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Il Procedimento disciplinare del dipendente pubblico

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Il Procedimento disciplinare del dipendente pubblico secondo il Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e la Legge delega n. 124/2015

Dal  31 ottobre 2009 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150  “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

Il provvedimento è volto all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

Dal 28/08/2015 è entrata in vigore la Legge delega n. 124/2015 Riforma Madia che affronta svariati temi, dal patrimonio dello Stato, la burocrazia, le società a partecipazione pubblica e, i rapporti di pubblico impiego.

Quotidianamente leggiamo articoli di giornale  o assistiamo a trasmissioni televisive in cui dipendenti pubblici vengono chiamati in causa in quanto colpevoli di condotte oggetto di procedimenti disciplinari.

Il Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 Riforma Brunetta  all’ Art. 69 vengono prese in considerazione le disposizioni relative al procedimento disciplinare.

Per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, anche in posizione di comando o di fuori ruolo, senza indugio e comunque non oltre venti giorni contesta per iscritto l’addebito al dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, con l’eventuale assistenza di un procuratore, di un professionista sanitario legale forense, ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni.

Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa.

Dopo l’espletamento dell’eventuale ulteriore attività istruttoria, il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l’atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell’addebito.

In caso di differimento superiore a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del procedimento e’ prorogato in misura corrispondente. Il differimento può essere disposto per una sola volta nel corso del procedimento. La violazione dei termini stabiliti nel presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa.

Per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo il responsabile della struttura, se non ha qualifica dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare e’ più grave trasmette gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all’ufficio individuato, dandone contestuale comunicazione all’interessato.

Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Il predetto ufficio contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento.

Alle infrazioni per le quali è previsto il rimprovero verbale si applica la disciplina stabilita dal contratto collettivo.

Ogni comunicazione al dipendente, nell’ambito del procedimento disciplinare, è effettuata tramite posta elettronica certificata, nel caso in cui il dipendente dispone di idonea casella di posta, ovvero tramite consegna a mano o con raccomandata con ricevuta di ritorno. Per le comunicazioni successive alla contestazione dell’addebito, il dipendente può indicare, altresì, un numero di fax, di cui egli o il suo procuratore abbia la disponibilità. Il dipendente, (ai sensi della Legge n. 241/1990, con successive modifiche dalla Legge n. 15/2005) può esercitare il diritto di accesso a tutti gli atti in possesso dell’ente che lo riguardino direttamente.

All’interno delle modalità di svolgimento della procedura disciplinare, svolge un ruolo molto importante la figura del Professionista Sanitario Legale e Forense.

Sinteticamente le fasi del procedimento disciplinare sono quattro:

