Per consentire ai dipendenti la programmazione del tempo libero (Cassazione Sezione Lavoro n. 12962 del 21 maggio 2008, Pres. Senese, Rel. Stile).
Luciano A. ed altri dipendenti, con qualifica di conduttori, della s.p.a. Sepsa, esercente pubblici servizi di trasporto, hanno chiesto al Tribunale di Napoli di condannare l’azienda al pagamento di un’indennità di disagio per omessa tempestiva programmazione degli orari di lavoro. Essi hanno fatto presente che lo svolgimento della loro prestazione lavorativa era articolato sulla base di una turnazione predisposta autonomamente per ogni giornata dalla datrice di lavoro e comunicata il giorno precedente; ciò li collocava in “disponibilità” e impediva loro di programmare le ore di svago, la vita di relazione e i riposi quotidiani, in quanto essi non erano posti nella condizione di conoscere, con adeguato anticipo, quale parte della giornata sarebbe stata impegnata dal lavoro. I ricorrenti hanno fatto riferimento all’art. 10 della legge 14 febbraio 1958 n. 138 secondo cui le aziende esercenti autoservizi pubblici di linea devono affiggere i turni di servizio per informare i dipendenti e all’obbligo per la datrice di lavoro di osservare le regole di correttezza come previsto dall’art. 1175 cod. civ., nonché di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti, in base all’art. 2087 cod. civ. e all’art. 32 Cost. Rep.. Il Tribunale ha accolto la domanda condannando l’azienda al pagamento di un’indennità giornaliera di lire 6.000. Questa decisione è stata integralmente riformata, in grado di appello, dalla Corte di Napoli che ha negato il diritto dei lavoratori all’indennità, escludendo l’obbligo per l’imprenditore di far conoscere i turni con congruo anticipo. I lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione della Corte di Napoli per vizi di motivazione e violazione di legge.
La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 12962 del 21 maggio 2008, Pres. Senese, Rel. Stile) ha accolto il ricorso. L’art. 10 della L. 14 febbraio 1958 n. 138 – ha rilevato la Corte – dispone che le aziende esercenti autoservizi pubblici di linea extraurbani adibiti al trasporto dei viaggiatori “devono affiggere i turni di servizio negli uffici, nelle autostazioni, nei depositi e nelle officine in modo che il personale ne possa prendere conoscenza”; tale disposizione, imponendo al datore di lavoro di affiggere i turni, è intesa a consentire al lavoratore stesso una ragionevole programmazione del proprio tempo in relazione agli impegni lavorativi e non può quindi essere interpretata nel senso che l’affissione possa avvenire a ridosso dell’inizio della prestazione.
La Corte d’Appello – ha osservato la Cassazione – al contrario, ha affermato, a sostegno della propria decisione, che, in tema di orario di lavoro, limiti allo ius variandi non sarebbero configurabili, trattandosi di rapporti di lavoro a “tempo pieno”, rispetto ai quali nessuna norma di legge o di contratto ne faceva previsione, sicché il comportamento dell’azienda doveva ritenersi legittimo; ma così interpretando la disposizione in oggetto, non si è fatta carico di considerare la finalità della stessa, ritenendo, in mancanza di una norma che specificasse il tempo necessario per una adeguata conoscenza preventiva, che anche una comunicazione dell’inizio del turno lavorativo avvenuta soltanto il giorno precedente, fosse rispettosa del generico dettato legislativo. Tale convincimento – ha affermato la Suprema Corte – appare del tutto arbitrario e lesivo della dignità del lavoratore che la norma di riferimento, letta anche alla luce dell’art. 32 Cost., mira, invece, a tutelare; né può sostenersi che un tale ragionamento sarebbe applicabile solo al lavoro part-time (nel quale, prima l’art. 5 della legge 19 dicembre 1984 n. 263 e poi l’art. 2 del D.lgs. 25 febbraio 2000 n. 61, hanno previsto espressamente l’indicazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa), giacché le esigenze di programmabilità del tempo libero, ravvisate espressamente dal legislatore nell’ambito del rapporto di lavoro part-time, sussistono, anche se in maniera meno pressante, all’interno del rapporto di lavoro a tempo pieno. Anche per i rapporti a tempo pieno, infatti – ha osservato la Corte – il tempo libero ha una specifica importanza stante il rilievo sociale che assume lo svolgimento di attività sportive, ricreative, culturali, sociali, politiche, scolastiche ecc., o anche di un secondo lavoro, nel caso in cui non sia prevista una clausola di esclusiva.
Con questa motivazione la Suprema Corte ha cassato la decisione impugnata, rinviando la causa, per nuovo esame, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.
Fonte: legge-e-giustizia.it
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