Riceviamo e pubblichiamo un contributo sul tema a cura del dottor infermiere Antonio Savino – Uoc Cardiologia universitaria, Uoc Cardiologia interventistica, Uosd Elettrostimolazione – Azienda Ospedaliera Sant’Anna E San Sebastiano di Caserta.
Le infezioni della ferita sternotomica sono una grave complicanza della chirurgia a cuore aperto. Le statistiche riportate dalla letteratura internazionale indicano che la percentuale di incidenza può essere compresa tra l’1 e il 20%. Questa grande differenza di dati è dovuta al fatto che molte infezioni sfuggono all’analisi statistica, perché spesso la loro insorgenza avviene dopo la dimissione. Molte volte sono le strutture di riabilitazione cardiologica a farsene carico.
Tale complicanza è gravata inoltre da un tasso di mortalità elevato (14-47%) quando l’infezione avviene precocemente nelle prime giornate post-operatorie perché, spesso, in questi casi essa coinvolge la parte profonda della ferita, chiamata mediastino (mediastinite). Molte volte l’infezione si cronicizza, con il risultato che la ferita non riesce a guarire oppure che si formano tramiti fistolosi lungo la cicatrice.
Quali pazienti sono più esposti alle infezioni della ferita?
I pazienti maggiormente predisposti sono quelli affetti da diabete, obesità, bronchite cronica ostruttiva, vasculopatia periferica e immunodepressione.
Come si presenta un’infezione della ferita?
La presenza di un’infezione si manifesta di solito con la deiscenza della ferita, cioè la comparsa di una riapertura spontanea nella ferita già chiusa, da cui fuoriesce materiale purulento e qualche volta anche maleodorante. Tale condizione può essere associata o meno a instabilità sternale, cioè al movimento dello sterno durante la respirazione (spesso accompagnato anche da rumori dovuti allo sfregamento dei due bordi sternali). Questa condizione è dovuta a una mancata cicatrizzazione della parte ossea (delle due metà dello sterno, che sono state sezionate per permettere al chirurgo di raggiungere il cuore) e può essere causata dalla presenza d’infezione, oppure da altre cause non infettive.
Molto spesso, in presenza di singole o multiple deiscenze di ferita, può essere difficile capire se l’infezione è solo superficiale o è un epifenomeno di un’infezione più profonda. In quest’ultimo caso qualche volta essa è mantenuta dalla presenza di materiale protesico utilizzato per le ricostruzioni dei vasi. In alcuni casi le fistole sternali possono manifestarsi anche a distanza di tempo dall’intervento: settimane, mesi o addirittura anni. Tale condizione è dovuta solitamente a nidi di batteri che rimangono nell’osso, sui fili metallici sternali o su materiale protesico utilizzato per l’intervento, che con il tempo acquistano forza e virulenza.
Quali tecniche chirurgiche sono gravate da un maggior tasso di infezione e perché?
Nella maggior parte dei casi le infezioni della ferita sternotomica si manifestano dopo interventi di rivascolarizzazione miocardica a causa dell’utilizzo dell’arteria mammaria come graft coronarico (circa il 90%). Quando essa viene usata per il confezionamento di un graft coronarico lo sterno, a causa di questa drastica riduzione della vascolarizzazione, può andare più facilmente incontro a infezioni e complicanze nell’osteosintesi. La mancanza di apporto di sangue, poi, è responsabile della mancata penetrazione dell’antibiotico nell’osso, con la conseguente cronicizzazione dell’infezione e la creazione di zone di osteomielite.
Trattamento infermieristico della ferita sternotomica
Il trattamento varia a seconda da quanto tempo si è manifestata l’infezione. Il prelievo di materiale dalla ferita per eseguire l’esame colturale riveste un’importanza strategica nella gestione di questa complicanza. Infatti è mandatorio sapere quale o quali batteri sono responsabili dell’infezione per poter instaurare una corretta terapia antibiotica. Qualche volta, addirittura, non vi è una vera e propria evidenza microbiologica. Infatti l’esame colturale può risultare negativo, specie se il paziente ha già eseguito terapie antibiotiche, ma questo non esclude comunque la presenza di una infezione.
Il trattamento di scelta, nel caso d’infezione della ferita sternotomica nell’immediato post-operatorio, è l’utilizzo della terapia a pressione negativa (VAC). Essa consta di una spugna posizionata nell’intera ferita, sigillata con una pellicola in cui si fa un piccolo buco sul quale si posiziona un tubicino collegato a un serbatoio che alloggia in una pompa portatile. L’effetto della pressione negativa che si esercita in questo modo fa sì che la ferita si deterga attraverso una suzione continua. In tal modo si assicura un perfetto drenaggio dell’intera ferita. La pressione negativa continua, inoltre, stimola la formazione di tessuto di granulazione, che riduce le dimensioni della ferita. La spugna deve essere sostituita almeno due volte la settimana. La terapia antibiotica mirata, cioè stabilita in base agli esami colturali e agli antibiogrammi, assicura una buona detersione della ferita. Dopo qualche settimana, appena la ferita migliora e l’infezione è eradicata, la ferita potrà essere richiusa.
Il trattamento di scelta di una ferita con infezione cronica è un trattamento combinato: bonifica chirurgica, rimozione dei fili metallici di sutura dello sterno e terapia antibiotica mirata a lungo termine. L’infezione cronica si manifesta con la presenza di una o più fistole cutanee lungo il decorso della ferita. Fistole che non riescono a guarire e da cui spesso fuoriesce materiale purulento. Di solito il cronicizzarsi dell’infezione è dovuto alla presenza di zone di osteomielite. Per questo motivo la terapia antibiotica può richiedere anche mesi prima di portare alla completa guarigione. La lunga durata della terapia antibiotica è dovuta alla difficoltà dell’antibiotico di penetrare nell’osso, e quindi di fare effetto in tempi brevi.
Dott. Antonio Savino
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