La vicenda risale al giorno di Natale del 2017, quando a Perugia un 55enne, colto da malore, morì durante il trasporto in ospedale con un’ambulanza non medicalizzata. Assolta l’infermiera a bordo del mezzo e condannato il collega centralinista del 118: tutto il contrario di quanto chiesto dal pm.
A Perugia un infermiere accusato di omicidio colposo per non aver saputo riconoscere un infarto in corso, scambiandolo per gastroenterite, è stato condannato a otto mesi di reclusione (pena sospesa)
I fatti risalgono al giorno di Natale del 2017, quando un 55enne accusò un malore e morì durante il tragitto verso l’ospedale Santa Maria della Misericordia. Per la Procura della Repubblica ci sarebbero stati “elementi di colpa, perché non furono rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali e le linee guida ospedaliere”.
Secondo l’accusa, la scelta di inviare un’ambulanza non medicalizzata si rivelò sbagliata, perché le linee guida individuano senza alcun dubbio una situazione critica nel caso di dolore al torace e “si raccomanda che nella definizione del codice prevalga il sintomo più critico”. Una tesi supportata da una perizia medico legale secondo la quale il 55enne poteva essere salvato con un intervento appropriato.
Il paziente fu infatti trasferito all’ospedale con un’ambulanza su cui c’era soltanto una infermiera, senza ecocardiografo e senza defibrillatore, e sarebbe addirittura sceso da solo, dal quarto piano del palazzo dove viveva, per raggiungere il mezzo di soccorso.
Le indagini si erano concluse con il rinvio a giudizio di due infermieri: il centralinista del 118 e la collega che andò a casa del 55enne. Il pm aveva chiesto di assolvere il primo e condannare la seconda, ma il Tribunale ha fatto l’esatto contrario: assolta l’infermiera e condannato il collega centralinista. La sentenza ha inoltre stabilito una provvisionale di 100mila euro per i famigliari dell’uomo deceduto, che si erano costituiti parte civile.
Redazione Nurse Times
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