Uno studio pubblicato da Nour Makarem, dottoranda al Dipartimento di Epidemiologia dell’Università della Columbia (New York), e colleghi rivela come per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, ipertensione e obesità sia importante trovare la giusta alternanza fra attività e riposo (RAR).
“È noto che l’allineamento dei ritmi circadiani innati con i comportamenti legati allo stile di vita, compresi i modelli sonno-veglia, riposo-attività e alimentazione-digiuno svolge un ruolo importante nel mantenere la salute cardiometabolica e nella prevenzione delle malattie cardiovascolari”, scrivono i ricercatori sul Journal of the American Heart Association.
Il disallineamento circadiano si verifica con il lavoro su turni, ma anche con l’abitudine di seguire orari irregolari nell’alimentazione o ritmi sonno-veglia tardivi a causa di scelte individuali o vincoli sociali caratteristici della società moderna. “Tuttavia l’impatto del disallineamento circadiano in relazione al rischio di malattie cardiovascolari e dei suoi fattori di rischio è meno studiato».
Il team ha selezionato 4.521 soggetti dai 20 anni in poi provenienti dal National Health and Nutrition Examination Survey 2013-2014. I volontari hanno indossato un accelerometro da polso per verificare il grado di attività fisica svolta. Sono state quindi valutate le associazioni fra RAR CVD, ipertensione, obesità e adiposità centrale, scoprendo che un periodo di veglia più attivo si associa a una riduzione delle probabilità di malattie cardiovascolari, ipertensione, obesità e adiposità centrale.
Inoltre, modelli regolari di sonno-veglia e riposo si associano a minori probabilità di malattie cardiovascolari e obesità. I partecipanti con RAR frammentati o con sonno disturbato, invece, mostravano probabilità più alte di CVD, obesità, ipertensione e adiposità centrale.
“Questi risultati suggeriscono che la tempistica, la regolarità e la periodicità dei RAR possono rappresentare un obiettivo importante per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari negli adulti”, concludono i ricercatori.
Redazione Nurse Times
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