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I professionisti sanitari e il ruolo di Ctu

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I professionisti sanitari e il ruolo di Ctu 1
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L’approfondimento di Opi Firenze-Pistoia con Leonardo Capaccioli, presidente dell’Ordine TSRM e PSTRP delle province di Firenze, Arezzo, Prato, Pistoia, Lucca e Massa Carrara.

I professionisti sanitari e il ruolo di Ctu
Leonardo Capaccioli

Lo scorso 8 giugno, nell’aula magna del nuovo ingresso di Careggi, si è tenuto il convegno regionale dal titolo “Il professionista sanitario come consulente tecnico d’ufficio e perito nelle cause civili, penali e nella conciliazione”, organizzato grazie alla collaborazione fra Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione della Regione Toscana, gli Opi della Toscana, gli Ordini della professione di ostetrica della Toscana e le rispettive Federazioni nazionali. Data l’attualità dell’argomento, lo abbiamo voluto approfondire con Leonardo Capaccioli, presidente dell’Ordine dei tecnici sanitari radiologia medica e PSTRP delle province di Firenze, Arezzo, Prato, Pistoia, Lucca, Massa Carrara.

Partiamo da qualche info tecnica. Un professionista sanitario interessato a svolgere il ruolo di CTU cosa deve fare?
«Per svolgere il ruolo di consulente (in ambito civile) o di perito (in ambito penale) è necessario essere iscritti ad un apposito Albo CTU tenuto presso il Tribunale circondariale. In questo Albo, tutti i professionisti sono registrati in sezioni specifiche che il Giudice individua e ai quali affida l’espletamento della consulenza. Nel sito istituzionale di ogni Tribunale, c’è una sezione dedicata ai consulenti, contenente tutte le informazioni e i documenti necessari ai fini della prima iscrizione o del successivo rinnovo. Per quanto riguarda l’iscrizione: viene disposta dal presidente del Tribunale, previo esame delle domande pervenute da parte di un apposito comitato, composto anche da rappresentanti degli Ordini professionali interessati nel caso specifico.  Le iscrizioni sono inoltre regolate dai codici di rito (Codice civile, Codice penale e le rispettive disposizioni attuative) che indicano i requisiti necessari per iscriversi negli Albi dei consulenti e dei periti tenuti presso i Tribunali circondariali. Tali sono il possesso della speciale competenza tecnica, una specchiata condotta morale (assenza di provvedimenti disciplinari), l’iscrizione al rispettivo Albo dell’Ordine professionale».

Ci sono stati cambiamenti significativi da un punto di vista giuridico negli ultimi anni?
«L’entrata in vigore della Legge 24/2017 (la cosiddetta Gelli-Bianco) riguardante le “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”, ha reso indispensabile effettuare una revisione degli albi. L’articolo 15 di questa legge infatti, ha disposto che “nei procedimenti civili e nei procedimenti penali, aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia è affidata a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento” e, nel contempo, l’aggiornamento degli albi dei consulenti e dei periti “al fine di garantire, oltre a quella medico-legale, un’idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite a tutte le professioni sanitarie, tra le quali scegliere per la nomina, tenendo conto della disciplina interessata dal procedimento”. Tale revisione è regolata con la sottoscrizione, tra CSM-CNF e Ordini delle professioni sanitarie, di appositi accordi e protocolli a livello nazionale e recepite poi a livello locale da appositi protocolli. Pertanto, gli Albi circondariali, al loro interno, dovranno contemplare una sezione riservata ai professionisti sanitari iscritti a ciascun Albo dell’Ordine delle professioni sanitarie. Tali accordi rispondono alla finalità di assicurare, negli albi circondariali, l’ingresso di professionisti esperti di elevata qualificazione, valutando in particolare, oltre al possesso dei requisiti primari e secondari, la speciale competenza descritta nella tabella di riferimento sul testo dell’Accordo FNO TSRM-PSTRP che “non si esaurisce nel mero possesso del titolo abilitante alla professione, ma si sostanzia nella concreta conoscenza teorica e pratica della disciplina, come può emergere sia dal curriculum formativo e/o scientifico sia dall’esperienza professionale del singolo esperto”. Il magistrato inoltre nel fascicolo potrà trovare molte ulteriori informazioni per identificare l’esperto di supporto più adeguato a risolvere le questioni tecniche che potranno presentarsi».

