La ricerca è stata condotta dagli esperti dell’Università Milano Bicocca.
Quasi un italiano su quattro soffre di allergie respiratorie, e molti di questi hanno sintomi che compaiono o peggiorano nei mesi primaverili. L’allergia ai pollini è infatti una delle manifestazioni più note, con sintomi che sono caratterizzati prevalentemente da starnuti, naso chiuso, prurito nasale e oculare, e asma.
In un Paese come l’Italia, caratterizzato da un’eccezionale diversità di clima e di flora dovuta a una posizione geografica unica, anche l’allergia ai pollini ha caratteristiche particolari. Sono infatti presenti moltissime piante che producono pollini allergenici, cioè in grado di provocare sintomi nei pazienti sensibilizzati, e la loro distribuzione è notevolmente variabile sul nostro territorio.
“Mentre è semplice apprezzare la differenza fra le piante, quello che succede a livello microscopico quando guardiamo i pollini, o ad un livello ancora più dettagliato quando si analizzano le molecole allergeniche, è ancora oggetto di studio e in parte ancora da comprendere pienamente – afferma il dottor Lorenzo Cecchi, presidente eletto AAIITO (Associazione allergologi immunologi italiani e ospedalieri) –. Uno degli aspetti più interessanti è la capacità di alcuni pollini di provocare asma, una caratteristica clinicamente importante che è limitata prevalentemente ad alcune specie come la parietaria, le graminacee, l’ambrosia e l’olivo”.
Nonostante il tema sia oggetto di studio da decenni, i meccanismi che rendono questi pollini più “asmogeni” non è ancora del tutto chiaro. Infatti, le dimensioni dei pollini allergenici sono prevalentemente intorno a 10-50 micron (un micron corrisponde ad un millesimo di millimetro), mentre le vie respiratorie critiche per l’infiammazione tipica dell’asma hanno un diametro inferiore ai 4 micron. Anche se l’infiammazione allergica coinvolge generalmente sia le vie respiratorie superiori che inferiori, e che quindi il contatto dell’allergene con le mucose nasali può comunque essere sufficiente a spiegare anche sintomi respiratori, si ritiene che il polline debba comunque entrare in contatto con le mucose delle piccole vie respiratorie.
“Il fatto che la maggior parte dei pollini in grado di provocare sintomi di asma sia generalmente di piccole dimensioni – analizza Cecchi – è sembrato un indizio sufficiente a spiegare questo fenomeno, nonostante che il diametro di uno dei più piccoli, quello della parietaria, sia comunque tra 12 e 16 micron”.
L’asma da temporale (thunderstorm-related asthma): un indizio per indirizzare la ricerca – Un aiuto a indirizzare la ricerca in questo campo è venuto dalla cosiddetta asma da temporale, cioè delle epidemie di asma grave, anche fatale, che si concentrano durante e dopo eventi temporaleschi nei periodi di fioritura di piante allergeniche. Da molti anni sono stati segnalati in alcune aree del mondo e nel nostro Paese come, ad esempio, a Napoli in più occasioni, e in Puglia.
I sintomi compaiono in pazienti allergici soprattutto a parietaria, graminacee e olivo, non necessariamente affetti da asma o con asma lieve e non ben controllata con la terapia. In queste occasioni la comparsa di sintomi respiratori di tipo asmatico ha fatto pensare agli esperti che avvenisse una rottura del polline e che le particelle liberate, contenenti le molecole allergeniche, fossero in grado di entrare più profondamente nelle vie respiratorie e provocare asma.
La ricerca condotta dagli allergologi AAIITO in collaborazione con l’Università Milano Bicocca – Una recente ricerca condotta da Lorenzo Cecchi, Enrico Scala e Riccardo Asero, in collaborazione con Sandra Citterio e Sarah Caronni, della Università Milano Bicocca sembra confermare questa ipotesi. Sottoponendo in laboratorio i pollini di cipresso, ambrosia, parietaria, graminacee e olivo a condizioni simili a quelle che si verificano durante un temporale, l’analisi molecolare ha dimostrato che i frammenti dei pollini implicati nell’asma da temporale contengono le molecole allergeniche mentre gli altri no, o ne contengono in quantità significativamente minore.
Ciò significa che durante un temporale i pollini si rompono e si formano dei frammenti con diametro tra i 2 e i 4 micron che, nel caso di parietaria, graminacee e olivo contengono le molecole allergeniche e sono in grado, date le loro dimensioni, di penetrare profondamente nelle vie respiratorie. Questo meccanismo di formazione di piccole particelle con proprietà allergeniche potrebbe svolgere un ruolo importante anche nell’asma da pollini in generale.
“È facile pensare che queste particelle possano essere presenti, magari in concentrazioni minori, anche in condizioni meteorologiche meno estreme come in giornate umide o semplicemente ventose e che siano così le responsabili dei sintomi asmatici nei pazienti affetti da allergia a pollini – conclude Cecchi –. Le ricadute pratiche di queste nuove scoperte sono purtroppo limitate, e al momento rimangono fondamentali la prevenzione e, soprattutto, il trattamento, sia farmacologico che con l’immunoterapia specifica, dell’allergia ai pollini”.
Redazione Nurse Times
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