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Il dott. Lorenzo D’Orsi si è laureato presso l’Università “La Sapienza” di Roma.
Gentile direttore,
il mio lavoro di tesi in questione è di natura statistico sperimentale, con un lavoro di 6 mesi di raccolta dati nel reparto di terapia intensiva cardiologica dell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina.
Abstract
Introduzione
L’Amiodarone è un agente antiaritmico comunemente utilizzato in terapia intensiva per controllare le aritmie sopraventricolari, ventricolari, inclusa la fibrillazione atriale. Sebbene si raccomandi l’utilizzo di un catetere venoso centrale per attenuare l’incidenza da flebite, in condizioni di emergenza può essere tecnicamente difficile reperirlo, pertanto, l’infusione periferica rappresenta la via di somministrazione più rapida. La flebite è principalmente una reazione localizzata, correlata alle proprietà dello stesso amiodarone, che può evolvere in infiammazione sistemica con febbre e gravi alterazioni emodinamiche prolungando la durata dell’ospedalizzazione.
Razionale/obiettivo
Con questa tesi ho voluto indagare nello specifico le conseguenze dell’utilizzo dell’amiodarone nel reparto di terapia intensiva cardiologica rispetto alla comparsa di flebiti chimiche a seguito della somministrazione in situazioni di urgenza tramite catetere venoso periferico.
Materiali e metodi
Lo studio è stato condotto nell’unità di terapia intensiva cardiologica dell’ospedale santa Maria Goretti di Latina dove un gran numero di pazienti con aritmie viene trattato con amiodarone. Sono stati analizzati gli effetti della somministrazione periferica di tale farmaco su 18 pazienti da maggio a ottobre 2022. La tabella riassume il periodo di somministrazione di amiodarone la tipologia di accesso utilizzato e indica quando e se si è sviluppata la flebite.
Risultati
L’incidenza della flebite è stata del 60% incontestabilmente negli individui con accesso venoso periferico, valore influenzato dal tipo di linea infusionale. Difatti nel tentativo di prevenire questa complicanza è stato utilizzato, in un ristretto gruppo di pazienti, un accesso venoso a cannula lunga tipo “Powerglide”, nel contempo i pazienti a cui è stato posizionato un CVC indubbiamente non hanno sviluppato questa complicanza.
Conclusioni
L’attuale studio ha cercato di dimostrare che l’incidenza di flebite da amiodarone attraverso somministrazione endovenosa periferica utilizzando un dispositivo a cannula lunga tipo “Powerglide” inserito in una vena di grosso calibro è minore se non assente rispetto all’impiego di un classico accesso venoso periferico ; un impiego momentaneo di questo tipo d’accesso permetterebbe di evitare un danno al paziente ma anche di prolungare la durata dell’ospedalizzazione , con conseguente riduzione della spesa sanitaria. L’impiego quindi momentaneo di un catetere venoso periferico a cannula lunga permetterebbe di far fronte a questa problematica. Indubbiamente sarà necessario nelle successive ore provvedere con gli specialisti all’impianto di un accesso venoso centrale tipo PICC o Midline per poter infondere in totale sicurezza questo farmaco.
Dott. Lorenzo D’Orsi
Allegato
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