa cosa sia, oltre l’80% dei sanitari non lo mette in pratica

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Ricerca infermieristica internazionale: protocollo d'intesa tra Fnopi-Cersi e RCSI University of Medicine and Health Sciences di Dublino per lo sviluppo della professione
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Gli esperti: “Presidi territoriali e digitale per rilanciarlo”.

Ranieri Poli (Ministero della Salute): “Il Ministero, nel suo nuovo assetto organizzativo, si è dotato di un Dipartimento One Health, e il recente comunicato dei Ministri della Salute del G7 ha dedicato ampio spazio a questo tema e a quelli ad esso strettamente connessi, come l’antibiotico resistenza”

Roma, venerdì 25 ottobre 2024 – Si fa presto a dire One Health. La verità è che invece pochi pazienti sanno cosa sia, solo 1 su 4, e ancora meno sono gli operatori sanitari che riescono a tradurla in azioni concrete durante la loro attività. Eppure, coloro che conoscono la One Health, un approccio strategico che interconnette la salute umana, animale e ambientale – la cosiddetta ‘salute unica’ – sono ben consapevoli del suo vantaggio più importante: il miglioramento degli standard di salute. E gli stessi ritengono che l’impiego della telemedicina, delle piattaforme digitali e la realizzazione di nuove strutture e presidi per servizi di prossimità, possono servire a creare un nuovo modello di assistenza territoriale in ottica One Health. Questi sono i risultati di un’indagine nazionale, promossa da MioDottore e condotta da Datanalysis, e presentata a Roma, che ha coinvolto un totale di 1700 persone (700 medici specialisti, 100 veterinari, 100 direttori generali e sanitari di aziende ospedaliere, 100 politici della sanità e 700 pazienti).

“L’approccio One Health promuove una visione integrata e olistica di salute umana, animale e ambientale, presentandosi come risposta alle sfide del nostro tempo e riconoscendo che la salute di ogni individuo è strettamente legata alla salute degli altri e dell’ecosistema in cui viviamo  spiega Stefano Vella, infettivologo e docente di salute globale all’ Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma –. Attraverso la comprensione delle complesse interazioni tra questi tre settori cruciali, l’approccio olistico che ne deriva mira principalmente a migliorare la salute collettiva, prevenire malattie e promuovere il benessere, assumendo un ruolo chiave anche nel più ampio quadro di obiettivi globali di sostenibilità”.

“La pervasività dell’approccio One Health nell’elaborazione delle attuali strategie di risposta alle nuove sfide sanitarie testimonia l’ormai universale riconoscimento dell’interconnessione tra salute umana, animale e ambiente – spiega il dr. Ranieri Poli del Dipartimento OneHealth al Ministero della Salute –. Il Ministero della Salute, nel suo nuovo assetto organizzativo, si è dotato di un Dipartimento One Health, e il recente comunicato dei Ministri della Salute del G7 ha dedicato ampio spazio a questo tema e a quelli ad esso strettamente connessi, come l’antibiotico resistenza”.

Un primo passo, con molta strada da fare. I risultati dell’indagine mostrano da un lato che il 95% dei direttori generali e sanitari e l’80% dei politici hanno sentito parlare di One Health.

Ma anche che lo stesso vale solo per circa la metà dei veterinari e dei medici specialisti. Inoltre, ci sono altri molteplici ostacoli: oltre alle scarse conoscenze sull’argomento e alle difficoltà insite di applicare questo approccio, secondo la maggioranza del campione analizzato, pesano anche la mancanza di una strategia chiara e la carenza di finanziamenti. Mentre invece il 73% dei pazienti di One Health non ne sa proprio nulla.  

Tuttavia, i professionisti del mondo della sanità hanno ben chiare quali siano i principali problemi che la strategia One Health dovrebbe affrontare: in primis la resistenza antimicrobica (20%) e i focolai di malattie altamente infettive (20%), poi l’inquinamento ambientale (circa 18%).

E hanno un’idea ben più precisa su come si potrebbe realizzare un nuovo modello di assistenza territoriale in un’ottica One Health e indicano: l’impiego della telemedicina, la realizzazione di nuove strutture e presidi sanitari con maggiore accessibilità e disponibilità di servizi di prossimità ed anche un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione sul territorio, in linea con un approccio integrato. Inoltre, le piattaforme digitali sono viste come uno strumento utile per arrivare ai cittadini e per meglio rispondere alle loro esigenze.

“Il concetto di One Health rappresenta un cambiamento di paradigma necessario nella gestione della salute globale. In MioDottore – spiega il CEO, Luca Puccioni – crediamo fermamente che la tecnologia possa svolgere un ruolo cruciale in questo processo, consentendo una comunicazione fluida tra medici, pazienti e strutture sanitarie. Grazie alla tecnologia, infatti, è possibile non solo migliorare l’accesso alle informazioni sanitarie, ma anche promuovere una cultura della prevenzione e del benessere che abbraccia tutte le dimensioni della salute. La sinergia tra salute umana, animale e ambientale è la chiave per affrontare le sfide future e siamo convinti che investire nella digitalizzazione della salute possa trasformare il modo in cui gestiamo la prevenzione e la cura, rendendo le pratiche più efficienti e sostenibili”.

Redazione Nurse Times

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