A otto anni dalla scoperta di un linfoma di Hodgik è rimasta incinta. Ecco l’intervista rilasciata al Resto del Carlino.
Sara Rossetti, infermiera 29enne della provincia di Roma è la prima donna in Italia ad avere crioconservato parte del tessuto ovarico, a essersi sottoposta a chemio e radioterapia, ad avere affrontato il reimpianto e, infine, la fecondazione extracorporea all’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Ora aspetta un bambino e non nasconde la propria gioia: «Per Natale non avrei potuto ricevere un regalo più bello: sono alla sesta settimana di gravidanza dopo aver scoperto un linfoma di Hodgik quando avevo 21 anni».
È un periodo di grandi emozioni?
«Sì, mi sono commossa quando, durante l’ecografia, ho visto il cuoricino. La prima volta c’era con me il mio compagno, la seconda volta sono entrate anche mia madre e la mia gemella. Una festa per tutti».
Quando ha avuto la diagnosi del linfoma ha pensato subito a preservare la fertilità prima delle cure chemioterapiche?
«In realtà non è stata una mia idea, pensavo solo alla sopravvivenza. Sono stati i medici del centro ematologico dell’Umberto I di Roma a suggerirmi questo procedimento. Allora ho preso contatto con la dottoressa Raffaella Fabbri e sono venuta a Bologna. Mi hanno prelevato una parte di tessuto ovarico e poi l’hanno congelato, mentre io sono rientrata a Roma e ho iniziato a curarmi».
Come è andata?
«È stata molto dura, ho affrontato quattro cicli di chemio, poi non ho più risposto alle terapie. Allora ho cambiato il protocollo di cura: un’altra chemio più forte, un autotrapianto di cellule staminali, ancora chemio e poi radioterapia. Comunque ho vissuto tutto con il sorriso, ho un carattere forte e ho seguito il consiglio del professor Franco Mandelli – il noto ematologo scomparso lo scorso luglio (ndr) –, che mi visitò per primo e mi disse di affidarmi alla sua equipe».
Poi si è fatto strada il desiderio di diventare mamma?
«Sì. Dalla guarigione ho atteso cinque anni il via libera degli ematologi. Nel frattempo mi sono laureata e poi sono tornata a Bologna. Per due volte mi sono sottoposta al reimpianto del mio tessuto ovarico: è andato tutto bene, ma la gravidanza non è arrivata spontaneamente».
E allora?
«A quel punto ho detto basta: non potevamo sprecare del tempo e ci siamo rivolti al centro di procreazione assistita della professoressa Eleonora Porcu. A ottobre c’è stata la prima stimolazione ovarica, ma ho prodotto solo un follicolo. A novembre il secondo tentativo: si è formato anche l’ovocita, poi la fecondazione con gli spermatozoi del mio compagno e, dopo due giorni, mi è stato impiantato l’embrione. E ora l’attesa: per la precisione, sono di sei settimane e sei giorni. È bellissimo, racconto la mia esperienza per informare e incoraggiare le donne che potrebbero trovarsi nella mia condizione».
Redazione Nurse Times
Fonte: www.ilrestodelcarlino.it
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