Quali sono le differenze fra i vari professionisti? A che articolo si fa riferimento?
«Anche in questo caso è l’articolo 15 della legge 24/2017 a indicarci che “l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia è affidata a uno o più specialisti che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento”per cui nei procedimenti civili o penali, che abbiano a oggetto problematiche di responsabilità sanitaria, è indubbio il vantaggio, per tutte le parti, il fatto di potersi avvalere di figure che per quella professione conoscano approfonditamente le questioni operative e pratiche, relative a quel profilo professionale (aspetti di lavoro, conoscenza delle linee guida, delle raccomandazioni, delle buone pratiche e della pertinente produzione scientifica). È chiara l’indicazione data, di cui all’art. 15 della Legge 24/2017, di come per le consulenze tecniche e le perizie nei procedimenti in cui siano coinvolti professionisti sanitari, si faccia riferimento al supporto di un consulente di quello specifico profilo professionale, motivo per cui, se l’esercente la professione sanitaria convenuto in giudizio è un infermiere, il suo operato dovrà essere valutato da un infermiere, se è un’ostetrica da una ostetrica, se è un tecnico sanitario di radiologia medica, da un tecnico di radiologia e così via. La stipula degli accordi che il CSM e il CNF hanno inteso promuovere con ciascuna Federazione degli Ordini delle professioni sanitarie, nell’adattare le linee guida alle peculiarità delle singole professioni ha voluto individuare per ciascun accordo elementi primari e secondari. Ne è un esempio, l’esercizio minimo della professione, successivo al conseguimento del titolo abilitante, stabilito in 5 anni per le professioni con scuole di specializzazione (principalmente le professioni mediche) e in 10 anni per tutte le altre professioni sanitarie».

Questo tipo di attività sta riscuotendo interesse fra gli infermieri e gli altri professionisti del settore?
«Mi sembra opportuno sottolineare che rispetto a decenni fa, da parte di tutti i professionisti sanitari, ci sia maggiore attenzione e sensibilità agli aspetti legali e di responsabilità della professione. Nei professionisti sanitari, da una parte c’è il timore del contenzioso dietro l’angolo e dall’altra parte c’è però tanta consapevolezza nel considerare positivamente il concetto di responsabilità sanitaria, quale caratteristica di un agire del professionista ispirato alla tutela della salute della persona ed improntato alla centralità del paziente. Per questo possiamo affermare, senza il minimo dubbio, che l’interesse su questi argomenti c’è ed è molto sentito perché, in concreto, il CTU gioca un ruolo privilegiato».

C’è sufficiente informazione?
«L’informazione c’è, ma merita di essere la più efficace possibile. E su questo fronte stiamo spendendo moltissime energie. L’informazione deve essere rivolta ai professionisti ma anche ai tribunali. Infatti, non tutti i professionisti e non tutti i tribunali sono virtuosi e qualora gli accordi stipulati tra le Federazioni degli Ordini professionali e il CSM non venissero recepiti in appositi protocolli locali si rischierebbe di trasformare quelle linee guida in lettera morta».

Cosa ha fatto la vostra Federazione al riguardo?
«La Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica, delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, ha intrapreso diverse iniziative, dalla mappatura dei consulenti già iscritti agli Albi CTU, all’implementazione di corsi di formazione specifica, ai contatti con i tribunali per rendere disponibili online gli accordi e i protocolli sottoscritti. Naturalmente tanto c’è ancora da fare. Per questo motivo l’invito a collaborare è aperto a tutti coloro che siano interessati su questi aspetti. È nostro dovere, etico e deontologico, curare anche gli aspetti connessi alla responsabilità professionale assicurando la formazione di professionisti e consulenti adeguatamente preparati e competenti».

Quali sono i punti di forza?
«È bene evidenziare anche gli aspetti virtuosi. La presidente del Tribunale di Firenze, dottoressa Marilena Rizzo, già all’indomani della promulgazione della Legge 24/2017, attraverso un lavoro condiviso e fortemente voluto, è arrivata, anticipando tempi e modalità, a siglare in data 14/12/2017 un protocollo di intesa con tutti i rappresentanti dei vari Ordini Professionali, in linea con quanto recepito nei successivi accordi del CSM-CNF con le Federazioni nazionali. Di questo impegno e di questo risultato siamo molto orgogliosi perché evidenziano un approccio serio ai temi della responsabilità professionale in ambito sanitario».

