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Infermiera assolta per la morte di una bimba dopo una diagnosi errata: mentì per salvare se stessa

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Infermiera assolta per la morte di una bimba dopo una diagnosi errata: mentì per salvare se stessa
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Nel processo per la morte di una bambina di quattro anni avvenuta a causa di una diagnosi errata al Policlinico Sant’Orsola di Bologna nell’ottobre del 2020, una delle infermiere incriminate è stata assolta dal reato di favoreggiamento nei confronti dei medici che hanno commesso l’errore. La giudice Valeria Bolici ha ammesso che l’infermiera ha effettivamente mentito nelle sue dichiarazioni, ma non può essere punita perché era costretta dalla necessità di salvare se stessa.

Stando ai risultati delle indagini e alle motivazioni della sentenza, l’infermiera ha rilasciato false dichiarazioni sia in una relazione infermieristica sottoscritta il 21 ottobre 2020 sia nelle informazioni fornite alla polizia giudiziaria. La giudice ha sottolineato che le false dichiarazioni sono state rese per evitare un procedimento penale a proprio carico, ipotizzando una sua responsabilità per il concorso nell’omicidio colposo e per il reato di falsità ideologica in atto pubblico in relazione alle annotazioni inserite in cartella clinica.

L’errore nella diagnosi medica è stato gravissimo: nonostante due accessi al pronto soccorso, due ecografie e i gravi sintomi riportati dalla bambina, i medici non si sono accorti di un’occlusione intestinale che ha portato la bambina alla morte per disidratazione, scambiandola per gastroenterite.

Secondo quanto riportato nella sentenza, se l’infermiera avesse reso dichiarazioni veritiere, le autorità inquirenti avrebbero avuto ragione di aprire un procedimento penale a suo carico, ipotizzando una sua responsabilità sia per il concorso nell’omicidio colposo sia per il delitto di falsità ideologica in atto pubblico in relazione alle annotazioni inserite dall’imputata in cartella clinica.

La madre della bambina, Barbara Speranza, ha ricostruito il dramma vissuto dalla bambina e dalla famiglia: la bambina rimetteva da più di 24 ore, era in stato comatoso, delirava e rantolava per il dolore. Lei chiese aiuto più volte durante la sera e la notte, ma i sanitari sembravano non prendere sul serio la situazione. Secondo la ricostruzione della madre, è del tutto “implausibile” che la bambina potesse aver manifestato dolore al pancino solo alle 18 ed essere rimasta asintomatica fino al decesso alle 2 del mattino, se non per un solo episodio di vomito.

In conclusione, la giudice ha sottolineato che tutti i coinvolti hanno mentito per coprire il madornale errore e persino la crudezza degli atteggiamenti esibiti nei confronti della mamma, trattata come una seccatura. Comportamenti che, secondo la giudice, avrebbero potuto innescare un procedimento disciplinare a carico dell’infermiera in ragione della particolare gravità.

Nonostante la tragedia, il dolore e la rabbia della madre, la sentenza ha assolto l’infermiera dal reato di favoreggiamento nei confronti dei medici che hanno commesso l’errore, riconoscendo che l’infermiera era costretta dalla necessità di salvare se stessa.

Redazione Nurse Times

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