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Il Rapporto OASI traccia la via per valorizzare gli infermieri

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«Per migliorare attrattività e fidelizzazione occorre intervenire su più livelli: istituzionale, attraverso politiche coordinate di reclutamento e formazione; organizzativo, tramite modelli flessibili di selezione e inserimento; professionale, valorizzando la leadership infermieristica e le opportunità di crescita. Le aziende sanitarie, sebbene operino in un quadro normativo vincolante, dispongono di margini strategici per innovare i processi di gestione delle risorse umane e rafforzare il senso di appartenenza dei professionisti». È questo uno dei passaggi più significativi che il 26° Rapporto OASI dedica alla professione infermieristica, ritenuta uno dei cardini dell’intero sistema salute italiano. Alla presentazione ufficiale, per la FNOPI, è intervenuto il tesoriere nazionale Carmelo Gagliano.

Un SSN “con la coperta corta”

Il Rapporto dell’Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema sanitario Italiano (OASI), presentato dal Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale (Cergas) della SDA Bocconi School of Management, fotografa un Servizio sanitario nazionale con la «coperta corta, tra bisogni crescenti e risorse limitate».

Lo studio smonta tre “narrazioni consolatorie” che dominano il dibattito pubblico – più risorse, più efficienza, meno liste d’attesa – evidenziando come queste soluzioni offrano risposte parziali ed evitino il nodo centrale: in un contesto di risorse limitate e domanda non governata, il SSN deve individuare priorità chiare. La sostenibilità dell’universalismo passa necessariamente da un percorso di profonda riallocazione delle risorse, valorizzazione del personale e dall’identificazione delle priorità di intervento, definendo chi viene prima, con quali servizi e con quale intensità assistenziale.

La carenza infermieristica: numeri di una crisi annunciata

In questo quadro, uno dei focus principali del Rapporto è dedicato agli infermieri, figure ritenute essenziali per la sostenibilità del sistema, e alle criticità affrontate dalla professione. Un primo dato preso in considerazione riguarda il reclutamento: nel 2025 le domande per i corsi di laurea in Infermieristica hanno coperto meno dei posti disponibili. Un elemento che contrasta con la crescente carenza di personale sul campo ma che, lo stesso Rapporto, suggerisce di rivalutare alla luce degli esiti del “semestre filtro” di Medicina e del “ritorno” di molti iscritti ad Infermieristica.

Il Cergas documenta nel dettaglio lo squilibrio delle professioni sanitarie. Tra il 2019 e il 2023, il personale infermieristico e ostetrico è aumentato del 7,8%, raggiungendo le 289.545 unità, ma questa crescita risulta del tutto insufficiente rispetto ai bisogni. Con 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, l’Italia si colloca ben al di sotto della media dell’Unione Europea di 8,4. Ancora più significativo è il rapporto tra medici e infermieri: solo 1,3 infermieri per medico, contro valori compresi tra 2,6 e 2,9 in Paesi come Francia, Germania e Regno Unito.

Il paradosso è stridente: mentre i posti a Medicina sono quasi raddoppiati in dieci anni (da 10.500 nel 2014 a 19.500 nel 2024, destinati a raggiungere quota 24.000 con l’introduzione del semestre filtro), prefigurando un ritorno alla pletora medica con migliaia di professionisti destinati alla sotto-occupazione, la professione infermieristica fatica ad attrarre giovani proprio quando il sistema ne avrebbe più bisogno. A questo si aggiunge l’età media elevata dei dipendenti del SSN e la rilevante quota di burn-out che si manifesta con assenteismo e richieste di mansioni meno onerose.

Le strategie vincenti per attrarre e trattenere

Interessante il capitolo del Rapporto OASI dedicato ad analizzare le strategie di reclutamento e retention, cioè fidelizzazione, del personale infermieristico adottate da cinque aziende sanitarie italiane (Azienda Sanitaria Locale CN2 Alba – Bra, ASST Cremona, AOU Padova, AUSL Piacenza, AUSL Toscana Centro). L’indagine, che ha coinvolto anche 68 infermieri neoassunti, evidenzia come le organizzazioni sanitarie dispongano di margini strategici significativi per innovare, nonostante operino in un quadro normativo vincolante.

Le pratiche più efficaci si concentrano su tre ambiti. Nel reclutamento, cresce l’impegno nella promozione precoce della professione attraverso attività nelle scuole superiori, campagne territoriali, partnership con le università, utilizzo di operatori sanitari come “ambassador”, open day e laboratori pratici.

Nella selezione, alcune aziende hanno introdotto strumenti più flessibili – bandi aperti senza scadenza, contratti a tempo determinato pubblicati in prossimità delle date di laurea, procedure da remoto per candidati provenienti da altre regioni – per velocizzare le assunzioni e intercettare immediatamente i neolaureati.

Nell’inserimento, emergono pratiche innovative di onboarding strutturato: colloqui di accoglienza, assessment delle competenze, piani di sviluppo individuali, affiancamento con tutor clinici incentivati economicamente, figure di mentor stabili con formazione dedicata su strategie comunicative ed educative.

Particolarmente interessanti risultano le iniziative durante il percorso universitario per consolidare l’orientamento professionale e ridurre il rischio di abbandono: progetti come le “Unità Assistenziali Apprendimento Clinico” che responsabilizzano gli studenti del primo anno nella presa in carico di un gruppo di pazienti, affiancati da peer educator e tutor; il “tirocinio di transizione” al terzo anno che assegna agli studenti un gruppo di pazienti in sostanziale autonomia sotto supervisione, riducendo lo shock del carico emotivo al momento dell’assunzione.