  1. Fase preistruttoria: si apre con la conoscenza del fatto specifico. Da questo momento decorrono 20 giorni di tempo per poter procedere alla contestazione formale. Quest’ultima può essere effettuata direttamente dal dirigente (quando la sanzione disciplinare non ecceda la censura scritta) ovvero dall’ufficio procedimenti disciplinari (quando la sanzione da irrogare sia più pesante), previa trasmissione ad esso da parte dei dirigenti. In questa fase il dirigente acquisisce ulteriori elementi, anche in direzione della individuazione del responsabile. La contestazione potrà essere disposta solo in presenza di contestazioni specifiche e puntuali da evidenziare nello specifico provvedimento. In questa fase si deve inoltre accertare se vi sono mancanze addebitate al dipendente nel corso dei due anni precedenti, al fine di valutare condizioni di recidiva che influiscono sulla sanzione disciplinare. Occorre inoltre valutare se è pendente per lo stesso fatto un procedimento penale o se esso vada aperto.
  2. Fase della contestazione: si traduce in due momenti: la contestazione dell’addebito e la convocazione del dipendente per essere sentito a sua difesa. I termini sono fissati direttamente dal CCNL (e dal DLgs n. 165/2001, art. 55) e sono da intendersi come vincolanti, in particolare per ciò che riguarda il termine di 20 giorni dalla notizia del fatto o dalla trasmissione all’ufficio procedimenti disciplinari. Viene prescritta la necessità della forma scritta. La contestazione deve essere formalizzata attraverso gli strumenti previsti dalla normativa in materia di notificazioni, ed occorre garantire il rispetto della privacy, per cui essa può essere disposta unicamente attraverso una busta chiusa.
  3. Fase di garanzia: si articola in due momenti: l’audizione del dipendente (è un obbligo per le amministrazioni) e la garanzia del diritto di accesso. Il dipendente può farsi assistere da un legale, rappresentante sindacale o Infermiere Legale Forense. È opportuno che di tale audizione venga redatto un apposito verbale. Questa fase deve essere svolta entro 15 giorni e l’ente non può assumere decisioni senza aver svolto questo passaggio, fatto salvo il caso in cui esso non sia stato esercitato per volontà del dipendente. In questa fase, il dipendente, (ai sensi della Legge n. 241/1990, con successive modifiche dalla Legge n. 15/2005) può esercitare il diritto di accesso a tutti gli atti in possesso dell’ente che lo riguardino direttamente.
  4. Fase di decisione: si deve concludere entro 120 giorni dalla sua apertura, termine che è imposto in modo vincolante e la cui inosservanza è sanzionata con la irregolarità della condanna. In caso di sussistenza del fatto occorre tenere in considerazione i criteri generali che di seguito verranno trattati.

I CRITERI GENERALI (ottemperati dal CODICE DISCIPLINARE previsto nel CCNL) attualmente in vigore per commisurare la gravità delle sanzioni sono argomento di valutazione tecnico-infermieristica operata dall’Infermiere legale e forense.

Ad esempio, la valutazione del grado di negligenza, imprudenza o imperizia del dipendente Infermiere; così come quella relativa alla rilevanza degli obblighi violati o alla valutazione del comportamento del lavoratore.

I criteri attualmente in vigore sono:

  • Intenzionalità (dolo) del comportamento, grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell’evento( colpa);
  • rilevanza degli obblighi violati;
  • responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente;
  • grado di danno o pericolo causato all’azienda o ente, agli utenti o terzi ovvero al disservizio determinatosi;
  • sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti;
  • Concorso nella mancanza di più lavoratori in accordo tra di loro.

Fra gli obblighi che, in ragione del contratto collettivo sanità, il lavoratore è tenuto ad osservare, si segnalano, a titolo meramente esemplificativo, i seguenti contenuti nell’articolo 28 “obblighi del dipendente”:

  • rispettare il segreto d’ufficio;
  • non utilizzare a fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d’ufficio;
  • fornire tutte le informazioni cui il cittadino abbia titolo, nel rispetto delle disposizioni in materia di trasparenza e di accesso all’attività amministrativa;
  • rispettare l’orario di lavoro;
  • durante l’orario di lavoro, mantenere nei rapporti interpersonali e con gli utenti condotta uniformata a principi di correttezza ed astenersi da comportamenti lesivi della dignità della persona;
  • non attendere durante l’orario di lavoro ad occupazioni non attinenti al servizio e, nei periodi di malattia od infortunio, ad attività che possono ritardarne il recupero psico-fisico;
  • eseguire le disposizioni inerenti all’espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartiti dai superiori. Se ritiene che la disposizione sia palesemente illegittima, il dipendente è tenuto a farne immediata e motivata contestazione a chi l’ha impartita, dichiarandone le ragioni; se la disposizione è rinnovata per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione, salvo che la disposizione stessa sia vietata dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo;
  • avere cura dei beni strumentali a lui affidati;
  • vigilare sul corretto espletamento dell’attività del personale sottordinato ove tale compito rientri nelle proprie responsabilità;
  • non valersi di quanto è di proprietà dell’azienda o ente per ragioni che non siano di servizio;
  • in caso di malattia, dare tempestivo avviso all’ufficio di appartenenza ed inviare il certificato medico (telematico), salvo comprovato impedimento;
  • ecc…

