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Massimo Randolfi

Il nuovo decreto Covid di Aprile: cosa cambia per gli operatori sanitari

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Coronavirus, le misure del Dpcm firmato da Draghi
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Obbligo di vaccinazione e introduzione dello “scudo penale” per i vaccinatori. Sono queste le principali novità del nuovo decreto di Aprile approvato dal Consiglio dei Ministri per contenere e gestire l’epidemia da Covid-19 che riguardano il personale sanitario.

Dl Covid di Aprile: No alla responsabilità penale del personale medico e sanitario 

Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV -2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del Piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n.178, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione.

Art 3 – DL COVID DI APRILE
Responsabilità sanitaria da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2

Lo “scudo penale” protegge dalla responsabilità penale del personale medico e sanitario incaricato della somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, circoscrivendo le responsabilità a una “colpa grave non generica”. Questo, purché le vaccinazioni siano effettuate in conformità alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative.

Secondo il presidente Fnomceo Filippo Anelli, la norma “sembra riguardare solo la fase della somministrazione dei vaccini anti-Covid, mentre questo è un aspetto molto limitato” dell’attività dei medici in questa fase pandemica. Un aspetto “che ha sicuramente fatto scalpore dal punto di vista mediatico, ma che certamente non preoccupava eccessivamente i medici” dice il presidente ad adnkronos.com.

È certamente da una prospettiva diversa che il vortice della pandemia da coronavirus induce ad osservare la responsabilità professionale sanitaria. È necessario riadeguare schemi e criteri di accertamento e valutazione delle condotte secondo due direttrici solo apparentemente opposte tra loro. Bisogna zoomare in maniera ancora più stringente su specificità e variabili del caso per caso, allargando subito dopo il campo visivo sul contesto della struttura e del territorio locale o globale nel quale ci si è trovati ad intervenire.

Obbligo vaccinale da parte del personale medico e sanitario

Al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale all’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.

Art 4 – DL COVID DI APRILE
Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario

La vaccinazione, si specifica nel comma 2 dell’articolo del nuovo decreto Covid di Aprile, “non è obbligatoria può essere omessa o differita solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestato dal medico di medicina generale”.

L’azienda sanitaria locale verifica se le vaccinazioni sono state effettuate o meno e “determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2, in caso di rifiuto della vaccinazione. Ricevuta la comunicazione “il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio“.

Quando l’assegnazione a diverse mansioni non è possibile “per il periodo di sospensione non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato”.

La sospensione “mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021”.

“Concordavamo col Governo circa l’obbligatorietà della vaccinazione per tutti i professionisti sanitari, ma questo meccanismo appare un po’ complicato e rimanda ad azioni di sospensione dell’attività da parte dell’Ordine di appartenenza” ha commentato Filippo Anelli.

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