INTRODUZIONE
La mammografia è un esame radiografico effettuato per individuare l’eventuale presenza di noduli al seno dovuti ad una malattia tumorale. Il carcinoma della mammella è il primo tumore per frequenza e mortalità tra le neoplasie femminili ma, grazie ai progressi ottenuti sia nel riconoscimento della malattia nelle fasi iniziali (diagnosi precoce) sia nella sua cura, le probabilità di guarigione sono oggi molto aumentate.
La mammografia è utilizzata come test per scoprire precocemente (test di screening) noduli tumorali ancora non identificabili alla palpazione.
Può essere prescritta dal medico anche al di fuori dei programmi di screening quando alla palpazione del seno vengano rilevati noduli, o altri segni che, a suo parere, richiedono un’indagine per accertarne (diagnosticarne) la natura.
Grazie ai programmi di screening organizzati, effettuati con la mammografia, la scoperta di questo tumore nelle fasi iniziali oggi è sempre più frequente. Ciò facilita l’avvio rapido delle cure e migliora la probabilità di sopravvivenza.
Lo screening per il cancro del seno, secondo le indicazioni del Ministero della salute italiano, è rivolto alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni e prevede l’esecuzione dell’esame ogni due anni. In questa fascia d’età si verificano, infatti, la maggior parte dei tumori della mammella e, secondo gli esperti dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), la partecipazione allo screening organizzato con cadenza biennale, può ridurre del 35% la mortalità causata da questa malattia.
A volte, i medici suggeriscono controlli più frequenti o ravvicinati per la presenza di fattori di rischio come, ad esempio, casi di tumore al seno, o all’ovaio, in famiglia che aumentano la probabilità di comparsa di un tumore al seno anche in età più giovane.
Nonostante si tratti di un’attività consolidata, che ha dimostrato la sua efficacia nel ridurre la mortalità per questo tumore, oggi si dibatte sul rischio della cosiddetta sovradiagnosi legata allo screening mammografico. In sostanza, si discute sugli effetti indesiderati dell’accertamento e della cura di tumori che potrebbero essere ininfluenti sulla qualità o sull’aspettativa di vita della donna sottoposta all’esame. Per esempio, nel caso in cui il tumore identificato dalla mammografia avesse una crescita molto lenta o nel caso in cui la donna morisse per altre cause indipendenti dal tumore al seno, i possibili rischi legati alla sua cura potrebbero superare i benefici di averlo scoperto in fase iniziale. Tuttavia, oggi non disponiamo di strumenti che ci permettano di prevedere quali lesioni tumorali siano destinate a diventare rapidamente un cancro invasivo e quali resteranno silenti per anni. Le ricerche disponibili fanno ritenere che questo rischio sia inferiore ai benefici che si ottengono eseguendo una mammografia ogni due anni tra i 50 e i 69 anni di età.
IL TEST
Tutte le donne possono sottoporsi alla mammografia per controllare l’eventuale comparsa di formazioni potenzialmente pericolose e non ci sono condizioni che limitino l’esecuzione dell’esame, salvo la gravidanza.
In caso di presenza di protesi mammaria è necessario informare l’operatore prima dell’esecuzione dell’esame.
Non occorre alcun tipo di preparazione, non è necessaria l’anestesia e non si verificano conseguenze che richiedano la presenza di un accompagnatore. Alcuni studi suggeriscono che nelle donne ancora non in menopausa l’indagine sia più efficace se eseguita nelle prime due settimane dall’inizio del flusso mestruale.
L’esame prevede una breve compressione del seno (mammella) tra due lastre di una speciale apparecchiatura radiografica che permette di esporre i tessuti compressi a una modesta quantità di raggi X. Sono effettuate due radiografie per ciascun seno, da angolazioni diverse. A causa della compressione, alcune donne trovano l’esame doloroso, ma il fastidio dura solo qualche minuto. Il tempo di esecuzione di una mammografia è infatti di 5-10 minuti e, una volta terminato l’esame, si può riprendere subito la normale vita di tutti i giorni.
Le apparecchiature radiologiche utilizzate garantiscono che la dose di raggi X erogata sia mantenuta al livello più basso possibile ed il rischio legato all’esposizione alle radiazioni risulti trascurabile rispetto ai vantaggi della diagnosi precoce del tumore. Come ogni esame, anche la mammografia presenta dei limiti e può determinare falsi positivi (risultati anormali in persone sane) o falsi negativi (risultati normali in persone malate). Potrebbe non essere rilevata la presenza di una lesione, ad esempio, per difficoltà a interpretare le caratteristiche del tessuto mammario, attraverso le immagini della radiografia, in alcuni seni particolarmente densi o nel caso la lesione sia così piccola da non essere ancora evidenziabile. È, quindi, molto importante che tutte le donne prestino attenzione ad eventuali cambiamenti del seno nell’intervallo di tempo tra due esami mammografici, eseguendo l’autopalpazione, per riferirli tempestivamente al proprio medico di fiducia.
RISULTATI
La mammografia produce delle immagini digitali, in bianco e nero, del tessuto mammario visualizzabili sullo schermo del computer. È compito del radiologo valutare tali immagini, verificando accuratamente l’eventuale presenza di formazioni sospette.
Ai fini dell’interpretazione dei risultati, per il radiologo è importante disporre di una mammografia eseguita in precedenza che consenta di confrontare le immagini e di individuare cambiamenti nelle aree osservate. Per questo motivo è utile portare sempre con sé il precedente esame mammografico.
Nei programmi di screening, i risultati sono valutati separatamente da due radiologi per garantire una maggiore affidabilità della diagnosi. Se la mammografia risulta normale, è inviata una lettera a domicilio con l’esito dell’esame che invita la donna a ripetere il test di screening dopo 2 anni fino a 69 anni di età. Se la mammografia evidenzia problemi di lettura, e/o immagini “dubbie”, la donna è invitata a sottoporsi a ulteriori accertamenti diagnostici che possono includere una mammografia supplementare, eseguita con ingrandimento, e un’ecografia. Quest’ultimo esame, in generale, non è raccomandato come test di screening ma può essere utile in casi particolari, soprattutto nelle donne più giovani, o per approfondire la natura di un nodulo permettendo, ad esempio, di rilevare la sua natura liquida o solida.
In alcuni casi alla mammografia e all’ecografia può far seguito una biopsia, indagine che consiste nel prelievo di una piccola quantità (campione) di tessuto dalla zona sospetta, per valutare la presenza, o meno, di eventuali cellule tumorali.
Soltanto al termine di questo percorso è possibile confermare il sospetto diagnostico e, in caso di positività, procedere con la cura che, nella maggior parte dei casi, prevede la chirurgia e, in casi selezionati in base alle caratteristiche della donna e del tumore asportato, terapie integrate come la chemioterapia.
Redazione NurseTimes
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