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NeXT. La rilevazione del dolore in terapia intensiva

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Grande successo per il progetto editoriale denominato NExT (Nurse EXperimental Thesis) targato Nurse Times

Giunge all’indirizzo mail della nostra redazione ([email protected]) il lavoro di tesi del dott. Prospero Alberto Marino, dal titolo “La rilevazione del dolore in terapia intensiva”, laureatosi presso l’Università degli Studi della Campania, nell’a.a. 2016-2017.


 

…di Prospero Alberto Marino

Nello svolgimento della sua attività professionale l’infermiere si confronta continuamente con il dolore dei pazienti.

Un approccio cosciente e consapevole dell’intensità e della natura del dolore può permettere di comprendere e tradurre lo stato di grave disagio in cui si trova il paziente e, di conseguenza, di applicare alcuni rimedi (farmacologici e non).

L’ipotesi che guida la tesi, all’interno del quale si contestualizza questo elaborato, considera il prendersi cura della persona, il presupposto fondamentale per un efficace processo di cura.

Prendersi cura della persona significa considerare la malattia non solo dal punto di vista biologico ma anche fenomenologico, quindi come esperienza che può essere vissuta ed interpretata dal singolo in modo diversificato.

Un adeguato approccio assistenziale tra infermiere e paziente costituisce già una procedura di base. Importante è l’assistenza olistica, la quale prevede che ci si rivolga all’uomo inteso come entità bio-psico-sociale, prestando attenzione all’ambiente circostante e all’interiorità delle persone.

In particolare, la relazione d’aiuto, rappresenta uno strumento terapeutico importantissimo per la comprensione del paziente ma anche per l’educazione terapeutica dello stesso paziente e della sua famiglia, finalizzata al potenziamento dell’empowerment.

Avendo come presupposto che la sofferenza non è inevitabile, si è cercato di approfondire come questa possa essere maggiormente tollerabile in termini di qualità di vita anche quando non è più completamente risolvibile.

Combattere il dolore rappresenta un dovere etico e rappresenta una buona pratica clinica.

Richiede competenza specifica, sia nel riconoscimento del problema che non dovrebbe essere pregiudiziale, che nella gestione del sintomo che è prevalentemente ma non esclusivamente farmacologico.

La collaborazione tra le diverse figure professionale è fondamentale per garantire una risposta efficace al problema dolore.

La dimensione del dolore è spesso sottovalutata, si tende, infatti, a considerarlo un componente inevitabile del deterioramento fisico e dell’invecchiamento della persona, che deve imparare a convivere con il dolore, con limitazioni funzionali, sofferenza e depressione.

La maggior parte dei pazienti ricoverati in Terapia intensiva viene sottoposto più volte al giorno a procedure minori o maggiori che sono causa di dolore; tali procedure interferiscono con la stabilità clinica aumentando il rischio di morbilità o mortalità
(Gelinas & Johnston,2007).

In molti casi, inoltre, al dolore procedurale viene a sommarsi quello generato dalla fisiopatologia della malattia sottostante (Arif-Rahu & Grap).

La valutazione del dolore, quindi, assume nell’area critica particolare rilievo; in questo specifico contesto di cura si sommano, infatti, la severità dei processi patologici, alla contemporanea difficoltà di espressione delle sensazioni fisiche e psicologiche provate.

Le numerose indagini svolte nel corso degli anni riguardo la problematica del dolore hanno ampiamente dimostrato che esso rappresenta un problema medico ed assistenziale meritevole della stessa attenzione normalmente riservata ad altre problematiche sanitarie.

A tale proposito, la Joint Commission riconosce il dolore il V parametro vitale da monitorare e trattare attribuendogli la stessa valenza della Pressione Arteriosa, della Frequenza Cardiaca, della Temperatura Corporea e della Frequenza Respiratoria.

Nonostante queste semplice ma solide premesse e l’esistenza di linee guida “evidece based”, la gestione del dolore in Italia risulta essere al di sotto degli standard europei.

Lo rileva un articolo scientifico pubblicato a novembre sulla European Review for Medical and Pharmacological Sciences .

L’articolo propone un raffronto fra i dati raccolti attraverso due survey – del 2006 e del 2012 su un campione rappresentativo di oltre il 40% degli ospedali pubblici italiani realizzate a cura della SIAARTI (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva).

Dal punto di vista dell’organizzazione, solo la metà degli ospedali analizzati e con notevoli sperequazioni regionali ha attivato un Servizio del dolore acuto post operatorio e solo il 10% dei pazienti sottoposti ad un intervento chirurgico ha ricevuto un trattamento del dolore post operatorio rispondente alle linee guida.

Dai dati emersi, tra il 2006 ed il 2012 sembra esserci stato un calo notevole dell’offerta formativa dedicata al dolore post operatorio: nel 2006 il 57% degli specialisti che avevano risposto alle survey, avevano partecipato ad almeno un evento ECM sul dolore post operatorio, mentre nel 2012 solo il 37% ha avuto modo di approfondire questi appuntamenti di Educazione Continua in Medicina.

Il tribunale per i diritti del malato nel 2014 ha condotto un monitoraggio nell’ambito del programma “IN-DOLORE” volto ad indagare l’attuazione di alcuni aspetti della L.38/2010 e il rispetto del diritto a non soffrire inutilmente.

I dati dell’indagine che ha coinvolto su adesione spontanea di 46 ospedali, mostrano ad esempio, che nel 31% delle chirurgie ortopediche non sono presenti protocolli.

 

Tesi: La rilevazione del dolore in terapia intensiva

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