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“Maestra, cosa vuol dire morire?”: infermieri di cure palliative e volontari insegnano a gestite il lutto a scuola

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“Maestra, cosa vuol dire morire”: infermieri di cure palliative e volontari salgono in cattedra per insegnare a gestite il lutto
Happy female doctor teaching group of elementary students how they should brush their teeth in the classroom.
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Il tema del fine vita approda nelle scuole elementari della provincia di Como grazie all’iniziativa realizzata dai medici, gli infermieri, gli psicologi ed i volontari dell’associazione “Il Mantello”.

I professionisti che si occupano da sempre di cure palliative e di fine vita affronteranno un argomento delicato e spesso considerato come un tabù insieme agli insegnato di alcuni istituti scolastici della provincia.

«Non avere paura di utilizzare il termine morte con i bimbi è il primo passo per accettarla»
“Sta facendo qualcosa di strano, questo merlo. Non si muove!” esclama Ranocchio.”Sta dormendo”, gli spiega Porcello. In quell’istante piomba anatra:”Che sta succedendo?*chiede, agitata.

“Sssst… fai piano, e malato, bisbiglia Ranocchio. Arriva anche Lepre, s’inginocchia accanto all’uccello e sospira: “E morto, tutti moriamo”.
“Morto?” balbetta Ranocchio: “Ma cosa vuole dire morire?’.
Questo è un esempio delle filastrocche utilizzate per parlare con leggerezza su temi centrali della vita quali separazione, perdita, lutto e morte.

E’ una delle chiavi, quella delle favole emotive, che anche all’associazione “Il Mantello” di Mariano Comense hanno adottato per affrontare con i piùpiccoli alcuni passaggi delicati che li coinvolgono nel profondo.

Ranocchio, Porcello, Anatra e lepre sono quattro amici che impersonano esemplarmente i diversi modi in cui spesso ci si rapporta allamorte: la si trasfigura, la si ne ga oppure la si affronta fino ad accettarla.

L’equipe di volontari

“Il Mantello” da anni porta avanti nelle scuole di tutta la Provincia di Como dei progetti gratuiti che si rivolgono sia agli insegnanti che agli stessi alunni, a partire dalla scuola a dell’infanzia, passando dalla primaria di primo grado fino alle superiori.

Nella mission dell’associazione, che si occupa di cure palliative, c’è proprio la volontà di uscire dalle mura dell’hospice per occuparsi anche della diffusione della cultura dell’ultimo tratto di vita.
Ecco perché, sul lavoro dei tanti volontari, si è costituita un’equipe di professionisti della salute dedicata ad affrontare questa tematica.

La perdita di un nonno, di un genitore, di un amico, illutto per l’animale di casa che non c’è più. L’esperienza della separazione da un luogo, delcambiamento tra le diverse fasi della vita, della mancanza quando non si ha un punto diriferimento fondamentale sono sfide che tutti prima o poi incontrano sulla propria strada.

Sentirsi più leggeri

«Non avere paura di utilizzare il termine morte anche con i bambini e i più giovani è il primo passo per accettare che la morte stessa è una parte della nostra vita – spiega Giada Bartocetti – Si puo partire da cose molto semplici, da una canzone, daun’immagine evocativa, da un favola perché piano piano all’interno di una classe, secondo le varie fasce di età, emerga in maniera spontanea l’esigenza degli alunni di raccontarsi. C’è sempre un primo che parte, a cui l’attività che proponiamo ha arrivato il ricordo di un’esperienza personale, e a ruota il dibattito si allarga.

Anche se trattiamo di storie spesso dolorose, i rimandi che riceviamo dal ragazzi sono sempre positivi».

«Dopo i nostri incontri, di solito tre per progetto – precisa Bartocetti – ci dicono di sentirsi più leggeri, di essersi tolti un peso. Questo è reso possibile grazie a percorsi che si intersecano e che portiamoavanti con i loro insegnanti e i loro genitori. I progetti vengono attivati a volte proprio su richiesta di queste figure, quando ad esempio un bambino un ragazzo ha vissuto in prima persona un lutto ed èimportante che riesca a condividerlo con i suoi compagni per non sentirsi solo, per non sentirsi l’unico a provare questa sofferenza.»

Oggi “Il Mantello” è tornato in presenza nelle scuole. Ma anche nella fase più cupa della pandemia ha saputo interpretare i bisogni degli studenti, spostando i progetti on-line. È stato in questo periodo che ha preso forma “Il baco e la seta”, ideato proprio per provare a gestire insieme all’associazione emozioni tanto intense come quella dei lutti legati al Covid, ma anche della perdita della propria routine e della propria socialità , degli spazi e della libertà nel l’incontrate il prossimo senza paure.

Dott. Simone Gussoni

Fonte: La Provincia di Como

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