Intervista a Stefano Chivetti, presidente dello Studio Auxilium (a cura di Opi Firenze-Pistoia).
“Il corso di laurea in Infermieristica dialoga con il mondo del lavoro”. È questo il titolo dell’evento che si è tenuto a Firenze, con l’obiettivo di fornire agli studenti di Infermieristica informazioni utili a facilitare un ingresso consapevole nel mondo del lavoro. Opi Firenze-Pistoia, ha voluto approfondire il tema, parlando delle opportunità offerte ai neolaureati dalla libera professione, con Stefano Chivetti (foto), infermiere libero professionista e presidente dello Studio Auxilium, studio associato nato nel 1995 nel Mugello, che organizza anche corsi accreditati per orientare il professionista alla libera professione.
«Partirei con una considerazione: oggi la libera professione rappresenta, per la stragrande maggioranza dei neolaureati, il primo approccio al mondo del lavoro – spiega Chivetti –. Tuttavia, la quasi totalità degli infermieri appena laureati che inizia l’attività come libero professionista lo fa senza avere la preparazione necessaria a immettersi in un contesto lavorativo particolare, non regolato come il lavoro dipendente. Si tratta di un problema non di poco conto perché espone i professionisti a insidie che possono metterli in seria difficoltà».
Qual è secondo lei il modo per risolvere questo tipo di problema?
«È necessaria una formazione propedeutica all’esercizio libero professionale: sarebbe auspicabile creare dei momenti dedicati nel percorso di studi, almeno alla fine del terzo anno del corso di laurea in infermieristica, per rendere i futuri infermieri più consapevoli di questo mondo che è molto particolare. Recentemente c’è stata una apertura da parte dell’Università di Firenze e insieme all’Ordine affronteremo questo problema offrendo la nostra piena disponibilità ad avviare un percorso in tal senso. Sarebbe un grande passo avanti, perché l’esigenza è veramente alta».
Perché è importante prepararsi per accedere alla libera professione?
«Gli infermieri non hanno una cultura vera e propria sulla libera professione; si tratta di un problema di cultura e conoscenza che va colmato con la formazione e l’informazione, entrando nel percorso di studi per offrire, in primo luogo, una panoramica sulle possibilità che la libera professione offre partendo ad esempio dall’analisi delle varie forme di esercizio libero professionale (studio associato, società tra professionisti, libera professione in forma singola) per poi analizzare anche l’attitudine di ogni infermiere a questa forma di esercizio professionale. Ogni forma di esercizio ha delle peculiarità che devono soddisfare anche le esigenze personali di ogni infermiere. Non tutti sanno che lo studio associato per esempio è un luogo dove l’infermiere condivide la propria esperienza professionale insieme a tanti altri colleghi, riuscendo a colmare eventuali deficit formativi o trasferendo le proprie competenze acquisite in altre esperienze lavorative ai suoi colleghi associati: un luogo insomma dove l’interscambio di “saperi” è una delle caratteristiche principali. Molti non sanno ad esempio che nella sede dell’Ordine di Firenze esiste uno sportello gestito dalla “Commissione permanente sulla libera professione” con l’obiettivo di dare supporto, indirizzo e informazioni a tutti coloro che ne sentono la necessità. Tutto ovviamente in modo completamente gratuito».
Quali sono i vantaggi che offre la libera professione?
«La libera professione innanzitutto deve essere una scelta; oggi il sistema fiscale agevola l’attività libero professionale in forma singola che nella quasi totalità dei casi viene scelta in attesa di un posto di lavoro che verrà. Questo, molto spesso, fa sì che si punti più a produrre lavoro che a rispettare determinati criteri, cosa che si ripercuote sulla dignità dei professionisti. Ad oggi la libera professione è vista come un momento di passaggio e questo è un errore di visione strategica: la libera professione dovrebbe rappresentare il punto di arrivo nella carriera lavorativa di un professionista o in ogni caso, l’avvio di un lungo percorso. Se osserviamo anche il nostro sistema sanitario regionale o quello di altre regioni ci rendiamo conto che la logica dell’integrazione pubblico/privato è frutto di una visione pragmatica e programmatica dei sistemi sanitari, che inevitabilmente offriranno spazi strategici ai liberi professionisti, soprattutto nelle forme aggregate come gli studi associati».
Perché, secondo lei, è ancora difficile accettare l’idea di un infermiere libero professionista?
«Si tratta di una problematica legata al riconoscimento sociale, un riconoscimento che la nostra professione ancora oggi non ha nella misura che meriterebbe. Mi spiego meglio: siamo ancora al punto di far capire che la nostra professione ha un valore così come quella medica o di altre professioni non sanitarie. Nell’immaginario collettivo l’infermiere lavora in ospedale o all’interno di strutture ed eroga prestazioni “gratuite”. Non c’è una cultura del regime libero professionale in cui, ad esempio, un infermiere è più indicato di un altro perché possiede competenze specifiche rispetto ad altri; e quelle competenze hanno un valore anche in termine di valorizzazione economica perché frutto di un sapere e di conoscenze acquisite con studi, formazione ed esperienza sul campo. È bene sempre ricordare che l’attività infermieristica è un vero e proprio processo di cura che deve essere attuato con appropriatezza e competenza».
Su cosa i neolaureati dovrebbero essere formati e informati?
«C’è necessità di dare un preciso indirizzo, perché nel nostro ambito non ci si può improvvisare. Credo che la libera professione possa essere un punto di partenza se poggia su basi formative e informative solide. Volendo portare un esempio fra tutti, inizierei a far conoscere il concetto di “onorario professionale” e non di “tariffa professionale”; impariamo a riconoscere tutti i valori da considerare nella definizione del compenso, senza svendersi. La libera professione va valutata attentamente sia nella forma che nella motivazione, non può essere un ripiego. E soprattutto non è sinonimo di precariato ma è una grande opportunità per esercitare la professione in un modo diverso, responsabile e in forma diversa dalla comune accezione. La precarietà trova spazio nella misura in cui ognuno di noi sente di essere un libero professionista precario, in attesa che giunga quel posto di lavoro tanto atteso. Io, come molti altri professionisti, rivendico con orgoglio la nostra scelta che ci offre ogni giorno tante soddisfazioni professionali in una sfida sempre nuova per rimanere sempre e in ogni modo al fianco di ogni persona che ha necessità di noi. Siamo infermieri, perfettamente identici a chi ha scelto di esercitare la professione come dipendente. Questo credo, rappresenta un grande valoro aggiunto della nostra categoria professionale che guarda tutta verso lo stesso obiettivo: la tutela delle persone in ogni contesto in cui esse si trovino».
Redazione Nurse Times
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