Nel seguente comunicato stampa le riflessioni di Antonio De Palma, presidente nazionale Nursing Up.
In tutta Italia gli studenti hanno sostenuto il test d’ingresso per frequentare i corsi di Infermieristica, ma i dati, ben poco edificanti, non rivelano affatto quei cambiamenti sperati che avrebbero dovuto invertire la rotta, rispetto agli anni precedenti. C’è ben poco da stare allegri!
Sono circa 21.000 gli studenti che hanno affrontato le prove per accedere agli atenei. I posti disponibili sono 20.435, in lieve aumento rispetto al precedente anno accademico (pensate, sono solo 377 in più). Le iscrizioni, invece, ancora una volta, sono in netto calo, e ci raccontano di un poco edificante – 10%, che poi è quasi il medesimo di 12 mesi fa (-10,5%).
Nel 2023 avevamo avuto 23.627 iscrizioni a Infermieristica, a fronte di 20.337 posti disponibili, con un calo del 10,5%, come già detto, rispetto al 2022. Nel 2024 abbiamo avuto 21.250 iscrizioni (a fronte dei già citati 20.435 posti): tutto questo ci regala un’altra sonora batosta con i numeri estremamente negativi fin qui indicati.
Ma non è finita qui, perché se nel 2010 avevamo avuto, udite udite, ben 46.281 iscrizioni ai test di ammissione di Infermieristica, i numeri, dal 2011 in poi, fino ad arrivare alle cifre attuali, sono stati e continuano a essere sempre in vertiginoso calo. Negli ultimi 15 anni siamo passati da un 46.281 a un 21.250. Le iscrizioni, quindi, si sono pericolosamente dimezzate!
C’è da chiedersi cosa accadrà tra altri 15 anni e poi tra altri 15 ancora. Non avremo più richieste per Infermieristica? L’ipotesi è funesta ma plausibile, qualora questo trend dovesse continuare. Ed è paradossale, che ministero e Regioni possano pensare di risolvere la situazione inventandosi soluzioni come quella dell’assistente infermiere.
Siamo di fronte a una decrescita evidente e pericolosa. Se calano gli iscritti alle selezioni di Infermieristica, diminuiranno anche gli ammessi al corso di laurea e di conseguenza non eleveremo certo il numero dei futuri laureati, senza dimenticare che un’altissima percentuale rinuncia nel primo e addirittura nel secondo anno di studi.
Non è difficile capire come mai la professione infermieristica non sia più così tanto nelle preferenze dei nostri giovani. In Italia il personale è sottopagato e, in proporzione rispetto ad altri Paesi, è anche numericamente tra i più deficitari. Questo si traduce in aumento del carico di lavoro sui singoli. La prospettiva professionale, per chi si iscrive, non è più così allettante. Eppure, in tantissimi fino a 15-20 anni fa, desideravano intraprendere questa professione. Cosa è cambiato?
È mutato il contesto, non possiamo nascondere la triste verità. Da una parte ci sono gli irrisolti e gravosi deficit che attanagliano il nostro sistema sanitario e rendono decisamente meno attraente, su tutte, la professione infermieristica.
Del resto tra retribuzioni poco dignitose, decisamente non al passo con l’elevato costo della vita, aggressioni e violenze quotidiane che almeno un infermiere su tre ha subito in carriera, turni massacranti legati alla disorganizzazione e a organici ridotti all’osso, scarse prospettive di carriera e malattie professionali in netto aumento, lo scenario è tutt’altro che edificante, e non invita certo alla corsa in massa alle iscrizioni, anche alla luce di una professione che rimane tra le più complesse da svolgere, considerate le elevate responsabilità di cui ci facciamo carico.
Dall’altra parte la curva demografica del nostro Paese indica che, a causa del costante invecchiamento della popolazione, ci sono sempre meno giovani in Italia, e di conseguenza diminuiscono vertiginosamente le persone che possono pensare di accedere a questo tipo di corsi di laurea.
E’ chiaro che una popolazione che invecchia ha più bisogno di cure, soprattutto infermieristiche, dal momento che, nonostante il desolante quadro appena delineato, rimaniamo noi i professionisti per eccellenza in grado di occuparsi delle long care e di assicurare maggiore presenza accanto al malato fuori e dentro le realtà ospedaliere, forti delle nostre competenze, in grado di portare avanti, come nessuno, quel percorso assistenziale di qualità di cui la collettività ha bisogno ogni giorno.
Non ci resta che rimboccarci le maniche e trovare, tutti insieme, nessuno escluso, strategie idonee a “ripopolare” una realtà infermieristica desolatamente sguarnita. Le nostre speranze, inutile negarlo, sono anche strettamente legate alla missione 6 del Pnrr, la cui scadenza del 31 dicembre 2026 non è poi così lontana. In tal senso, con la previsione di attivare 1.038 case della comunità, sarà indispensabile trovare nuovo personale per queste strutture.
Secondo le indicazioni Agenas, in queste strutture dovrebbe esserci assistenza infermieristica 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Ce la faremo a vincere questa sfida? Certo è che non possiamo permetterci ulteriori e pericolosi salti nel vuoto.
Redazione Nurse Times
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