Con la sentenza n. 27539/2019 la Corte ha assunto una posizione storica, condannando per omicidio colposo un’ostetrica ritenuta negligente durante il travaglio della gestante.
Ha destato scalpore il caso dell’ostetrica condannata per omicidio colposo a un anno e nove mesi di reclusione, con pena sospesa, per non aver adeguatamente monitorato il battito cardiaco di un feto mentre la madre era in travaglio e le era stata somministrata l’ossitocina per aumentare le contrazioni. Sulla questione la Corte di Cassazione, con sentenza n. 27539/2019, ha assunto una posizione storica, stabilendo che, durante il travaglio, il feto è una persona. L’ostetrica negligente che provoca la morte di un bambino risponderà pertanto di omicidio colposo, e non di aborto colposo.
I giudici hanno così motivato la decisione: “Il reato di omicidio e di infanticidio-feticidio tutelano lo stesso bene giuridico, e cioè la vita dell’uomo nella sua interezza. Ciò si desume anche dalla terminologia adoperata dall’art. 578 cod. pen. – ‘cagiona la morte’ –, identica a quella adottata per il reato di omicidio, in quanto evidentemente ‘si può cagionare la morte soltanto di un essere vivo’. Il legislatore, quindi, ha sostanzialmente riconosciuto anche al feto la qualità di uomo vero è proprio, giacché ‘la morte è l’opposto della vita’. I due reati, quindi, vigilano sul bene della vita umana fin dal suo momento iniziale e il dies a quo, da cui decorre la tutela predisposta dall’uno e dall’altro illecito, è il medesimo”. La Cassazione ha inoltre ricordato che l’art. 578 c.p., con la locuzione “durante il parto”, specifica cosa sia da comprendere nel concetto di “uomo” quale soggetto passivo del reato di cui all’art. 575 c.p., in cui va incluso anche il “feto nascente”.
Tale disciplina, sempre secondo i giudici di Cassazione, appare “priva di profili di incostituzionalità, innestandosi in un quadro normativo e giurisprudenziale italiano ed internazionale di totale ampliamento della tutela della persona e della nozione di soggetto meritevole di tutela, che dal nascituro e al concepito si è poi estesa fino all’embrione”. Non dimentichiamo, inoltre, che la stessa Corte, con sentenza n. 27/1975, aveva riconosciuto l’embrione come titolare dei diritti umani inviolabili previsti, riconosciuti e garantiti dall’art. 2 della Costituzione, escludendone però la personalità.
Da ultimo, la Corte europea dei diritti dell’uomo (caso Parrillo contro Italia) e la Corte Costituzionale (sentenze n. 229/2015 e 84/2016) hanno sancito il principio per cui “gli embrioni non sono cose”. Come dire che nel nostro ordinamento non possono esistere individui appartenenti alla specie umana non riconosciuti come persone.
Redazione Nurse Times
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