Spesso il soccorritore può imbattersi in situazioni particolarmente delicate che richiedono più di altre efficaci capacità comunicative e relazionali. Situazioni particolari sono quelle in cui ci si trova di fronte un assistito definito “difficile”.
I pazienti difficili sono coloro che ci fanno sentire frustrati, inetti, a disagio, una persona i cui comportamenti causano difficoltà agli altri. In queste occasioni, il fattore più importante da ricordare è che non si può controllare il comportamento degli altri; ma imparando a pilotare i propri comportamenti possiamo influenzarli in modo costruttivo.
Il tossicodipendente, l’alcolista, il paziente psichiatrico, a causa dell’abuso di sostanze o per determinate patologie, sviluppano disturbi comportamentali che si possono manifestare attraverso:
- Violenza e aggressività;
- Non collaborazione/chiusura in sé stessi.
Il soccorritore può essere molto condizionato da questi comportamenti, proprio per questo motivo può succedere di:
- Non essere in grado di mantenere la calma;
- Reagire in maniera scorretta;
- Non compiere in modo adeguato il proprio lavoro;
- Essere vittima di manipolazione;
- Sentirsi in colpa, ansioso, frustrato, disturbato.
Per evitare l’instaurarsi di processi relazionali negativi, il soccorritore deve mantenere un atteggiamento professionale e rispettoso nei confronti dell’assistito, anche nel caso in cui prevalgano atteggiamenti aggressivi e di chiusura in sé stessi.
Possibilmente è necessario cercare un rapporto verbale e diretto con il paziente, al fine di comprendere l’offerta di aiuto, senza mentire o utilizzare espressioni poco chiare e fraintendibili. Deve mostrare sicurezza ma non aggressività e non rispondere agli insulti, ma soprattutto non deve mai dimenticare di operare in sicurezza, la collaborazione con il proprio team e il buon senso.
Psicologia dell’emergenza: questa sconosciuta…
È il ricevente del messaggio che viene comunicato, nonché il soccorritore stesso, che subisce effetti positivi e negativi relativi al processo comunicativo. È proprio per questo motivo che può imbattersi in importanti processi di destabilizzazione emozionale in particolari servizi che necessitano un maggior impegno psico-fisico e/o una grande carica emozionale. Eventi come quelli sottoelencati, infatti, possono sottoporlo a un forte stress psicologico:
- Neonati e bambini.
Vittime di incidenti stradali o catastrofi naturali:
- Persone gravemente ferite;
- Amici o componenti familiari;
- Assistere a uno o più decessi durante un’unica missione.
Quando accadono questi eventi il soccorritore è il primo ad intervenire e di conseguenza anche il primo a sperimentare svariati sentimenti come angoscia, impotenza, ansia, disperazione.
Essere cosciente delle proprie reazioni e imparare a gestire lo stress derivante dagli interventi di soccorso, può essere utile al volontario e alla squadra affinché tutti i componenti possano relazionarsi al meglio. La psicologia dell’emergenza tratta di un particolare ambito di studio che ha lo scopo di salvaguardare l’equilibrio psichico delle vittime, dei familiari e dei soccorritori che hanno assistito a eventi traumatici e aiuta a comprendere le svariate reazioni che può avere il soccorritore durante un soccorso; ecco qua le varie fasi che la compongono:
Allarme: una chiamata dal 118/112 richiede di intervenire per un accaduto particolarmente grave. Il soccorritore subisce inizialmente uno stato di stordimento, ansia, irritabilità, irrequietezza, accompagnato da determinate reazioni fisiche (aumento frequenza cardiaca, aumento della pressione arteriosa, difficoltà respiratoria) e può avvertire un senso di disorientamento.
Mobilitazione: si tratta della fase preparatoria, in cui il soccorritore recupera l’autocontrollo e si prepara per intervenire.
Azione: inizio dell’intervento, caratterizzato da un mix di emozioni contrastanti come euforia, delusione, inettitudine, senso di colpa, infelicità, rabbia. A livello fisico il soccorritore vive l’aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e della frequenza respiratoria, avverte nausea e aumentata sudorazione, può presentare difficoltà di memoria, può sentirsi disorientato ed in confusione.
“Rilascio della tensione”: avviene tra la fine dell’intervento e il ritorno alla vita quotidiana del soccorritore. Qui le emozioni, represse durante l’azione, riemergono negli aspetti di tutti i giorni.
I soccorritori di norma reagiscono abbastanza bene queste situazioni, qualche volta però può nascere un disturbo post-intervento traumatico da stress che porta il soccorritore a rivivere l’evento in modi diversi:
- Ricordi negativi;
- Sogni spiacevoli;
- Impressione di rivivere nuovamente un evento.
Vi sono varie modalità per ridurre l’impatto emotivo dei vari interventi traumatici sui soccorritori.
Il debriefing, ad esempio, sarebbe un’ottima tecnica che la squadra d’emergenza dovrebbe utilizzare dopo un qualsiasi intervento particolarmente critico. Questa pratica aiuta il gruppo a ritornare alla normale vita quotidiana rendendo stabili le emozioni, normalizzando l’esperienza stessa e fortificando il rapporto all’interno del team.
Di solito il debriefing si dovrebbe svolgere tra le 24 e 96 ore dopo l’intervento e dovrebbero essere affrontati in progressione fatti, pensieri, emozioni, sensazioni e sintomi per comprendere meglio l’accaduto. Nel gruppo le persone possono confrontarsi, condividere le difficoltà, trovare e attuare durante il soccorso nuove tecniche: le capacità dei singoli possono emergere solo grazie ad un’approfondita conoscenza del team.
Inoltre, se i membri di un team di soccorso condividessero e imparassero a conoscere i propri pensieri e le proprie idee nati dagli interventi, sicuramente si accrescerebbe la qualità dei servizi futuri.
Tantissime società scientifiche, in primis l’American Heart Association, raccomandano l’utilizzo di buone dinamiche di team e di sedute di debriefing. Durante i percorsi formativi sia di base che avanzati rivolte ai sanitari, vengono inserite lezioni specifiche per imparare a comunicare e a discutere degli eventi di soccorso in maniera adeguata.
Arianna Michi
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