È deceduto oggi nella sua Sardegna Tore Usala, 63 anni, malato di SLA, segretario del Comitato 16 Novembre Onlus, ma soprattutto… paladino in difesa dei diritti dei disabili gravissimi. Ad aprile noi di Nurse Times lo avevamo intervistato e lui aveva esortato gli infermieri italiani a “riconquistare la giusta dignità”.
Un leader, un condottiero. Contro le ingiustizie, le infamie e in favore dei più deboli. Sempre pronto a battersi. Per gli altri. A prescindere. E questo nonostante dovesse lottare anche e soprattutto con la sua condizione di disabile gravissimo, totalmente immobile, connesso ad un respiratore meccanico tramite tracheostomia, gastromizzato e comunicante solo cogli occhi.
Parlava della malattia che l’ha ucciso come della sua “amante”, Tore: “Eh sì, ho un’amante da ben 12 anni. Si chiama SLA. Mia moglie non è gelosa, anzi mi ‘condivide’ con lei senza troppi problemi. Con amore, anche. Parlare dell’amante non è mai semplice… Quando l’ho conosciuta, la mia vita di prima è finita; e ne è iniziata un’altra, più movimentata e ricca di lotte, ma comunque serena”.
Questo era Salvatore Usala. Il “Comandante” Tore. Che mise su un’associazione, il Comitato 16 novembre onlus, col fine di aiutare le persone colpite da malattie altamente invalidanti.
Si batteva per l’istituzione di un piano nazionale per la non autosufficienza, Tore, che rendesse i diritti esigibili, uniformi in tutta l’Italia. E aveva le idee molto chiare sui bisogni dei disabili come lui:
“Noi abbiamo bisogno di un’assistenza attenta, scrupolosa, da parte di operatori formati minuziosamente a tale scopo, per 24 ore. A tal proposito ho realizzato un progetto per formare degli assistenti, che sappiano gestire nelle 24 ore tutto ciò di cui un malato complesso come me ha bisogno. Chiaramente l’infermiere ha un ruolo centrale, soprattutto di coordinamento e gestione come Case Manager. In Italia c’è la mafia, imperversa la corruzione, bustarelle, le ASL sono centri di latrocinio. Per queste ragioni esiste una differenza enorme dei servizi assistenziali erogati, anche nella stessa regione. Di solito chi ruba poco riesce a fornire un servizio decente, mentre chi ruba molto non da quasi nulla. Per ottenere degli ausili essenziali spesso i disabili sono costretti a compiere gesti estremi, per loro molto pericolosi.”
Quando l’ho conosciuto era più che mai agguerrito e determinato a battersi fino all’ultimo respiro (artificiale), perché tutti i disabili gravi e gravissimi ottenessero un’assistenza domiciliare dignitosa. Era il 4 novembre del 2014 ed eravamo in protesta di fronte al Ministero dell’Economia e delle Finanze, a Roma, contro i tagli che il governo Renzi aveva appena effettuato al fondo per le non autosufficienze.
Tore e tutti i membri del suo Comitato erano col coltello in mezzo ai denti e gli occhi rossi di rabbia, scottati dal fatto che i governanti, prima della riduzione del fondo, avevano anche partecipato all’Ice Bucket Challenge estivo in favore della ricerca contro la SLA.
Mi colpirono la leadership di Tore ed il suo sguardo. Uno sguardo che ti sparava addosso una gran mole di energia. Ricordo che ero emozionato, quando me lo hanno presentato. Come quando si sta per conoscere una gran persona. Perché Tore era una gran persona.
Queste le sue parole di sprone per tutti gli infermieri italiani: “È necessario che gli infermieri tutti si organizzino per riconquistare la giusta dignità. Non siete carne da macello!”
L’annuncio della sua morte è stato dato proprio dal Comitato 16 Novembre Onlus, su Facebook: “Il nostro amatissimo Tore, l’uomo che ha fatto la storia degli ultimi 12 anni della gravissima disabilità, dopo aver a lungo lottato, dopo aver regalato ai disabili d’Italia una condizione umana più dignitosa, non appartiene più a questo mondo di miserie e sofferenze. Alla sua amatissima Josy, alla figlia adorata Mara, alla sua piccola grande Vittoria, l’abbraccio grande di tutti quanti noi del Comitato 16 Novembre che continueremo le sue lotte in suo nome e onore”.
Buon viaggio, comandante Tore. Grazie.
P.S. Salutami madame Rosa.
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