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Irlanda, la realtà di una nursing home vista dall’interno

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Irlanda, la realtà di una nursing home vista dall’interno
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Proponiamo un contributo di Antonio Caracallo, nostro collaboratore da Dublino.

Da circa un anno e mezzo lavoro in una nursing home a Dublino. La Marlay è una struttura protetta che accoglie al suo interno per lo più persone anziane. Non sempre i residenti che vi sono ospitati sono affetti da patologie. In effetti questa nursing home – come altre in Irlanda – viene scelta anche come residenza nella quale trascorrere il retirement, ovvero il periodo di vita che segue il pensionamento. Tra i residenti affetti da patologie, sono numerosi quelli con diversi gradi di demenza senile, Alzheimer e/o Parkinson in vari stadi. Altri sono invece affetti da cancro in fase terminale e necessitano di cure palliative.

I turni di lavoro sono articolati su tre settimane di long days da 12 ore, e due settimane di turni esclusivamente notturni, per un totale di 14/15 shifts, in un arco temporale che copre circa 5 settimane. Nel contesto dell’attività quotidiana dell’infermiere un ruolo prevalente è svolto dalla somministrazione delle terapie. Vi anticipo che quella endovenosa è rara, se non del tutto assente, mentre si predilige la terapia sottocutanea, dall’infusione di liquidi alla somministrazione di morfina in pompa elastomerica. Le terapie orale, inalatoria e cutanea sono quelle più diffuse.

Non disponiamo di un laboratorio analisi interno, ma possiamo prelevare campioni di sangue, urina, tampon, e inviarli all’ospedale di zona, che ci informa dei risultati tramite una piattaforma informatica condivisa, il che velocizza la gestione delle informazioni e, ovviamente, permette di avviare o modificare il piano di cura. A tal proposito, i Care Plans e gli Assessments, realizzati ad personam, devono essere aggiornati periodicamente o, quando le condizioni del residente cambiano, per esempio come nel caso della conclusione di un ciclo di terapia antibiotica per il trattamento di un’infezione, oppure nella malaugurata ipotesi in cui un residente inizi il percorso di cure palliative, denominato EOL (End of Life).

Tutte le terapie prescritte vengono riviste ogni quattro mesi o, “al bisogno”, dal GP (General Practitioner, equivalente italiano del medico di famiglia), dallo staff infermieristico e da un farmacista – una volta eseguiti i prelievi ematici – per accertare l’efficacia delle terapie suddette, ed eventualmente rivedere i dosaggi o interrompere la terapia. Nella mia nursing home, oltre allo staff infermieristico, operano anche gli HCAs (healthcare assistants), che si occupano delle attività domestico/alberghiere.

L’edificio della Marlay si struttura su tre piani e assiste 124 residenti: per ognuno di essi, due infermieri sono coadiuvati da 5 HCAs, nel turno diurno, per un totale di 6 infermieri e 15/16 healthcare assistants, senza contare il management, che descriverò  in seguito. Durante la notte, invece, il personale si riduce a un infermiere e due operatori di supporto, sempre per ogni livello. Sono poi presenti anche team specializzati: uno di questi è il Wound Care Team, dedicato alla gestione ed al trattamento delle lesioni di natura traumatica od ulcerativa. Il Falls Prevention Team vede poi coinvolti anche gli HCAs, con l’obiettivo di ridurre al minimo il rischio di cadute.

Tra le figure di coordinamento e manageriali si annoverano, in ordine ascendente:

  • i Senior Nurses (con almeno 3 anni di esperienza continuativa);
  • i CNM (Clinical Nurse Manager) di livello 1;
  • i CNM di livello 2 o ADON (Assistant Director of Nursing);
  • il DON (Director of Nursing).

Non fanno invece parte dello staff, perché professionisti esterni “a contratto”, i General Practitioners, gli House Officers (chiamati junior doctors: si tratta dei medici specializzandi), i fisioterapisti, il dietitian, lo speech and language therapist ed il Palliative Team, che “visitano” i residenti con cadenza settimanale (nel caso dei GPs) o bisettimanalmente per quanto riguarda invece fisioterapisti, HOs e altre figure. Non si può trascurare, poi, l’importante ruolo del personale amministrativo, soprattutto nella gestione degli appuntamenti dei residenti (ad esempio, per visite specialistiche) e in veste di tramite, per quanto concerne i contatti telefonici tra la struttura e le famiglie.

Trattandosi di strutture di lungodegenza, in una nursing home sono poi sempre presenti gli activity managers, con il compito di organizzare attività ricreative ed eventi, allo scopo di intrattenere gli ospiti. Un infermiere che lavora in nursing home ha la possibilità concreta di fare carriera, soprattutto nell’ambito manageriale. Trascorsi circa tre anni (quindi una volta acquisita la posizione da Senior), si può ambire a una posizione di Clinical Nurse Manager 1.

Lavorare all’interno di una struttura di questo tipo può essere un buon punto di partenza per chi si approccia a una realtà estera. Le mie considerazioni sono ovviamente soggettive, ma io mi sento di consigliare questa esperienza perché mi ha permesso di imparare molte cose, che forse non avrei appreso nel frenetico contesto della routine ospedaliera.

Antonio Caracallo

 

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