Di seguito il prezioso contributo di Giuseppe CIVETTA, infermiere specialista in accessi venosi centrali
LA STORIA
L’avvento della terapia infusionale si ammanta di una fitta nebbia di storie e di leggende, di esperimenti compiuti e di tentativi taciuti, cosicché risulta arduo collocare con precisione la nascita dell’angiocateterismo nell’ambito della Medicina.
Sicuramente la pratica della iniezione endovenosa è stata seriamente considerata dal mondo scientifico, una volta che i principi della circolazione sanguigna furono studiati dal medico inglese William Harvey nel 1628.
Agli albori della terapia endovenosa, l’accesso vascolare veniva ottenuto attraverso la venolisi, ovvero l’esposizione chirurgica del vaso sanguigno; essendo tale pratica, un atto chirurgico, veniva effettuato esclusivamente dai medici.
Nel 1952, il medico francese Robert Aubaniac, introdusse la tecnica di posizionamento di cateteri venosi per via percutanea; aprendo la strada alla moderna venipuntura soppiantando quasi del tutto la venotomia.
Questo evento si pone come pietra miliare segnando la terra di confine tra i campi di competenza del medico e dell’infermiere. Infatti, già dagli ultimi decenni del XX° secolo, l’infermiera praticava la venipuntura per la fleboclisi seppur con un ruolo ausiliario nei confronti della figura medica.
Il “Mansionario dell’Infermiere Professionale” (modifiche al Regio Decreto del 2 maggio 1940, N°1310, sulle mansioni dell’infermiere professionale e dell’infermiere generico) al Titolo I, art.2, punto 12, recitava: “Somministrazione dei medicinali prescritti ed esecuzione dei seguenti trattamenti diagnostici e curativi ordinati dal medico: a) prelievo capillare e venoso del sangue; ….etc; E’ consentita agli infermieri professionali la pratica delle iniezioni endovenose”.
Negli anni ‘70 e ‘80 del secolo appena trascorso, l’utilizzo di cateteri intravascolari, era una procedura diffusa nella pratica clinica e la cannulazione vascolare era destinata a diventare, da esclusiva competenza medica, a predominante procedura infermieristica. Il Mussachusetts General Hospital di Boston è stato il primo ospedale a permettere ad una infermiera, Ada Plummer, la somministrazione di terapia endovenosa.
La Plummer rappresenta pertanto l’antesignana delle infermiere che si sono occupate di accessi vascolari fondando, inoltre, il primo Intravenous Team. L’infermiere, quindi, si è sempre occupato di reperire accessi vascolari ai propri assistiti, prima come arte ausiliaria, e poi in piena autonomia.
IL PRESENTE
Nell’attuale concezione olistica del nursing clinico, i moderni modelli concettuali infermieristici, primo fra tutti il Modello Bifocale di Lynda Juall Carpenito, considerano l’angiocateterismo un “problema” di tipo collaborativo; affidandone l’esclusività di questa pratica clinica al medico e all’infermiere.
Nella ricerca medica, la scoperta di innovative terapie farmacologiche e l’invenzione di tecnologie iniettive d’avanguardia, hanno determinato la necessità di avere a disposizione dispositivi vascolari in grado di soddisfare le contemporanee esigenze cliniche.
Di pari passo si è assistito all’esigenza di nuove competenze da parte del medico, ma soprattutto dell’infermiere; nella scelta del materiale e della tipologia dei nuovi device vascolari, nell’impianto e gestione di questi presidi e nell’educazione sanitaria alla persona assistita nella scelta condivisa del presidio secondo l’appropriatezza clinica.
Pertanto all’infermiere viene richiesta:
1) Una conoscenza specifica dell’anatomia vascolare e delle strutture neuromuscolari, e dei principi dell’ultrasonografia; nonché dell’interpretazione della traccia elettrocardiografica (esame endocavitario) e della lettura della radiografia toracica per la guida e conferma, rispettivamente, del corretto posizionamento del catetere centrale.
2) Una abilità tecnica nell’utilizzo dell’ecografia quale strumento detettivo (ecoassistenza) e strumentale (ecoguida), non diagnostico, definita appunto ecografia infermieristica; oltre che la somministrazione di anestetico locale e l’incisione chirurgica per facilitare la successiva dilatazione dei tessuti.
3) Capacità comportamentale di consulente ed educatore, intra e inter professionale, nell’impianto e gestione del device vascolare.
Conoscenza, abilità e comportamento definiscono la competenza specialistica che rappresenta quel Sapere concettuale, Saper fare e Saper essere che contraddistinguono l’infermiere specialista in accessi vascolari, che supera la figura dell’impiantatore, e che comunque non appartengono all’infermiere non specialista. Proprio per questo motivo, si ha l’obbligo e il dovere di avere una formazione post-base universitaria che sancisce l’ufficialità della specializzazione infermieristica. A poco valgono gli stage formativi di pochi giorni organizzati e tenuti da P.I.C.C. Team e aziende farmaceutiche che sovvenzionano tali corsi, poiché, è azzardato e prematuro, per un inesperto, accingersi in procedure complicate in assenza di un bagaglio culturale che prescinda dai rischi e dalle complicanze della venipuntura periferica ecoguidata e dell’angiocateterismo centrale.
