“Secondo me la missione delle cure infermieristiche in definitiva è quella di curare il malato a casa sua (…) intravedo la sparizione di tutti gli ospedali e di tutti gli ospizi. (…) ma a che cosa serve parlare ora dell’anno 2000?
(Florence Nightingale, Pasqua 1889 )
Dott. Cosimo Della Pietà, Infermiere ADI, Distretto Socio Sanitario n. 6 Grottaglie
PAROLE CHIAVE:
Infermiere di Famiglia – Comunità – chronic care domiciliare – deospedalizzazione precoce .
ABSTRACT
Lo scopo del presente articolo è far conoscere e si spera applicare in più contesti organizzativi nazionali e regionali, compresa la realtà jonica, la figura dell’Infermiere di famiglia.
Le sue specificità e tutte quelle attività e competenze infermieristiche extraospedaliere, poco valorizzate negli anni, che devono invece essere implementate per fare rete con altri professionisti e servizi sanitari e sociali, nell’ottica di migliorare l’assistenza della persona.
L’infermiere di famiglia, è quel professionista sanitario che opera nel territorio e che ha la responsabilità di assistere e prendersi cura della persona.
Sviluppa obiettivi di salute agendo sui corretti stili di vita, lavorando sui percorsi clinico-assistenziali in collaborazione e continuità con gli ospedali e le residenze assistenziali, in regime di dipendenza o libero professionale.
Questa nuova figura del nurse, migliora l’assistenza ai pazienti che potranno contare su un infermiere di riferimento.
Il professionista, dal canto suo, cura la persona nella sua globalità, indipendentemente dalla condizione di patologia che può anche non essere presente.
Opera sul bisogno rilevato adattando metodi adeguati alla soddisfazione dello stesso con un’attività valutata attraverso indicatori e specifici protocolli assistenziali.
La figura dell’infermiere di famiglia è in rapida ascesa in tutti i paesi più economicamente sviluppati.
In Italia si stanno muovendo i primi passi, recependo le indicazioni fornite dall’OMS e supportate sempre di più dalle politiche economiche nazionali e regionali in materia di sanità.
La tendenza all’ottimizzazione delle scarse risorse disponibili e al contenimento della spesa sanitaria, soprattutto ospedaliera, fa sì che le strutture sanitarie tendano a diminuire il più possibile la degenza ospedaliera.
Questo tramite la gestione di particolari tipologie di pazienti (riabilitazione post chirurgica, patologie croniche, anziani ecc …) a livello di assistenza territoriale, domiciliare e ambulatoriale, garantendo per questo scopo una rete locale che coordini gli interventi.
L’infermiere di famiglia è la figura deputata a tale coordinamento: prende in carico il caso, valuta gli interventi assistenziali da porre in essere, richiede eventuali consulenze medico-specialistiche, coordina le attività degli operatori sanitari e si occupa dell’educazione sanitaria del paziente e dei suoi famigliari.
Per questo tale figura deve avere competenze specifiche anche in settori non tradizionalmente infermieristici (psicologia, sociologia ecc.) e la sua formazione richiede uno specifico percorso, oggetto di master di primo livello attivato in varie Università nazionali (Assistenza Infermieristica in Sanità Pubblica: Infermiere di Famiglia e Comunità – Public Health Nusrsing Family and Community Nurse)
DEFINIZIONE
L’INFERMIERE DI FAMIGLIA È UN PROFESSIONISTA SANITARIO CHE PROGETTA, ATTUA, VALUTA INTERVENTI DI PROMOZIONE, PREVENZIONE, EDUCAZIONE E FORMAZIONE. E’ COLUI CHE SI OCCUPA DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA ALL’INDIVIDUO E ALLA COLLETTIVITÀ; SOSTIENE INTERVENTI DI RICERCA, INDAGINI EPIDEMIOLOGICHE IN COMUNITÀ E IN AMBITO FAMIGLIARE PROMUOVENDO AZIONI EDUCATIVE E PREVENTIVE OLTRE CHE CURATIVE.
RUOLO
Ruolo specifico dell’Infermiere di famiglia è quello di aiutare gli individui e famiglie ad affrontare la malattia e la disabilità cronica, nei periodi di maggiore fragilità della vita, trascorrere una gran parte del suo tempo lavorando nelle case dei pazienti e delle loro famiglie.
