Introduzione di Giuseppe Papagni
Laura Binello, infermiera e grande interprete del nursing narrativo, autrice del libro “Panda Rei”, dopo la poesia liberamente tradotta di Martha Medeiros “Lentamente muore un infermiere”, Laura Binello regala ai lettori di Nurse Times un “Dialogo immaginario tra una vecchia e un giovane infermiere”.
Chi è Laura Binello?
Sono un’infermiera felice di esserlo. Mi occupo da sempre di pazienti fragili di provenienza diversa, dagli anziani, ai bambini, ai pazienti con cronicità, ai profughi. La mia natura “in movimento” mi ha portata da subito a non legarmi ad un’area assistenziale precisa ma di sperimentare e vivere il cambiamento come opportunità di crescita umana e professionale.
INFERMIERISTICA TRA PASSATO E FUTURO
Ma com’era quando c’eri tu Laura?
Era bello Ste, era bello anche se ci si ammazzava dal lavoro ed eravamo in pochi infermieri.
Anche adesso siamo in pochi Laura e ci si ammazza anche noi.
La vedi quella suora sulla foto? Lei è stata la mia prima coordinatrice, caposala si diceva, ma era anche una specie di primario e certi giorni era pure un direttore sanitario.
Poi era anche un’infermiera quando voleva e quando voleva faceva la “ronda” tra le camere di degenza e controllava i pannoloni di tutti i nostri anziani ricoverati, e se ne trovava uno pieno erano cazzi amari per tutti, nessuno escluso.
Laura, ma li cambiavate voi i pannoloni allora? Io credo di aver cambiato più pannoloni che flebo in quegli anni ma, con il senno di poi, ti dirò che per me è stata una nave scuola importantissima, il “giroletti” (si chiama ancora così Ste?) era infinito, si partiva dal letto N.1 per arrivare al 40 e quando arrivavi al 39 il numero 2 era di nuovo da cambiare.
In mezzo a tanta cacca (consentimi il termine) ho imparato a raccogliere così tanti dati anamnestici infermieristici che nessuna scala valutativa avrebbe mai potuto.
Laura ma non usavate la Braden, la Norton? Boh, e chi sono?
Ricordo che dopo un giro letti sapevo più cose dei miei anziani ricoverati che dopo un “giro visita medica”, avevo fotografato tutta la mia corsia e potevo pianificare i bisogni senza strumento alcuno che non fosse il sapere esattamente chi c’era in quei letti che avevo disfatto e rifatto.
Che patologie avevano i tuoi vecchi Laura? Oh penso le stesse dei tuoi Stefano, erano affetti da vasculopatie cerebrali, scompensi cardiaci, broncopneumopatie, demenze senili e sindromi da allettamento.
Ma Laura li avevate i presidi antidecubito? Certo. Avevamo le ciambelle di gomma da mettere sotto il sedere, i velli di pecora e i cuscini ad acqua, sai quelli per nuotare al mare….Dici davvero o mi prendi per il sedere?
Giuro Stefano, e se vuoi ti racconto la favola del “betadine&zucchero”.
Eh? C’era una volta un sedere arrossato che stufo di stare troppo in un letto nella stessa posizione decise di diventare nero nero come il carbone (escara, e quelle ci son pure ora eh!).
Allora la suora caposala decise di fare un incantesimo e dentro un bicchiere mescolò una parte di betadine liquido con tre parti di zucchero bianco da cucina e ne ricavò una specie di marmellata che poi ci fece mettere sul sedere necrotico.
Una specie di debridment quindi Laura? Si, oddio, chiamiamolo tentativo di ripulire una brutta piaga con quel poco che avevamo e in effetti funzionava, funzionava eccome.
E se si infettava la piaga Laura, che facevate? Misuravamo la VES, in reparto. Facevate la VES in reparto? E come? con uno striscio su sangue?
No Stefano, noi la VES la pipettavamo, ovvero usavamo uno strumento meccanico che, attraverso la bocca (la mia bocca) risucchiava sangue in un cilindro di vetro che poi, per caduta, determinata la velocità di sedimentazione del sangue. Ma stai scherzando vero?
Ma no, sai quente volte ho rischiato di bere emazie al mattino alle 5 prima di smontare dalla notte? Laura la VES non serve più. Meno male Stefano che adesso avete la PCR da laboratorio.
E meno male che adesso avete anche gli accessi venosi impiantati, le PEG, le pompe ad infusione, i letti elettrici, i materassi antidecubito, la cartella informatizzata, i pc, i tablet e…. Non sono sicuro che sia meglio Laura.
Non sono sicura che fosse peggio allora Stefano. I nostri anziani in fondo sono gli stessi e noi siamo entrambi infermieri. Cambiano le tecnologie ma non le persone.
Cambiano le leggi, le mansioni, i diritti, ma i doveri restano sempre gli stessi.
E il nostro dovere Stefano è quello di prenderci cura degli anziani, quegli anziani che da studenti ci piacevano così così, quelli che speri che non tocchi mai a te di finire in una geriatria, quelli che non sono esattamente il tuo sogno di infermiere ma che possono diventarlo. Ma tu Laura non sei stufa di stare in mezzo agli anziani?
A volte fatico di più con i giovani Stefano e tutto sommato sto invecchiando anch’io. Ma va, non è vero, sei uguale a quella di trent’anni fa. E’ quello che auguro a te Stefano, di restare come sei.
Ciao Laura vado a fare la notte.
Ciao Stefano vado per colline.
A presto.
Tra trent’anni o poco meno…
Laura Binello…per Nurse Times
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