GIURISPRUDENZA
La Legge 42/99 già definiva in ambito sanitario il campo proprio di attività dell’infermiere determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e dagli ordinamenti didattici di base e formazione post-base nonché dallo specifico codice deontologico.
Successivamente la Legge 43/2006 art.6 distingue tra i professionisti sanitari, la figura dell’infermiere specialista in possesso di master universitario di I° E II° livello; ribadito ancor più dalla delibera 79/2015 sulla Evoluzione delle competenze infermieristiche, documento approvato dal Comitato Centrale della Federazione Nazionale Collegi I.P.A.S.V.I..
L’attuale Codice Deontologico dell’Infermiere al Capo III, art.13 recita che l’infermiere assume responsabilità in base al proprio livello di competenza e ricorre, se necessario, all’intervento o alla consulenza di infermieri esperti o specialisti. Presta consulenza ponendo le proprie conoscenze e abilità a disposizione della comunità professionale. Ancor più, la bozza del nuovo Codice Deontologico dell’Infermiere, al Capo II, ribadisce l’articolo 11.
L’infermiere agisce sulla base del proprio livello di competenza e ricorre, se necessario, all’intervento e/o alla consulenza di infermieri esperti o specialisti.
E inserisce gli articoli: 12.
L’infermiere presta consulenza ponendo le sue conoscenze e abilità a disposizione della propria, delle altre comunità professionali e delle istituzioni. e 13. L’infermiere riconosce che l’interazione e l’integrazione intra e inter professionale sono fondamentali per rispondere alle richieste della persona.
Il riconoscimento del ruolo specialistico deve avvenire prima di tutto tra gli infermieri, altrimenti è difficile che arrivi da parte delle altre figure professionali e ancor meno dal cittadino assistito. Il mancato riconoscimento dell’infermiere specialista clinico, nel proprio campo di esercizio professionale, implica anche una illegittima richiesta di compenso economico equiparato.
Tutte queste considerazioni conducono anche, allo spinoso dilemma sempre presente e mai risolto, ovvero, l’infermiere generalista può impiantare cateteri centrali ad inserzione periferica?
La risposta la si dovrebbe desumere dalla giurisprudenza che legifera in materia sanitaria, ovvero dalle sentenze di casi approdati nei tribunali di Giustizia.
Nel caso in cui un infermiere procuri un danno ad un assistito durante la procedura di angiocateterismo centrale, e sia chiamato a risponderne giuridicamente, il giudice esamina la condotta dell’infermiere indagando se il reato è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza, imperizia o imprudenza, ovvero per l’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline (art.43 C.P.).
Ma soprattutto, il giudice verifica se la procedura, e tutti gli elementi che lo caratterizzano, fanno parte del comune Sapere concettuale, Saper fare e Saper essere, dell’infermiere generalista. Constatando che queste procedure appartengono a competenze specifiche di un infermiere specialista, si configura, nei confronti dell’infermiere generalista, non il reato di abuso di professione (art.348 C.P.), bensì il reato di condotta o di evento (art.10 del D.P.R. 27/03/92) a seconda che si sia trattato di un solo evento o di un comportamento usuale.
IL FUTURO
Nel processo assistenziale, l’accesso vascolare, caratterizza la prima procedura per l’avvio del percorso diagnostico e terapeutico della persona malata; questo presidio vascolare accompagnerà per breve o per lungo tempo l’assistito, influendo sul proprio stile di vita.
Appare evidente che la figura dell’infermiere specialista in accessi vascolari supera di gran lunga il ruolo di mero impiantatore; ponendosi alla pari con tutte le altre figure professionali, prima di tutte il medico specialista in accessi vascolari, in un A.V. Team che annovera, tra le altre figure sanitarie, il medico radiologo, il medico oncologo e il farmacista in un tavolo multidisciplinare in cui ognuno mette a disposizione la propria competenza specialistica nell’attuale concezione olistica della Salute secondo l’O.M.S.
Questo gruppo multidisciplinare specialistico si pone anche l’obbiettivo della tutela del Patrimonio Venoso; quale bene primario e di vitale importanza che accompagna la Persona durante tutta la sua vita. Come ogni altro patrimonio, anche quello venoso, va tutelato e valutato in modo puntuale e preciso attraverso il medico e l’infermiere che rappresentano gli ancestrali garanti della tutela del patrimonio venoso della persona.
L’imminente emanazione del nuovo codice deontologico dell’infermiere sia di auspicio al riconoscimento della figura dell’infermiere specialista clinico; sia come ruolo che come livello economico e che il Collegio Nazionale I.P.A.S.V.I. si adoperi a promuovere e valorizzare concretamente l’evoluzione delle competenze specialistiche dei propri professionisti nell’interesse del cittadino.
Giuseppe CIVETTA,
infermiere specialista in accessi venosi centrali
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