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New York, donna guarisce dall’Hiv: primo caso al mondo con trapianto di cellule staminali del cordone ombelicale

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Via libera alla donazione di organi tra pazienti Hiv positivi
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Il nuovo trattamento offrirebbe molte più chance di successo rispetto a quello con midollo osseo, che potrebbe essere rigettato dal ricevente. Ma non si può ancora parlare di soluzione definitiva.

Secondo quanto si apprende dalla Cnn, una donna colpita dal virus dell’Hiv nel 2013 risulterebbe al momento guarita grazie a un trapianto di cellule staminali del cordone ombelicale. Sarebbe di razza mista: un dettaglio importante, perchè la mutazione alla base del trapianto è stata trovata soprattutto nella popolazione nord-europea, fattore che limita le possibilità di trapianto ad altre razze.

Nel complesso, si tratta della terza persona al mondo e della prima donna a essere stata curata dall’infezione con questa terapia. Una terapia testata che, per la precisione, utilizza il metodo del trapianto di sangue del cordone ombelicale neonatale e successivamente di cellule staminali adulte. La donna è stata soprannominata la “paziente di New York”, perchè trattata al New York-Presbyterian / Weill Cornell Medical Center. Il suo caso si differenzia da quelli precedenti di Timothy Ray Brown (il cosiddetto “paziente di Berlino”) e di Adam Castillejo (il “paziente di Londra”, guariti grazie al trapianto di cellule staminali provenienti dal midollo osseo di donatori che presentavano resistenza all’infezione da Hiv.

Il procedimento, illustrato il 15 febbraio a Denver, durante la Conferenza sui retrovirus e le infezioni opportunistiche, è iniziato con una massiccia dose di chemioterapia. L’obiettivo era quello di distruggere prima le cellule del sangue della paziente, per poi rimpiazzarle tramite un trapianto di cellule staminali ricevute da un membro della sua famiglia compatibile per la donazione.

Ma non ci si è fermati qui. Il team dell’ospedale ha identificato nel sangue del cordone ombelicale di un neonato un’anomalia genetica che lo rendeva resistente al virus Hiv e ne ha utilizzato le cellule per il trapianto. L’intervento è stato eseguito nel 2017 e la paziente ha assunto farmaci anti-rigetto e antivirali per 37 mesi, dopo i quali ha sospeso ogni terapia. A oggi, 14 mesi dopo, non c’è traccia di Hiv nel suo sangue. Il sangue dei cordoni ombelicali è molto più facilmente disponibile delle cellule staminali usualmente impiegate per i trapianti di midollo spinale, per le quali risulta complicato trovare un “match”.

Il nuovo trattamento, quindi, offrirebbe molte più chance di successo rispetto a quello con midollo osseo, che potrebbe essere rigettato dal ricevente. Inoltre, sottolinea alla Cnn il dottor Marshall Glesby, membro del team di ricerca che si è occupato della “paziente di New York”, questo tipo di sangue cordonale è preso da un deposito nazionale che permette di identificare rapidamente il sangue con la mutazione resistente al virus.

D’altro canto gli esperti precisano come questo trattamento sia valido solo per una piccola parte di popolazione con Hiv: circa 50 persone l’anno, secondo la dottoressa Yvonne Bryson. Condizione fondamentale, infatti, è che il paziente abbia anche un tipo di cancro al sangue tale da rendere necessario un trapianto. Altrimenti, la procedura sarebbe fatale per almeno il 20% dei soggetti trattati. Serve quindi cautela: il caso di New York è importante per la ricerca, ma non rappresenta una soluzione definitiva.

Redazione Nurse Times

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