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Nursing Up, De Palma: «Esteso a 10 giorni il congedo retribuito per i papà, ma ne possono beneficiare i privati

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De Palma, contratto "vediamo il serio pericolo di un muro contro muro che non condurrà ai risultati sperati"
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In arrivo anche 400 milioni di euro con il via libera del DDL Bilancio per strutturare il percorso

E i dipendenti pubblici? E gli infermieri del SSN che coltivano il sogno di diventare padri? Siamo di fronte a una incredibile disparità che dura da oltre otto anni».

ROMA 23 OTT 2021 – «Dovremmo accogliere con soddisfazione, come sindacato delle professioni infermieristiche, la notizia che nel 2022, il Consiglio del Ministri, nell’ambito della nuova manovra che prevede misure chiave per le famiglie italiane, ha dato il via libera al DDL Bilancio con il quale saranno stanziati 400 milioni di euro per dare corpo e struttura al congedo parentale, passato da 7 a 10 giorni. 

Tutto ciò già lo prevedeva la Legge 30 dicembre 2020, n. 178, che aumenta di 3 giorni il congedo obbligatorio dei padri, portandolo da 7 a 10 giorni. 

E allora perché, come sindacato , siamo costretti a stigmatizzare il nostro profondo rammarico e insoddisfazione?

La risposta è semplice. Il congedo parentale, esteso appunto a 10 giorni, retribuiti a pieno dall’Inps, e che si aggiunge alle ferie del lavoratore, è stato riconosciuto, a queste condizioni, solo dai dipendenti privati.  

Ma da quanto tempo assistiamo a questa profonda sperequazione? Da quanti anni sentiamo parlare di promesse, di fatto mai mantenute, e di una estensione di questo beneficio agli altri dipendenti pubblici, che fin ora non c’è mai stata?». Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.

«Il problema è che aspettiamo da tempo l’azione risolutiva del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiamato ad approvare  una norma che individui e definisca gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina.

Senza questo provvedimento, i nostri infermieri padri possono anche scordarsi dell’esistenza di una simile norma. 

Ne consegue che, mentre il mondo del lavoro privato italiano si confronta già con gli standard europei, beati loro è il caso di dirlo, i nostri infermieri, e i lavoratori pubblici in genere, sono ancora  in attesa di questo provvedimento sin dal 2012. 

Ci rendiamo conto? Tutto questo è ancora tollerabile?

Trattati come come figliastri, attendiamo da tempo immemore provvedimento attuativo previsto dall’art. 1, c. 8, della L. 92/2012. 

Ma quanto dovranno aspettare ancora gli infermieri italiani che lavorano nella sanità pubblica? 

Il sogno di diventare padri, in tempi così difficili per le giovani coppie, dovrebbe  essere sostenuto e corroborato dallo Stato e valere per tutti i cittadini. Che senso ha riservare certi benefici solo a chi lavora nel privato ? E ancor peggio, da infermieri dovremmo forse essere penalizzati perché operiamo in ospedali pubblici, dove mettiamo a repentaglio la nostra stessa incolumità giorno dopo giorno per il bene della collettività?

Insomma, ancora oggi categorie come quella degli infermieri pubblici, di fatto, hanno diritto in modo automatico, incredibile ma vero, a soli tre giorni di congedo parentale retribuiti a pieno. La legge n. 92/2012, riforma del mercato del lavoro, stabilisce che il lavoratore padre dipendente della P.A, ha diritto autonomamente a un giorno di congedo di paternità obbligatorio da utilizzare entro cinque mesi dalla nascita del figlio, anche durante l’astensione obbligatoria della madre (decreto applicativo 22-12-2012 del ministero del Lavoro e delle politiche sociali).

Il padre può, inoltre, scegliere di usufruire di altri due giorni di congedo facoltativo, sempre entro il quinto mese dalla nascita del figlio. Questi due giorni ulteriori, però, udite udite, riducono il congedo obbligatorio da parte della madre.

Esiste poi la triste realtà del congedo facoltativo per i dipendenti pubblici.

– Entro i primi 6 anni di età del bambino si possono fruire complessivamente (madre e/o padre) di 6 mesi con un importo pari al 30% della retribuzione media giornaliera calcolata considerando la retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo indennizzabile.

– dai 6 anni e un giorno agli 8 anni di età del bambino, nel caso in cui i genitori non ne abbiano fruito nei primi 6 anni, o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di 6 mesi, il congedo verrà retribuito al 30%.

– dagli 8 anni e un giorno ai 12 anni di età del bambino il congedo non è mai indennizzato.

Che la Funzione Pubblica si dia da fare a produrre questo provvedimento , chiosa De Palma, perchè di fronte a queste ingiustizie c’è davvero poco da gioire » davvero poco da gioire».

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