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Helicobacter pylori: tutto quello che c’è da sapere

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Helicobacter pylori: tutto quello che c'è da sapere
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Conosciamo meglio questo batterio, Helicobacter pylori ci cui l’uomo è l’unico serbatoio attualmente conosciuto

L’Helicobacter pylori è un batterio spiraliforme che può colonizzare la mucosa gastrica, il rivestimento dello stomaco umano. L’infezione è spesso asintomatica, ma talvolta può provocare gastrite e ulcere a livello dello stomaco o del duodeno, il primo tratto dell’intestino. L’ulcera è un’irritazione o un vero e proprio foro che si forma nella mucosa, e produce un dolore intenso, soprattutto a stomaco vuoto.

Per tutto il XX secolo si è ritenuto che l’ulcera fosse provocata prevalentemente dallo stress o, talvolta, dall’assunzione di cibi acidi o molto piccanti. Il trattamento consisteva quindi nel ricovero in ospedale, in condizioni di assoluto riposo, nella prescrizione di una dieta “leggera” e nell’assunzione di farmaci in grado di alleviare i sintomi. È soltanto all’inizio degli anni Ottanta che prende forma un’ipotesi del tutto diversa, secondo cui l’origine dell’ulcera sarebbe prevalentemente infettiva.

Nel 1982, i due medici australiani Robin Warren e Barry Marshall isolano per la prima volta un batterio, H. pylori, che sembra essere il miglior candidato per spiegare lo sviluppo dell’ulcera gastrica e duodenale.

La comunità scientifica accoglie con freddezza questa scoperta e sarà soltanto nel 1994 che il National Institute of Health (Nih) americano dichiarerà l’esistenza di una stretta associazione tra l’ulcera gastroduodenale e l’infezione da Helicobacter.

Nel 1996 la Food and Drug Administration (Fda) approva negli Stati Uniti il primo trattamento antibiotico specifico. Nel 2005 Marshall e Warren ricevono il premio Nobel per la Medicina proprio grazie alla scoperta dell’Helicobacter. Oggi si stima infatti che circa il 90% delle ulcere duodenali e l’80% di quelle gastriche siano di origine infettiva.

Le modalità con cui l’Helicobacter si trasmette sono ancora sconosciute e attualmente l’uomo è l’unico serbatoio noto di questo batterio. La modalità di trasmissione più probabile è quella orale, o oro-fecale. Altre possibili vie di contagio sono il contatto con acque o con strumenti endoscopici contaminati, ma non esistono ancora dati definitivi al riguardo.

Il sintomo più comune dell’ulcera gastroduodenale è un bruciore o dolore nella parte superiore dell’addome (epigastrio), soprattutto lontano dai pasti e di primo mattino, quando lo stomaco è vuoto. Tuttavia può insorgere anche in qualsiasi momento, con durata che può variare da pochi minuti fino ad alcune ore. Più raramente possono insorgere sintomi come nausea, vomito e perdita di appetito. Talvolta l’ulcera può sanguinare e, sul lungo periodo, indurre anemia.

A lungo termine, l’infezione da H. pylori è associata a un aumento di 2-6 volte del rischio di linfoma MALT, e soprattutto di carcinoma gastrico, il secondo cancro più comune nel mondo, soprattutto in Paesi come la Cina o la Colombia, dove più di metà della popolazione infantile è infetta da H. pylori.

Per diagnosticare l’infezione esistono diversi metodi:

  • test sierologici: consistono nella ricerca nel sangue di anticorpi IgG specificamente diretti contro H. pylori (sensibilità e specificità 80%-95%, a seconda del kit utilizzato)
  • test del respiro (breath test): dopo aver somministrato al paziente dell’urea marcata radioattivamente, si misura la quantità di anidride carbonica emessa con l’espirazione; questo gas costituisce infatti il prodotto metabolico del batterio in presenza di urea (sensibilità e specificità 94-98%)
  • endoscopia: durante l’esame vengono prelevati campioni (biopsie) della mucosa dello stomaco e del duodeno, analizzati poi al microscopio alla ricerca del batterio. Questo esame è considerato lo standard ottimale per la diagnosi dell’ulcera.

I test sierologici di laboratorio e ambulatoriali per gli anticorpi anti-H. pylori hanno una sensibilità e una specificità > 85% e precedentemente venivano considerati esami non invasivi di scelta per l’iniziale documentazione dell’infezione da H. pylori.

Tuttavia, poiché la prevalenza dell’infezione è diminuita, la percentuale di risultati falsi positivi con saggi sierologici è aumentata in modo significativo, rendendo questi test troppo inaffidabili nella maggior parte dei Paesi e delle regioni.

Di conseguenza, per la diagnosi iniziale sono preferiti il test del respiro dell’urea e il test dell’antigene fecale. I test qualitativi rimangono positivi fino a tre anni dopo un trattamento eradicante di successo e dal momento che i livelli quantitativi degli anticorpi non si riducono significativamente per almeno 6-12 mesi dopo l’eradicazione, i test sierologici non sono di solito utilizzati per valutare la guarigione.

L’urea breath test utilizza una dose orale di urea marcata con C13 o C14. In un paziente infetto, il microrganismo metabolizza l’urea e libera CO2 marcata, che viene espirata e può essere quantificata in campioni di respiro prelevati da 20 a 30 minuti dopo l’ingestione dell’urea. La sensibilità e la specificità sono > 95%. L’urea breath test è un esame adeguato per confermare l’eradicazione del microrganismo dopo la terapia. Risultati falsi negativi sono possibili in caso di recente assunzione di antibiotici o di una concomitante terapia con inibitori di pompa protonica; pertanto, l’esame nel follow up deve essere rimandato ≥ 4 settimane dopo la terapia antibiotica e 1 settimana dopo la terapia con inibitori di pompa protonica. I farmaci anti-H2 non alterano l’esame.

Una volta accertata l’origine infettiva dell’ulcera, il trattamento consiste in una terapia a base di uno o due antibiotici, scelti tra amoxicillina, metronidazolo, tetraciclina (ma non in bambini sotto i 12 anni) o claritromicina, per 1-2 settimane. Per alleviare i sintomi, inoltre, vengono solitamente associati farmaci antiacidi, come gli inibitori di pompa. Se viene condotta in modo regolare, la terapia risulta risolutiva nel 90% dei casi. Poiché si sa ancora molto poco sulle modalità di trasmissione di H. pylori, anche le misure preventive disponibili sono scarse. In generale, si raccomanda comunque di lavarsi bene le mani, mangiare cibo adeguatamente cucinato e bere acqua sicura.

Redazione Nurse Times

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