Quali sono invece le difficoltà?
«Come in parte già accennato, le difficoltà vanno ricondotte principalmente a due ordini di problemi: il primo riguarda l’ambito dei tribunali in merito alla stipula di protocolli locali e alla istituzione delle relative sezioni comprendenti tutti i professionisti sanitari (ad oggi realizzati a macchia di leopardo sul territorio nazionale); il secondo riguarda la sensibilizzazione dei colleghi e dei professionisti ad iscriversi. Questo secondo aspetto è molto importante, perché l’ideale è incoraggiare i migliori professionisti ad iscriversi all’Albo CTU e far sì che ciascun tribunale possa contare sulla presenza di consulenti preparati e in grado di far fronte ad ogni esigenza che si presentasse loro, in termini di speciale competenza. Altri problemi li ravvisiamo nell’assenza, da parte dei consulenti iscritti, di precedenti incarichi conferiti (problema da non sottovalutare che presuppone, soluzioni adeguate, con una formazione ed un confronto costante e che non sia episodico) e nel garantire, ai consulenti e agli aspiranti, competenze funzionali alla collaborazione tecnica con l’amministrazione della giustizia e con gli operatori forensi».

Quali sono le differenze nel ruolo di CTU fra cause civili, penali e conciliazione?
«Probabilmente non è opportuno parlare di “differenze” di ruolo, ma semplicemente di ambito, in quanto che si parli di ambito civile o penale o della conciliazione, fatte le dovute differenze in merito ai codici di rito che ne trattano, l’essenza è sempre la stessa, “il giudice o il giudice istruttore, può affidare ad un suo ausiliario, indipendente dalle parti e particolarmente esperto in una materia, arte o disciplina, il compito di assisterlo e supportarlo, per tutto il processo o solo per un atto, per fornire le proprie competenze e conoscenze tecniche, utili a valutare o accertare dei fatti, per risolvere una controversia ad oggetto la responsabilità sanitaria, nella formazione del proprio convincimento e arricchendo, lo stesso, con le specifiche competenze necessarie, alla valutazione dell’oggetto della contesa, concorre alla formazione del giudizio, assumendo una importanza decisiva e ad incidere sull’esito della controversia e sui diritti delle parti in essa coinvolte”. Motivo per il quale se l’oggetto del contendere contiene specifici argomenti di natura tecnica, sarà sempre più frequente che il giudice si avvalga dell’attività di “consulenza tecnica”, attività estremamente frequente nella pratica giudiziaria, che è demandata o al consulente tecnico di ufficio (CTU) oppure, a supporto delle parti, al consulente tecnico di parte (CTP)».

Come è andato il corso dell’8 giugno? Ne farete altri e quando e dove?
«Il convegno dello scorso 8 giugno è stato un ulteriore tassello di un percorso più ampio e condiviso tra tutte le professioni sanitarie neo ordinate (infermieri, ostetriche e tutti e 19 i profili professionali che afferiscono al nostro Maxi Ordine). Un percorso che abbiamo pensato, che stiamo realizzando e che continueremo nei prossimi mesi. L’obiettivo principale attualmente raggiunto è quello di fare informazione. Si prevede di replicare il convegno giugno prossimamente anche a Pisa e a Siena. Nel breve periodo stiamo pensando alla realizzazione degli specifici corsi di formazione al ruolo di consulenti, secondo quanto indicato negli Accordi siglati a livello nazionale, anche in collaborazione con le altre professioni sanitarie neo ordinate. Quello dell’8 giugno è stato sicuramente un incontro interessante e partecipato. I contributi dati dall’onorevole Federico Gelli, dalla presidente del Tribunale di Firenze, dottoressa Marilena Rizzo, e di tutti gli altri eccellenti e qualificati relatori fanno ben capire l’attenzione che le stesse istituzioni stanno rivolgendo ad una tematica quale quella della responsabilità professionale. Sicuramente, passato il periodo estivo, rientreremo in autunno con un programma intenso, a partire da un appuntamento importantissimo per la nostro neo-istituita Federazione degli Ordini TSRM PSTRP che a Rimini, dal 11 al 13 ottobre, celebrerà il suo primo Congresso nazionale, nel quale, tra gli altri temi, affronterà anche quello sulla responsabilità professionale».

Redazione Nurse Times

ALLEGATO: Tabella competenze CTU

 

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