La carenza di personale infermieristico all’interno delle strutture sanitarie e assistenziali del nostro paese è ormai un dato di fatto, sono molteplici le analisi fatte in termini di carenza infermieristica relative al fabbisogno di risorse.
Oggi ci troviamo di fronte ad uno scenario diverso rispetto agli anni scorsi, infatti la carenza di risorse non è più attribuibile all’indisponibilità di professionisti sanitari sul mercato del lavoro, bensì all’impossibilità delle strutture a poter accedere all’abbondante mercato della domanda a causa di parametri normativi, e non solo, che bloccano le stesse organizzazioni al reclutamento, spingendo queste ultime a farsi “competitività” nell’attrazione del personale e a dover attuare misure idonee a trattenere il personale. La carenza di personale obbliga l’organizzazione ad attuare nuove strategie in ambito della gestione delle risorse umane, strategie rivolte ad una politica di risparmio delle figure professionali, ma tali strategie rappresentano spesso per il personale stesso un forte elemento di stress, il cambiamento messo in atto dalle organizzazioni per “sopravvivere” con il minor danno possibile nei confronti dell’utenza e della possibilità di offerta, porta il personale che subisce tale cambiamento ad esaurire tutti i meccanismi di difesa.
La carenza di personale infermieristico non rappresenta nelle nostre organizzazioni un fenomeno sporadico, ma rappresenta oramai un continuum, porta i professionisti ad un bivio e si aprono alla possibilità di cambiare la propria posizione lavorativa in funzione di un maggiore benessere lavorativo e di un riconoscimento socio-professionale.
Le organizzazioni sanitarie oggi sono sempre più spinte verso una competitività globale, alla ricerca della qualità, dell’eccellenza e del continuo cambiamento. In tale quadro assume una rilevanza fondamentale l’efficace gestione delle risorse umane.
Trattenere ed attrarre personale qualificato, competente, coinvolto e motivato, permette alle organizzazioni di mantenere elevati livelli di produttività ed un vantaggio competitivo. La stabilità del personale diventa un elemento critico a causa della crisi economica e a causa anche del fenomeno del turnover volontario. Se il turnover volontario diventa eccessivo può diventare un problema per l’organizzazione che rischia così di intaccare la sua funzionalità e diminuire la qualità dell’assistenza ai pazienti.
In Italia la difficoltà a reclutare e trattenere gli infermieri nella propria realtà lavorativa è un problema sempre più sentito. La carenza infermieristica e l’alto tasso di turnover volontario, sono quindi un problema urgente che si ripercuote inevitabilmente sulla qualità dell’assistenza, alimentando l’insoddisfazione professionale e generando altro turnover.
Il vivere quotidiano del continuo stato di urgenza nella gestione del personale e la continua ricerca di strategie efficaci, spingono il management aziendale a chiedersi quali misure attuare per trattenere i professionisti nella propria organizzazione. Al fine di poter dare una risposta a queste problematiche è necessario chiedersi quali siano i determinanti e cosa influenza i professionisti sanitari in generale a sviluppare la loro intenzione di rimanere nelle attuali organizzazioni?
L’ Intention to Stay è un fenomeno rilevante nell’ambito delle organizzazioni sanitarie ed in particolare nel management dei servizi infermieristici e delle professioni sanitarie, che permette di adottare un management pro – attivo mirato all’implementazione di politiche di trattenimento del personale nelle proprie strutture organizzative.
L’ Intention to Stay è fortemente correlato alla soddisfazione lavorativa, al burnout, alle relazioni tra pari e con la leadership ed alle caratteristiche dei professionisti. Il fenomeno dell’ Intention to Stay viene definito in letteratura come la volontà a rimanere nella posizione lavorativa occupata al momento dell’indagine stessa. Qualche volta il termine o accezione o concetto di Intention to Stay è anche usato in modo interscambiabile con il termine inglese di “retention” o “intention to remain employed” cioè con i termini di “ritenzione” o “intenzione a rimanere occupati”.
Comprendere quali sono i determinanti in gioco sull’Intention to Stay potrebbe permetterci di sviluppare politiche di gestione del personale volte a prevenire il turnover del personale e migliorare gli outcome sui processi di cura grazie ad adeguate misure preventive sulla soddisfazione lavorativa (management pro-attivo).
In Italia il fenomeno non è stato mai studiato. È stato condotto uno studio di prevalenza (cross sectional), dalla Collega Coordinatrice Infermieristica Dott.ssa Sabina Bedin presso l’Università di Bologna in occasione della Tesi di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostriche supportata dalla Relatrice Prof.ssa Patrizia Taddia e dal Correlatore Dott. Antonio Nappo, relativo ai determinanti dell’Intention to Stay nei professionisti italia.
I primi dati elaborati sono molto interessanti sia in termini quali-quantitativi sia inferenziali. La cultura professionale e il percorso storico dell’infermieristica italiana ci differenzia fortemente dai colleghi anglosassoni e americani. I dati saranno pubblicati dopo le opportune revisioni statistiche e tra pari.
Bibliografia di riferimento:
Katherine S. McGilton, Ann Tourangeau, Chloe Kavcic and Walter P. Wodchis -” Determinants of regulated nurses ‘ intention to stay in long-term care homes”-Journal of Nursing Management , 2013, 21, 771-781
Antonio Nappo
Lascia un commento