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Denis è un bimbo non vedente, la sua classe studia il Braille: «Ci fa crescere»

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Interagire con Denis inizialmente è risultato estremamente difficile sia per i compagni di classe che per gli insegnati sin dalla prima elementare.

«Mio figlio tornava a casa e mi raccontava che c’era questo bambino che non vedeva, e lui e gli altri erano dispiaciuti, perché non riuscivano a parlare con lui, a giocarci», racconta Francesca Lanari, madre di Jason, che con Denis frequenta la V C dell’istituto comprensivo Manzoni di Bedizzole (Brescia).

Proprio questa madre ha inviato una lettera al ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, raccontando la storia del «bambino magico»: sono passati 4 anni e ora Denis, ipovedente dalla nascita, è perfettamente integrato. Si tratta di «un bimbo dolcissimo, che ci ha insegnato a crescere, a conoscere e affrontare la vita con sfumature diverse», molto diverso da quel piccolo taciturno e diffidente che inizialmente non voleva proprio entrare in classe.

Questo vero e proprio miracolo è avvenuta nel corso degli anni grazie alla grande pazienza dimostrata «da parte di tutti i genitori e bambini, nessuno escluso».

Tutto ciò è stato reso possibile grazie ad una bacchetta magica realizzata dall’insegnante di lettere, Maria Grazia Saccà, che ha intuito come avvicinarsi a Denis:

«Al di là dell’insegnante di sostegno, ho organizzato laboratori sull’utilizzo delle sensazioni, giochi bendati così che tutti i bambini capissero cosa provava, lavori di gruppo in modo che si sentisse coinvolto: dicono che sono stata brava, ma ho fatto solo il mio dovere, spinta dai miei alunni».

Proprio gli stessi bambini hanno chiesto di poter imparare il codice Braille, linguaggio utilizzato da Denis. Questa sfida che in un primo momento avrebbe potuto sembrare proibitiva, ha permesso la creazione del libricino dedicato a drago alfabeto, il mostro buono che, attraverso le fiamme, fa esplodere le lettere dell’alfabeto e le trasforma in puntini, ovvero lettere in braille.

«Per i bimbi non ci sono barriere insuperabili ma solo opportunità per imparare, miracoli da compiere», scrive Francesca. E così il racconto, presentato a scuola con l’Unicef, è stato stampato in un centinaio di copie grazie a fondi comunali. E spedito anche al ministro, nella speranza che diventi un vademecum per le classi dove c’è un bambino che dev’essere valorizzato.

«Quest’esperienza — dice la preside, Sabina Stefano — dimostra che la scuola, quando accoglie la diversità, può essere luogo di ricchezza e apprendimento».

I bambini non hanno risentito del compagno speciale: sono difatti tutti al passo col programma. Denis farà lunedì le prove Invalsi, e la madre, Nina, è loro grata:

«È più autonomo e indipendente, ha imparato le cose che un bambino deve sapere: siamo stati fortunati a incontrare persone che sono andate oltre il loro dovere professionale». Una prova? Quando è arrivata la nuova insegnante di sostegno è stato Denis a portarla in giro:

«Mi ha mostrato la scuola e presentato tutti: gli bastava sfiorare i muri e toccare i capelli, e sapeva dov’era e con chi», spiega lei. La V C è diventata con lui una classe speciale: «La nostra classe è composta da 20 stelle che brillano — chiude Francesca — perché è così che chiamiamo i nostri bambini, e una in particolare è diversa dalle altre, ma ciò la rende ancor più splendente».

Simone Gussoni

Fonte: Corriere

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