Inoltre, l’infermiere di famiglia sarà in grado di fornire informazioni sui fattori di rischio legati agli stili di vita e ai comportamenti ed assisterà le famiglie in tutto ciò che concerne la salute; tramite una individuazione precoce dei problemi sanitari, potendo far si che i problemi sanitari emersi nelle famiglie siano affrontati a uno stadio iniziale.
L’infermiere di famiglia, a seguito di una preparazione specifica; sarà in grado di agire sul territorio, conoscerà la mappa dei servizi sociali; avrà la competenza di instaurare un rapporto diretto, non solo con il malato, ma anche con la persona sana, occupandosi delle sue necessità, e aiutandolo insieme con la sua famiglia ad evitare rischi sanitari.
Gli infermieri di famiglia faciliteranno le dimissioni precoci dagli ospedali, fornendo assistenza infermieristica a domicilio; agiranno da tramite tra la famiglia e il medico di base, sostituendosi a quest’ultimo quando i bisogni identificati sono di carattere prevalentemente infermieristico.
PROSPETTIVE
Qualcosa si sta muovendo, come detto soprattutto nel Nord del nostro Paese, dove la diffusione capillare dell’assistenza domiciliare ha creato un terreno favorevole alla crescita di questo tipo di attività, ma sul territorio nazionale c’è ancora molto da fare. Si offrono ampi spazi di autonomia professionale percependo inoltre anche un buon gradimento da parte dei cittadini, sia in termini di qualità dell’assistenza, sia in termini di rapidità della risposta sanitaria ricevuta.
E’ certamente possibile andare oltre le proposte dell’OMS; lavorando fianco a fianco con il medico di famiglia si possono svolgere compiti complementari senza essere solo degli intermediari: si pensi ad esempio alla deospedalizzazione precoce, alla definizione dei percorsi assistenziali di congiunzione ospedale / domicilio, ai malati oncologici ed allo sviluppo di progetti di chronic care domiciliare. Sono situazioni nelle quali emerge tutta la forza del rapporto di fiducia che il medico di base e l’infermiere di famiglia possono instaurare con gli assistiti ed il loro nucleo famigliare.
Si conferma l’utilità e il vasto campo di azione dell’infermiere di famiglia ma, è doveroso evidenziare che nel nostro paese siamo indietro nell’implementazione di questa figura, probabilmente per una cultura ancora troppo centrata sul ruolo del medico e questi ancora troppo ancorati alla malattia.
Si da ancora poco peso a tutto quanto si svolge “intorno” alla malattia e che è invece parte integrante della stessa, e nonostante tutte le esperienze positive a livello internazionale e alcuni timidi accenni nelle regioni più lungimiranti, in effetti in Italia non esiste all’interno del SSN un ruolo ben definito di questo professionista.
Alcune esperienze se pur parziali e comunque ancora legate allo specifico di alcune particolari situazioni di malattia si stanno mettendo in campo, si pensi ad esempio ai progetti di chronic care, SLA, messi in atto da alcune regioni (ad es. Toscana, Emilia Romagna ecc).
Da queste esperienze e dalle varie esperienze di assistenza domiciliare infermieristica che dobbiamo partire, per affermare la necessità che si evolva in un discorso più complessivo e meno limitato, slegato dalla patologia e dal singolo che va invece contestualizzato all’interno della sua famiglia e comunità, che sia in grado di guardare non solo alla patologia in se, ma anche e soprattutto al benessere della famiglia, alla promozione della salute, ed ove necessario anche all’intervento clinico e curativo.
Il contesto famigliare, è dimostrato che se adeguatamente educato e motivato, risulta essere di grande supporto alla cura della malattia, alla accettazione delle sue conseguenze ed al ristabilimento delle migliori potenzialità di salute.
L’atteggiamento, storico, che si ha nei confronti di questa figura, che in realtà internazionali ha già un ruolo ben consolidato, è di diffidenza e di dubbio per l’alta autonomia.
Ricordiamo però che tale autonomia è supportata da quadri legislativi chiari. Il pensiero va sicuramente alla trasformazione demografica della popolazione, (vedi invecchiamento della popolazione) e al cambiamento della tipologia delle malattie, sempre più croniche con la necessità di rivalutare nuovi modelli assistenziali.
SALUTE21, il documento di politica sanitaria della Regione europea dell’OMS,(1998) introduce un nuovo tipo di infermiere, l’Infermiere di Famiglia, che darà un contributo chiave in seno all’equipe multidisciplinare di professionisti della salute, al raggiungimento dei 21 obiettivi per il XXI secolo. Basandosi sulle competenze derivate dalla definizione dell’OMS del ruolo polifunzionale dell’lnfermiere di Famiglia, è stato redatto un curriculum che preparerà infermieri qualificati ed esperti per questo nuovo ruolo. Il curriculum enfatizza l’integrazione tra teoria e pratica.