Un elemento innovativo del Rapporto è l’esperimento di scelta discreta condotto per comprendere quali caratteristiche dei programmi di inserimento risultino più motivanti. I risultati indicano una chiara predilezione per programmi strutturati che includano supporto costante da parte di un professionista dedicato, con introduzione graduale dell’autonomia, feedback regolari attraverso incontri periodici con un tutor e formazione mista che affianchi ai momenti in reparto materiali digitali consultabili liberamente. Tra questi fattori, quello che spinge maggiormente la motivazione è la presenza di un supporto alla transizione da parte di un professionista, seguito dall’offerta di formazione e dalla presenza di feedback periodici.

Le criticità percepite dai giovani professionisti

Tutto questo ha come obiettivo contrastare le criticità che l’indagine ha rilevato intervistando infermieri con meno di due anni di servizio (campione a prevalenza femminile, 79%, con laurea triennale, 88%) e da cui emerge un quadro fortemente polarizzato. Se il 61% si dichiara complessivamente soddisfatto del proprio lavoro, oltre un infermiere su cinque (21%) risulta insoddisfatto e un ulteriore 18% si colloca in posizione neutrale. Più preoccupante ancora: il 22% pensa frequentemente di lasciare l’attuale datore di lavoro e il 16% considera probabile abbandonare l’organizzazione entro l’anno successivo.

Le criticità più rilevanti riguardano diversi aspetti dell’ambiente di lavoro. Sul fronte organizzativo, oltre il 60% dei rispondenti segnala un ridotto coinvolgimento nella vita organizzativa dell’ospedale, con scarsa capacità dei dirigenti di ascoltare e rispondere alle preoccupazioni del personale e minor autorevolezza dei responsabili infermieristici rispetto ad altri quadri dirigenziali. La maggior parte lamenta limitate opportunità di avanzamento professionale e sviluppo della carriera. Un fattore critico di demotivazione è la percezione di una dotazione organica insufficiente: secondo i neoassunti non è presente un numero adeguato di infermieri né per offrire assistenza di qualità al paziente né per portare a termine il lavoro.

Il passaggio da studente a professionista genera sensazioni di ansia, disorientamento e incertezza. Circa il 60% dichiara di sentirsi sopraffatto da carichi di lavoro eccessivi, più gravosi del previsto, e ritiene che manchi il tempo durante il lavoro (69%), arrivando a dubitare della possibilità di praticare un’assistenza infermieristica ideale in ospedale (71%). Per metà dei rispondenti questo ha un impatto negativo sul bilanciamento con la vita personale. Il 54% lamenta che le numerose mansioni amministrative impediscano di fornire un’assistenza adeguata ai pazienti, arrivando a riconoscere una forte discrepanza tra l’immagine dell’infermiere immaginata e quella sperimentata nella realtà (50%). Il 57% percepisce limiti nelle proprie conoscenze professionali applicabili alla pratica infermieristica.

Le nuove sfide organizzative

Il tema dell’infermieristica nel Rapporto si intreccia con la questione della prossimità dei servizi. Con 9.000 ambulatori e 2.400 Case della Comunità previste dal PNRR, il rischio è aumentare la frammentazione anziché razionalizzare l’offerta. Il DM 77 e i nuovi setting finanziati dal PNRR (Case della Comunità, Ospedali di Comunità, ADI potenziata, ruolo di IFeC, PUA, 116117, COT) aprono un’ulteriore finestra di opportunità strategiche ma pongono anche una sfida: nessuna azienda sanitaria disporrà del numero sufficiente di personale infermieristico per popolare con pari saturazione tutti questi servizi. Di conseguenza, occorre definire a quale setting dare priorità nei singoli contesti distrettuali, potendo diversificare anche all’interno della singola azienda.

Il Rapporto OASI evidenzia inoltre come la frammentazione delle 22 professioni sanitarie riconosciute in Italia generi rigidità organizzative che ostacolano la flessibilità necessaria ad affrontare le sfide attuali. La ricomposizione delle frammentazioni professionali garantirebbe risparmi e maggiore flessibilità, rendendo possibili nuovi modelli di lavoro professionale: équipe itineranti, uso estensivo di servizi da remoto, reti hub and spoke che coniughino interessi professionali ed esigenze delle comunità nelle aree interne.

Le raccomandazioni per il futuro

Il Rapporto OASI formula raccomandazioni precise e urgenti. È indispensabile ridimensionare i numeri a Medicina, mentre occorre investire massicciamente sulle vocazioni per le professioni sanitarie oggi poco considerate dai giovani, in primis quella infermieristica. Le aziende devono lavorare per definire percorsi di carriera chiari, modelli di riconoscimento del contributo professionale non solo economici, e iniziative finalizzate a supportare il benessere dei dipendenti attraverso momenti di debriefing, supporto psicologico, forme di welfare aziendale.

Sul piano strategico, conclude il Rapporto, occorre superare la narrazione secondo cui “mancano semplicemente gli infermieri” e affrontare il tema con una diversa agenda di lavoro che includa la ricomposizione delle frammentazioni professionali, nuovi modelli organizzativi che valorizzino la distribuzione territoriale delle competenze, la digitalizzazione dei servizi che liberi tempo per l’assistenza diretta, la definizione di priorità chiare nell’allocazione delle risorse umane tra i diversi setting assistenziali.

Senza un deciso cambio di rotta che renda più attrattiva la professione infermieristica e ne valorizzi pienamente il ruolo strategico nel sistema sanitario, il SSN rischia di non poter garantire quella sostenibilità dell’universalismo che il Rapporto OASI indica come priorità assoluta per i prossimi decenni.

Per saperne di piùhttps://cergas.unibocconi.eu/oasi-2025

Redazione Nurse Times

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