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La depressione potrebbe essere predisposta dalla carenza di specifici batteri intestinali

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Un batterio antartico per curare il carcinoma polmonare "non a piccole cellule"
Scientist conducting research with microscope
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La carenza di specifici batteri intestinali potrebbe predisporre alcuni individui ai disturbi depressivi

Le problematiche legate alla sono, sotto diversi aspetti, ancora un profondo mistero. Infatti le cause scatenanti di questa patologia psichica non sono, anche per gli specialisti del settore, molto chiare e la cura dei soggetti non è sempre così facile. Un nuovo studio ha recentemente annunciato di avere scoperto una tra le varie possibili cause scatenanti che potrebbero determinare l’insorgere di meccanismi legati a questa patologia.

Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Nature Microbiology  che ha coinvolto due campioni indipendenti ciascuno di oltre 1000 individui. Condotto in Belgio da Jeroen Raes del VIB-KU, lo studio ha evidenziato che due tipi di batteri, Coprococcus e Dialister, sono consistentemente ridotti nell’intestino di individui che soffrono di depressione.

In un sottogruppo del campione gli esperti hanno anche collegato l’attività di alcuni batteri intestinali alla salute mentale, in particolare la capacità dei batteri di produrre una sostanza simile alla dopamina (un neurotrasmettitore associato anche a senso di gratificazione) è risultata legata a maggiori livelli di salute mentale.Gli esperti hanno prima studiato il genoma del microbiota intestinale di 1054 individui afferenti allo studio Flemish Gut Flora Project; poi hanno ripetuto l’analisi su un secondo campione di 1062 individui afferenti al Dutch LifeLinesDEEP.

Nel campione vi erano anche pazienti colpiti da disturbi depressivi (diagnosticati dal medico di medicina generale).

Presto un secondo studio

In entrambi i casi sono emerse differenze nella composizione del genoma intestinale di individui con diagnosi di depressione rispetto ai soggetti sani di controllo.

È emersa una minore varietà di specie batteriche nell’intestino di individui che soffrivano di disturbi depressivi e in particolare una carenza di certi ceppi. In primavera il team di scienziati avvierà una seconda ricerca, avvalendosi di altri volontari, attraverso la quale ritiene di poter confutare i risultati ottenuti nello studio appena concluso.

 

Redazione NurseTimes

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