Secondo l’accusa, il sanitario non utilizzò il defibrillatore elettrico presente sull’ambulanza.
Ricordate la triste storia di Marco Calabretta, bimbo di 9 anni morto il 25 settembre del 2015, morto su campo da calcio a Pineto (Teramo) per via di una fibrillazione ventricolare? Nei guai finì un infermiere del 118 di Teramo, accusato di omicidio colposo per aver omesso, come si legge nel capo d’imputazione, “di applicare prontamente al paziente – che si trovava a terra in uno stato di tachiaritmia ventricolare – l’unica terapia risolutrice, rappresentata dalla defibrillazione elettrica (nonostante l’ambulanza fosse dotata di defibrillatore, ndr), unitamente a manovre rianimatorie, in modo da interrompere grazie allo shock elettrico, la fibrillazione ventricolare”.
Durante l’udienza preliminare davanti al gup del Tribunale di Teramo (foto), tenutasi martedì scorso, l’uomo ha chiesto di essere ammesso al rito abbreviato, con la relativa udienza fissata per il mese di luglio. Il fascicolo sul suo conto, che questa estate aveva portato alla richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm, era stato aperto dopo la denuncia dei genitori di Marco e vedeva inizialmente indagati tutto l’equipaggio della prima ambulanza giunta sul campo da calcio. Al termine delle indagini, però, la Procura aveva stralciato le posizioni degli altri tre sanitari presenti sul mezzo.
In base al capo d’imputazione, all’infermiere si contesta inoltre di aver disposto “la mobilizzazione del paziente nell’autoambulanza 118 ancor prima che fosse ripristinato un qualunque stato di coscienza e, comunque, prima che giungesse il medico del 118”. L’uomo ha sempre sostenuto di aver utilizzato il defibrillatore, circostanza che tuttavia non sarebbe documentata.
Giuseppe Papagni
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