Quattro ore di attesa in barella all’Ospedale del Mare. Poi il trasferimento a Pozzuoli e ad Aversa. La moglie infermiera promette battaglia: “Farò denuncia in Procura”. E la Asl Na1 apre un’indagine.
All’Ospedale del Mare di Napoli gli assegnano il codice giallo (non urgente), ma ha un infarto. E per quattro ore resta sulla barella, senza essere visitato. Ancora una storia di incuria e disorganizzazione. Stavolta a rischiare il peggio è stato un uomo di 65 anni, Mosè Mangione, residente a Ischia e temporaneamente nel capoluogo campano. A raccontare il dramma, per ora senza conseguenze, è la moglie, Carmela Fattorusso, che in prima istanza si è rivolta al consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli.
Lei, da 37 anni, fa l’infermiera al “Rizzoli” di Ischia. Quando ieri l’hanno avvertita del malore del marito si è imbarcata sul primo aliscafo per raggiungerlo. Adesso è ad Aversa, in Terapia intensiva, ultima tappa di un lungo iter. «Qui gli hanno impiantato tre stent», premette, prima di riannodare il filo del racconto, partendo dal momento in cui riceve la telefonata a Ischia. «Mio marito si è sentito male all’improvviso, per strada, a San Gregorio Armeno. Una nostra amica lo ha soccorso, dandogli un po’ di acqua e zucchero, come si fa in questi casi. Poi, però, per telefono, ho dato l’indicazione: chiamate subito il 118: Mosè è a rischio perché cardiopatico e già operato per aneurisma dell’aorta addominale».
Pochi minuti e il personale del servizio di Emergenza, diretto dal rianimatore Giuseppe Galano, arriva sul posto. La pressione è alta: 190 su 100. Gli fanno un elettrocardiogramma, che però non rileva apparenti segni di ischemia. L’ambulanza del 118, precisa Carmela, è di tipo B, quella senza medico. L’autista punta dritto verso l’Ospedale del Mare. Qui il paziente viene valutato dagli infermieri del Triage. Rilevano il tracciato, ascoltano il racconto dei colleghi del 118. E gli assegnano il codice giallo, sistemandolo sulla barella davanti alla stanza in cui vengono accolti i pazienti di questa lista. Sono le 18 e 45, circa.
«Appena arrivata all’Ospedale del Mare, alle 20:30 circa, gli ho chiesto cosa gli avessero fatto – continua la donna – e lui mi ha risposto: “niente, sono qui da due ore”. Allora mi sono qualificata, rivelando di essere una loro collega per insistere sulla condizione ad alto rischio di mio marito. Ero quasi certa che avesse un infarto, perché i cardiologi mi avevano avvertito di non sottovalutare qualsiasi sintomo doloroso. E mio marito era pure sudato. Ma quando ho chiesto di ripetere un tracciato mi sono sentita dire che queste cose le decidevano loro».
Intanto il paziente si lamenta, il dolore al petto incalza, mentre la fronte è madida e il volto è pallido. «Ho richiamato l’infermiere più anziano, che è stato appena più gentile dell’altro – continua Carmela –. Nel senso che si è limitato a non rispondermi. Un’altra infermiera, invece, mi ha mandato a quel paese: “Quando mai abbiamo mangiato nello stesso piatto”. Allora, dopo oltre quattro ore, ho deciso, assumendomi la responsabilità di andar via. Avverto il personale del Triage, che non fa una piega: “Faccia come crede”. E così arrivo, con auto privata, all’ospedale di Pozzuoli. Gli fanno un altro Ecg e i prelievi: infarto. E lo trasferiscono ad Aversa perché da loro non c’è posto».
Qui finisce il calvario. Lo ricoverano e lo portano in Emodinamica, dove gli impiantano tre stent coronarici. Carmela promette battaglia: «Andrò fino in fondo, anche con una denuncia in Procura. In questa storia non c’entrano i medici, loro non sono stati neanche avvertiti». Borrelli sollecita l’intervento dell’Azienda sanitaria. E il commissario della Asl Napoli 1, Ciro Verdoliva, annuncia: «Ho aperto un’indagine interna per capire cosa è accaduto».
Redazione Nurse Times
Fonte: la Repubblica
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