(…) Salute21 Europea, Obiettivo 2: Equità in Salute
Entro l’anno 2020, il divario di salute esistente tra i diversi gruppi socioeconomici all’interno dei Paesi dovrebbe essere ridotto di almeno un quarto in tutti gli Stati membri, migliorando sostanzialmente il livello di salute dei gruppi disagiati.
Salute21 Europea, Obiettivo 5: Invecchiare in salute
Entro l’anno 2020, le persone di oltre sessantacinque anni dovrebbero avere l’opportunità di godere tutto il potenziale della salute e di giocare un ruolo sociale attivo.
Salute 21 Europea, Obiettivo 15: Un settore sanitario integrato
Entro l’anno 2010, la popolazione della Regione dovrebbe avere un accesso più facilitato ai servizi di salute primaria orientati alla famiglia ed alla comunità, sostenuta da un sistema ospedaliero flessibile ed efficiente. ( … )
(Adottato dal Comitato Regionale dell’OMS per l’Europa nella sua quarantottesima sessione, Copenaghen, Settembre 1998).
L’infermiere di famiglia svolgerà un ruolo centrale all’interno della comunità durante tutto il continuum assistenziale (come dalle raccomandazioni della Conferenza Europea sul Nursing tenutesi a Vienna 1988).
I suoi compiti sono:
- aiutare gli individui ad adattarsi alla malattia, alla disabilità cronica, ai momenti di stress;
- trascorrere buona parte del suo tempo a lavorare a domicilio dei pazienti e con le famiglie;
- fornire consulenza sugli stili di vita e sui fattori comportamentali di rischio e assistere le famiglie in materia di salute;
- garantire che i problemi sanitari delle famiglie siano curati al loro insorgere, attraverso la diagnosi precoce;
- identificare gli effetti dei fattori socio economici sulla salute della famiglia e richiedere l’intervento della rete dei servizi territoriali;
- promuovere una dimissione precoce assicurando l’assistenza domiciliare infermieristica e costituire il punto di collegamento tra famiglia e medico di medicina generale e sostituirsi a quest’ultimo quando i bisogni identificati sono di carattere prevalentemente infermieristico.
Anche se il titolo di Infermiere di famiglia fa supporre che oggetto dell’assistenza siano soltanto i membri delle famiglie così come comunemente intese, in effetti il ruolo è molto più ampio, partendo dalla conoscenza della famiglia intesa come “unità di base della società” , il concetto si allarga e comprende indistintamente tutte le persone della comunità e il loro ambiente sia esso la casa, il luogo di lavoro, la scuola.
Salute 21 puntualizza: La famiglia è l’unità base della società dove chi si occupa dell’assistenza è in grado non soltanto di indirizzare le lamentele fisiche somatiche, ma anche di tenere nel dovuto conto gli aspetti psicologici e sociali delle loro condizioni.
Infermiere e la famiglia, utilizzando una attività interattiva, divengono entrambi partner in relazione. L’infermiere è responsabile di un gruppo predefinito di famiglie. É in quest’ottica che l’infermiere di famiglia assume un ruolo strategico negli interventi di assistenza preventiva, curativa, riabilitativa e di sostegno.
OBIETTIVI E PRINCIPI ETICI
L’infermiere di famiglia giocherà inoltre un ruolo importante nel potenziamento delle risorse della comunità e nel lavoro congiunto con essa per incrementarne le opportunità per trovare soluzioni proprie ai loro problemi.
L’infermiere di famiglia svolgerà un ruolo essenziale per raggiungere il pieno potenziale di salute per tutti, attraverso il perseguimento di due obiettivi principali:
- promuovere e proteggere la salute della popolazione, lungo tutto l’arco della vita;
- ridurre l’incidenza delle malattie e degli incidenti più comuni e alleviare le sofferenze che questi causano.
I principi etici da perseguire sono:
- la salute è un diritto umano fondamentale
- equità nella salute e solidarietà all’interno delle nazioni e fra di esse e i loro abitanti, partecipazione e responsabilità dei singoli, dei gruppi, delle istituzioni e delle comunità per lo sviluppo sanitario continuo.
