Riceviamo e pubblichiamo una nota stampa a firma del coordinatore Daniele Leone.
A leggere le recenti dichiarazioni dei presidenti di Aris e Aiop, Virginio Beber e Barbara Cittadini, “sull’impossibilità per le strutture sociosanitarie – Rsa di tutta Italia di far fronte agli aumenti determinati dal caro energia, che mettono a rischio il mantenimento delle strutture e la loro sostenibilità”, sembra non si sia colto in pieno cosa è stata la pandemia. Principalmente per i malati, le persone fragili e le migliaia di lavoratrici e lavoratori che hanno lottato da “EROI” per arrestare la pandemia stessa, senza ricevere un centesimo di indennità o bonus Covid dai propri datori di lavoro e con le retribuzioni ferme al 2007.
A rispondere alle dichiarazioni dei presidenti nazionali di Aris e Aiop hanno pensato le indiscrezioni di stampa. secondo le quali pare che l’ultimo decreto in fase di approvazione riconosca alle strutture sanitarie private accreditate “un contributo una tantum”, a valere sulle nuove risorse stanziate, “in proporzione al costo complessivo sostenuto nel 2022 per utenze di energia elettrica e gas, a fronte di apposita rendicontazione da parte della struttura interessata, e ferma restando la garanzia dell’equilibrio economico del Servizio sanitario regionale”.
Nel decreto viene poi istituito un fondo ad hoc di 120 milioni per il 2022 “al fine di sostenere gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale, semiresidenziale e domiciliare, rivolti a persone con disabilità che, in conseguenza all’aumento dei costi dell’energia termica ed elettrica, hanno subito un incremento dei costi dell’energia superiore al 30 percento relativamente al medesimo periodo nell’anno 2019”.
Allora mi viene spontaneo ricordare ai Signori Presidenti di Aris e Aiop, Virginio Beber e Barbara Cittadini, che oggi quelli in pericolo sono le lavoratrici e i lavoratori che hanno le retribuzioni ferme al 2007. Sono loro che in questi anni di emergenza, prima il Covid, poi la guerra in Ucraina e ora il caro bollette e il caro gas con l’inflazione al 9%, sono costretti pagare il prezzo più caro della crisi, senza ricevere l’aiuto né di Aris e Aiop, né del Governo.
Sono le lavoratrici e i lavoratori che in questi anni non hanno percepito un centesimo di indennità Covid durante l’emergenza pandemica a non avere nessuna possibilità contrattuale di progressione di livello. E hanno le retribuzioni differenziate del 25/30% tra chi è stato assunto al 31 dicembre 2012 e chi è stato assunto al 1° gennaio 2013: una scelta a cui va posto rimedio.
Secondo il mio modesto parere, la crisi delle strutture sociosanitarie – Rsa e dei centri di riabilitazioni è legata al mancato rinnovo contrattuale, che ha innescato in questi anni emergenziali un esodo di professionisti senza precedenti. Lavoratrici e lavoratori che si licenziano dopo 10/15 anni di lavoro a tempo indeterminato per approdare a un nuovo lavoro con un contratto a tempo nel pubblico e anche in strutture private convenzionate, dove si applica un contratto rispettoso sia dal punto di vista economico che dei diritti e delle professionalità.
E se esiste una crisi del settore sociosanitario -Rsa – centri di riabilitazione, non è da legare agli aumenti determinati dal caro energia, ma semmai a diversi altri fattori, come la mancata programmazione nazionale e regionale del sistema sociosanitario, riabilitativo Rsa, come terzo pilastro del Sistema sanitario nazionale. Ma soprattutto all’esodo del personale sanitario, gli “EROI” che hanno coraggiosamente contribuito a tenere in piedi il sistema durante l’emergenza Covid. Ed è figlio del mancato rinnovo contrattuale, che vede le retribuzioni nella parte economica ferme al 2007.
La mancata progettazione del sistema è legata anche a scelte sbagliate di chi ha voluto negli anni far uscire il settore riabilitativo sociosanitario – Rsa dal contratto per acuti, facendolo approdare nel terzo settore, in un’area dove si applicano oltre 40 Ccnl, dove ogni struttura applica un suo contratto che taglia retribuzioni e diritti e si fa dumping contrattuale, e soprattutto concorrenza tra le strutture guadagnando sul costo del personale.
Allora, prima di dire che le strutture sociosanitarie – Rsa in tutta Italia sono messe a rischio per il caro energia, è bene che ci si assuma le responsabilità e si dica una volta per tutte dove si vogliono collocare il settore sociosanitario ex art. 26, i centri diurni, i centri psichiatrici, gli ambulatori di riabilitazione le case di cura ex art. 56. Se devono far parte della rete dei servizi sociosanitari nazionali, si deve rinnovare il Ccnl scaduto. Se invece si vuole portare il settore sociosanitario nel terzo settore, nella giungla del dumping contrattuale, a quel punto la politica dovrà rivedere gli accreditamenti, le rette e i Les delle strutture che fanno dumping contrattuale e dunque concorrenza sleale.
Redazione Nurse Times
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