Il contratto di lavoro potrebbe prevedere che l’assunzione definitiva del dipendente sia subordinata a un patto di prova [1]; ciò per consentire sia al datore che al lavoratore stesso di valutare la convenienza alla prosecuzione del rapporto di lavoro.
Il periodo di prova è una sorta di esperimento in cui il datore verifica le capacità e potenzialità del lavoratore e quest’ultimo le condizioni lavorative e retributive che il contratto prospetta.
Il patto può essere previsto nel contratto a tempo indeterminato e determinato, nel contratto di apprendistato e di inserimento e anche nei confronti dei lavoratori disabili assunti obbligatoriamente, a condizione, in quest’ultima ipotesi, che la prova si riferisca alle residue capacità lavorative del soggetto e a mansioni compatibili con il suo handicap.
Condizioni di validità
La clausola del patto di prova, per essere valida, deve:
- avere forma scritta (a pena di nullità del patto stesso e di assunzione definitiva del lavoratore);
- essere anteriore o contestuale all’assunzione (il patto successivo è nullo);
- deve contenere l’indicazione specifica delle mansioni che il lavoratore deve svolgere durante il patto stesso e sulle quali il datore esprimerà l’esito della prova. Le mansioni possono essere indicate anche rimandando alla parte del contratto collettivo che le determina con riguardo alla categoria di assunzione del lavoratore;
- deve avere una durata massima che corrisponde a quella prevista dai contratti collettivi, la quale tuttavia non può superare il limite legale di sei mesi. I contratti collettivi esprimono in giorni o mesi la durata del periodo di prova; in assenza di previsione, il periodo si calcola con riferimento ai giorni/mesi di calendario e non ai soli giorni lavorativi. Le parti possono prevedere anche una durata minima del periodo di prova, durante la quale non è possibile recedere se non per giusta causa;
- deve prevedere per il lavoratore in prova, come per quello assunto definitivamente, il trattamento di fine rapporto, le ferie retribuite, le quote di mensilità differite ed eventuali premi annuali.
Durante il periodo di prova, ciascuna delle parti può recedere dal contratto senza obbligo di preavviso o di indennità. Se è prevista una durata minima della prova, il recesso non può essere esercitato prima della decorrenza del termine, se non per giusta causa.
In caso di recesso del datore di lavoro, la legge non prevede un obbligo di motivazione. Esso può tuttavia essere stabilito dal contratto collettivo; in questo caso la motivazione è posta a tutela del lavoratore e serve al datore per dimostrare che il recesso non è avvenuto per un motivo illecito o estraneo al rapporto bensì per ragioni specifiche inerenti l’esito della prova.
Il lavoratore può sempre chiedere spiegazioni ulteriori e più approfondite sul recesso ma non può mettere in discussione la facoltà discrezionale del datore di valutare positivamente o negativamente la prova.
Una volta terminato il periodo di prova, se nessuna delle parti recede, il rapporto di lavoro prosegue regolarmente e il servizio prestato si computa a tutti gli effetti nell’anzianità del lavoratore.
I casi particolari
Contratto a tempo determinato
Il patto di prova è ammissibile anche per un contratto a tempo determinato. Se la sua durata non è prevista dal contratto collettivo, deve essere riproporzionata in relazione alla durata del contratto a termine, fermo restando che non è ammessa la prova di durata pari a quella del rapporto
Precedente rapporto tra le parti
Se un lavoratore è già stato impiegato presso lo stesso datore di lavoro, la stipulazione di un nuovo patto di prova può apparire giustificata, nel caso in cui ci sia un notevole mutamento delle mansioni, o nel caso in cui sia trascorso un periodo di tempo consistente rispetto all’ultimo rapporto. Una particolare attenzione va posta ai casi in cui il dipendente abbia già svolto le stesse mansioni in forza di un distacco, di un appalto o nell’ambito di un contratto di somministrazione, ovvero sia stato più volte precedentemente impiegato con contratti a tempo determinato.
Cassa integrazione
I beneficiari del trattamento di cassa integrazione straordinaria che, avendo trovato un nuovo lavoro, non abbiano superato, però, il periodo di prova previsto dal contratto a tempo indeterminato, possono rientrare nel programma di cassa integrazione salariale e usufruire della relativa indennità.
Lavoratrice madre
Il divieto di licenziamento, previsto per la generalità dei casi, non opera laddove il datore valuti in maniera negativa l’esito del periodo di prova.
Disabili
Il patto di prova può essere previsto anche nel caso di un lavoratore disabile con l’assegnazione di mansioni compatibili. La giurisprudenza prevalente ritiene che si applichi la normale disciplina, senza quindi obbligo di recesso in forma scritta e di comunicazione dei motivi.
Part-time
Nel caso di part time orizzontale, la durata del periodo è identica a quella prevista per il contratto a tempo pieno. Nel caso del part time verticale, invece, posto che la prestazione non è resa tutti i giorni, la durata della prova può essere “modulata” ad hoc da parte dei contratti collettivi.
Fonte: www.laleggepertutti.it
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