IL QUADRO CONCETTUALE
Il quadro concettuale fornisce un metodo per capire ed organizzare i concetti chiave della pratica infermieristica e del programma di formazione che prepara lo studente a quella pratica, in questo caso, l’infermieristica di famiglia. Tale quadro fornisce direttive e punti focali rendendo visibili i valori e gli obiettivi dell’attività.
Per descrivere il ruolo dell’infermiere di famiglia si possono utilizzare tre teorie: una teoria dei sistemi, una teoria dell’interazione ed una dello sviluppo.
La teoria dei sistemi fornisce un utile modo di rappresentare ed analizzare la complessità di una situazione assistenziale domiciliare. A titolo di esempio, uno strumento operativo che si può utilizzare è l’ecomappa, che rappresenta graficamente le relazioni e le interazioni della famiglia con l’ambiente esterno prossimale. Inoltre, ci si può avvalere del genogramma, che è uno strumento che ricorda nell’esposizione grafica l’albero genealogico e raccoglie informazioni su tre generazioni.
La teoria dell’interazione incoraggia le considerazioni riguardanti i rapporti infermiere / paziente e infermiere / famiglia ed i concetti di partnership e lavoro d’equipe, fondamentali nella filosofia dell’assistenza primaria.
La teoria dello sviluppo o evolutiva è un importante aiuto per capire non soltanto il singolo individuo umano ma anche lo sviluppo della famiglia nel contesto dei principali eventi della vita, comuni a tutti ma variabili in intensità ed impatto a causa di molti fattori complessi. Incoraggia e stimola la consapevolezza e la comprensione delle diverse tappe dello sviluppo degli individui e della famiglia per meglio definire la famiglia stessa.
L’infermiere di famiglia e le famiglie con le quali lavora possono essere considerate sistemi che operano all’interno di un contesto o ambiente. Molti elementi dell’ambiente influiscono, sia positivamente che negativamente, su questi sistemi, rafforzandone o indebolendone l’esistenza e l’integrità. La salute è vista come l’equilibrio dinamico che si mantiene tra i sistemi, cioè tra la famiglia o l’individuo e l’ambiente. Questi sistemi cambiano e si sviluppano nel tempo, non sono mai statici.
Il lavoro dell’infermiere di famiglia è una relazione interattiva in cui infermiere e famiglia sono partner.
Obiettivo dell’intervento infermieristico è quello di mantenere e, se possibile nel tempo, migliorare l’equilibrio o lo stato di salute della famiglia, aiutandola ad evitare o ad adattarsi alle sollecitazioni o alle minacce per la salute. In questo modello sono identificate quattro modalità di intervento:
- prevenzione primaria: verificare la possibile presenza di fattori dannosi che minacciano la salute e lavorare attivamente per evitare che questo si ripercuota sulla famiglia. Può aiutare la famiglia a costruirsi le proprie risorse difensive attraverso l’educazione sanitaria ed il sostegno, aiutandola a mobilitare altre risorse e monitorando l’integrità del sistema per identificare possibili fattori dannosi.
- Prevenzione secondaria: attraverso attività come screening, programmi vaccinali ed una approfondita conoscenza della famiglie, permette rapidi interventi per ridurre al minimo la disgregazione individuale e famigliare, coinvolgendo altre risorse e altri professionisti della salute.
- Prevenzione terziaria: ha come obiettivo la riabilitazione e la ricostruzione delle “risorse di resistenza e difensive” della famiglia.
- Interventi in casi critici/ assistenza diretta: implica una collaborazione tra l’infermiere e la famiglia o con il singolo per appropriati interventi di cura, riabilitazione, cure palliative o sostegno.
PROFILO DI COMPETENZE
Ad esso è richiesto di essere competente come: erogatore di assistenza; decisore; comunicatore; leader di comunità; manager.
Queste competenze si acquisiranno attraverso il processo di sviluppo delle competenze di base, cioè quelle che consentiranno all’infermiere di famiglia di essere efficiente ed efficace nell’identificare e valutare lo stato di salute ed i bisogni degli individui e delle famiglie nel loro contesto culturale e di comunità.
Essere in grado di prendere decisioni basate sui principi etici; pianificare, fornire assistenza alle famiglie che fanno parte del carico di casi definito.
Promuovere la salute degli individui, delle famiglie e delle comunità; applicare la conoscenza di diverse strategie educative con i singoli, le famiglie e le comunità; utilizzare e valutare diversi metodi di comunicazione.
Partecipare alle attività di prevenzione; coordinare e gestire l’assistenza, compresa quella delegata ad altro personale; documentare sistematicamente la propria pratica; produrre, gestire ed utilizzare informazioni statistiche (dati) cliniche e basate sulla ricerca per pianificare l’assistenza e definire le priorità nelle attività relative alla salute ed alla malattia.