Il quadro delle sanzioni disciplinari previste, come detto, dai contratti e dalle norme è collegato alla diversa importanza e gravità delle infrazioni commesse. L’articolo 29 prevede:

  1. Rimprovero verbale: È una sanzione minima, per trasgressioni di modestissima entità; va comunque sempre trascritto per evitare il reiterare dei reati;
  2. Rimprovero scritto (censura): È una dichiarazione scritta di biasimo per trasgressioni di lieve entità;
  3. Multa: È una sanzione pecuniaria, di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione;
  4. Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni;
  5. Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di 6 mesi;
  6. Licenziamento con preavviso
  7. Licenziamento senza preavviso

Nel contratto collettivo e nella legge sono descritti i casi (le ipotesi di infrazione) di violazione dei doveri che, se si verificano, fanno scattare il procedimento disciplinare; questi casi sono stati divisi in quattro gruppi; il primo gruppo include i casi meno gravi, punibili con le sanzioni meno gravi che vanno dal rimprovero verbale alla multa;e così via, fino ai gruppi di casi più gravi, puniti con il licenziamento.

In caso di dimissioni del dipendente, se per l’infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Art. 55-ter (Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale). – 1. Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni di minore gravità, di non e’ ammessa la sospensione del procedimento. Per le infrazioni di maggiore gravità, l’ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.

Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l’irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso, l’autorità competente, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale.

Se il procedimento disciplinare si conclude con l’archiviazione ed il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l’autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare e’ riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne e’ stata applicata una diversa.

Licenziamento disciplinare.

Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:

a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;

b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione;

c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio;

d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;

e) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;

f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale e’ prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro.

Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l’amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54.

Nei casi delle lettere a), d), e) ed f), il licenziamento e’ senza preavviso.

False attestazioni o certificazioni. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia e’ punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.

Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l’amministrazione e limitazione della responsabilità per l’esercizio dell’azione disciplinare. La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54, comporta l’applicazione nei suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per l’applicazione di un’altra sanzione disciplinare, della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità del risarcimento.

Nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.

In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica e’ inviata per via telematica, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all’Istituto nazionale della previdenza sociale, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente, e in particolare dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall’articolo 50, comma 5-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, introdotto dall’articolo 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dal predetto Istituto e’ immediatamente inoltrata, con le medesime modalità, all’amministrazione interessata.

I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che svolgono attività a contatto con il pubblico sono tenuti a rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l’uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro.

Per quanto riguarda invece la Legge delega n. 124/2015 Riforma Madia l’articolo di riferimento è il 17. Il tema della lotta agli assenteisti è affrontato (i) al comma 1 – lettera l), il quale prevede una stretta sulla diffusa prassi dei falsi certificati medici per assentarsi dal lavoro, con lo stanziamento di nuove risorse e l’affidamento di ulteriori poteri in capo all’INPS; (ii) al comma 1 – lettera s), che mira a introdurre “norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare”. Quest’ultimo comma sarebbe la base su cui fondare il licenziamento entro 48 ore.

Il tema della responsabilità disciplinare appare particolarmente rilevante per promuovere l’azione del Professionista Sanitario Legale e Forense, in quanto è costui ad essere in possesso delle competenze tecniche sanitarie necessarie per operare una difesa quando chiamato ad intervenire in un procedimento disciplinare di determinati dipendenti sanitari/colleghi, per supportare l’accusa del datore di lavoro in altri casi, per consentire in certe circostanze una migliore valutazione del grado di colpevolezza o, più in generale, per permettere una valutazione più meditata delle violazioni del codice disciplinare.

Si ringrazia per la collaborazione l’Associazione Professioni Sanitarie Italiane Legali  e Forensi (APSILEF).

Andrea Cataldo

 

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