ANCHE PER IL TRIBUNALE DI BARI VALE COME ORARIO DI LAVORO E VA RETRIBUITO
Si va affermando anche presso il Tribunale di Bari, dopo alcuni esiti di segno diverso, l’orientamento già presente in diverse pronunce di Cassazione (l’ultima è del 7 maggio) secondo cui le operazioni di vestizione/svestizione del personale sanitario ad inizio e fine turno costituiscono tempo di lavoro effettivo e per questo danno diritto alla retribuzione.
Le procedure di vestizione e svestizione “non sono solo nell’interesse del datore di lavoro, ma di un più ampio interesse di igiene pubblica e di incolumità di lavoratore e utenti”. Sono, quindi, da effettuarsi necessariamente negli stessi ambienti dell’Azienda e non a casa, prima dell’entrata e dopo l’uscita dai relativi reparti.
La riferita sentenza di Cassazione del 7 maggio 2020 è l’ultima sul piano temporale. Questa motiva il riconoscimento del diritto al pagamento del tempo di vestizione utilizzando argomenti giuridici chiari e completi.
Si ritiene che l’attività di vestizione attiene a comportamenti integrativi dell’obbligazione principale. “È funzionale al corretto espletamento dei doveri di diligenza preparatoria”. Costituisce, altresì, attività svolta non (o non soltanto) nell’interesse dell’Azienda, ma dell’igiene pubblica, imposta dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene”.
Il tempo di vestizione/svestizione in passato e oggi
Pertanto, tutto questo dà diritto alla retribuzione. Anche nel silenzio della contrattazione integrativa. Infatti, proprio per le peculiarità che la connotano, deve ritenersi implicitamente autorizzata dal datore di lavoro.
In passato non pochi dubbi c’erano sulla questione. Allorquando, cioè, fossero mancate espresse disposizioni del datore sulle modalità di effettuazione di queste operazioni accessorie rispetto alla prestazione principale dovuta.
Il problema interpretativo si supera con il concetto di eterodirezione implicita o indiretta. Questa si ha tutte le volte in cui il lavoratore non è libero di vestirsi o svestirsi per il suo lavoro dove voglia. E sussiste, quindi, l’obbligo di farlo sul luogo di lavoro, anche in mancanza di specifiche ed espresse indicazioni aziendali.
Fonte: Nicola Roberto Toscano & Patners
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