Sostenere ed incoraggiare gli individui e le famiglie ad influenzare e partecipare alle decisioni relative alla loro salute; definire standard e valutare l’efficacia delle attività infermieristiche di famiglia; lavorare da soli o in èquipe; partecipare alla definizione delle priorità nelle attività relative alla salute ed alla malattia; essere agenti e gestire il cambiamento; mantenere relazioni professionali ed un ruolo collegiale di sostegno con i colleghi; mostrare l’evidenza di un impegno alla formazione continua ed allo sviluppo professionale.
CONCLUSIONI
Ci pare auspicabile rispondere alle giuste sollecitazioni dell’OMS, Sezione Europea Salute 21, e alle nuove esigenze di integrazione socio sanitaria in fatto di assistenza domiciliare, attraverso un nuovo modello operativo e organizzativo che favorisca la crescita progressiva di Infermieri di famiglia/quartiere e di Comunità che non forniscano solo un “servizio infermieristico di alto livello a domanda“, passando da una logica di assistenza infermieristica prestazionale reattiva, ad una di tipo proattivo.
Dove la presa in carico globale della persona fragile, diviene per il professionista dell’assistenza la sua ragion d’essere, incarnando il ruolo di “tutor, guida, facilitatore”, per la soddisfazione dei bisogni della persona assistita, del suo contesto famigliare e di tutto il suo percorso assistenziale.
All’infermiere di famiglia si chiede in sostanza di adempiere ad una triplice funzione, innanzitutto quella di favorire un contenimento dei costi sanitari e quella di migliorare allocazione di risorse economiche a cui si mira incentivando l’assistenza domiciliare. Allo stesso tempo potrà garantire alle famiglie la massima qualità delle prestazioni assistenziali domiciliari.
E infine, potrà contribuire a un’ulteriore e più larga affermazione dell’autonomia professionale.
Un ruolo situato al centro di una rete di contatti a cui fanno capo operatori, cittadini e strutture sanitarie, ma la sua autonomia si esprime anche nel lavoro interdisciplinare, interagendo con le altre figure dell’equipe che seguono il territorio.
E’importante che gli infermieri di famiglia facciano parte loro stessi della comunità i cui operano e per la professione che svolgono, ne conoscano i problemi e le necessità di ordine sanitario e sociale e siano in grado di mobilitarne e svilupparne le risorse e le opportunità indirizzandole al bene comune, come concreta ricerca di una migliore qualità di vita e di salute del singolo e della collettività.
L’infermiere di famiglia deve conoscere le attività complesse che caratterizzano il professionista dell’assistenza infermieristica che opera in ambito territoriale. È pertanto, necessario ripensare anche alla formazione universitaria, che deve essere sempre più “specialistica”, per la creazione di un Infermiere specialista clinico (ISC) cioè un infermiere con competenze avanzate nello specifico ambito di intervento, con una preparazione universitaria superiore (master clinico).
L’ISC è l’esperto clinico nell’accertamento e la pianificazione dell’assistenza nell’area di competenza, ha una conoscenza approfondita dei percorsi diagnostico-terapeutici dei propri assistiti, è in grado di sviluppare i propri interventi secondo le più recenti indicazioni dell’evidence-based nursing. L’ISC lavora con gli altri infermieri, favorendo la crescita e l’aggiornamento della pratica professionale, per migliorare i risultati delle cure al paziente e costruire nuove strategie di assistenza.
Questo per formare un professionista capace di lavorare per processi ed obiettivi misurabili sia sulla singola persona, sulla famiglia e sulla collettività e di intervenire sui processi di governo clinico e sulle politiche sanitarie del territorio.
Un proposta può riguardare la formazione universitaria, che per essere sempre più qualificata, deve essere ripensata affinché promuova l’unificazione di un iter riconosciuto anche contrattualmente e nei percorsi di carriera. Oggi la formazione universitaria dovrebbe comprendere il triennio con un corso di laurea in Scienze Infermieristiche e tre grandi indirizzi per il biennio Specialistico: per l’infermiere di famiglia e di comunità; per l’infermiere in ambito ospedaliero; per il management.
Dott. Cosimo Della Pietà, Infermiere ADI, Distretto Socio Sanitario n. 6 Grottaglie
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- corriere.it/2013/05/20/nuove-professioni-e-ora-serve-linfermiere–di–famiglia
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