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Esclusiva intervista ad Antonio Bonacaro, giovane docente/ricercatore che si afferma all’estero

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Quella di cui ci occuperemo in questo articolo è una storia di grande tenacia e sacrificio, ma anche tanta passione e determinazione.

Lui si chiama  Antonio Bonacaro, un giovane infermiere ricercatore, un grande talento italiano riconosciuto e valorizzato all’estero (prevista la sua partecipazione all’evento formativo di Pugnochiuso).

Antonio Bonacaro, potentino di nascita, un curriculum di tutto rispetto, diventa infermiere nel ’96, presso la scuola regionale di Canosa di Puglia, dopo aver conseguito la laurea specialistica nel 2005 presso l’università degli studi de L’Aquila, un corso di Alta Formazione in Management Sanitario, due Master di primo livello in coordinamento e infermieristica forense, un dottorato di Ricerca in Scienze Infermieristiche nel 2010, tra i primi in Italia, inizia la sua ricerca su come impiegare l’esperienza maturata nel campo formativo/clinico .

Nel 2000 Il dott. Bonacaro inizia la sua esperienza nell’ambito dell’insegnamento universitario divenendo professore a contratto di Scienze Infermieristiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Potenza.

Tale esperienza continua sino all’agosto del 2013 permettendogli anche di collaborare con l’Università degli Studi di Firenze, sede di Lagonegro in qualità di docente a contratto e referente per lo sviluppo del piano degli studi del corso di Laurea Triennale in Infermieristica.

Bonacaro sviluppa anche una lunga esperienza clinica in area critica inizialmente presso la Rianimazione e Terapia Intensiva del Centro Traumatologico Ortopedico di Torino e a seguire presso il Pronto Soccorso e la Medicina d’Urgenza dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza, la Centrale Operativa 118 di Basilicata Soccorso in Potenza e il Servizio di Elisoccorso presso la base di Potenza.

Diverse sono le sue partecipazioni come relatore in convegni e congressi, le pubblicazioni prodotte su diverse riviste scientifiche, partecipa a diversi concorsi in tutta Italia per infermieri dirigenti, rientrando tra gli idonei in graduatoria ma…ahimè nessuna chiamata!!

La sua esperienza all’estero inizia grazie al programma Erasmus Docenti che gli permette di collaborare in qualità di Visiting Professor con diverse istituzioni accademiche spagnole.

Bonacaro persiste nell’intento durante il corso del suo dottorato di ricerca quando trascorre un semestre presso la John Moores University di Liverpool nel Regno Unito nell’ambito del programma Erasmus Studenti. A tale esperienza si aggiunge il prosieguo dell’attività di ricerca intrapresa nel corso del dottorato presso la University of Queensland, Australia nell’ambito dell’Australian Travel Award for L’Aquila Researchers.

Nel 2013 intraprende la prima esperienza di lavoro a tempo pieno in campo accademico presso il Fatima College of Health Sciences negli Emirati Arabi Uniti in qualità di Senior Lecturer in Nursing. Nell’ambito della stessa istituzione collabora con le Università svedesi di Malmo e di Lund e nel contempo con la Griffith University, Australia con cui ricopre il ruolo di Adjunct Associate Professor.

All’esperienza emiratina fa seguito quella nel Regno Unito ove approda presso la Anglia Ruskin Univesity in qualità di Senior Lecturer in Adult Nursing. Tale incarico si sviluppa sul duplice fronte della didattica e della ricerca.

Attualmente vive nel Regno Unito, a Chelmsford, docente presso l’Anglia Ruskin University, iscritto all’albo dell’ordine professionale britannico NMC (Nursing and Midwifery Council) dal 2012.

Lo abbiamo contattato e rivolto lui alcune domande sulla sua brillante carriera di docente e ricercatore infermieristico molto apprezzata all’estero.

Buongiorno Antonio e grazie per averci concesso questa breve intervista a beneficio dei lettori di NurseTimes, una brillante carriera la tua, una passione per l’infermieristica che nasce e si sviluppa nel tempo, puoi descriverci brevemente dove trovi tutte queste energie?

Grazie a voi per questa opportunità. Credo profondamente nel valore della professione e nel contributo decisivo che ciascun infermiere può dare nel singolare percorso di cura di ciascun utente. Traggo le energie necessarie dalla mia profonda passione per la clinica, la didattica, la ricerca e il desiderio innato di spingermi oltre.

Perchè hai deciso di emigrare?

Per l’impossibilità nonostante i reiterati tentativi di poter realizzare in Italia ciò che all’estero costituisce il naturale fisiologico prosieguo dei propri studi. Dopo tre anni dalla conclusione del mio dottorato le opportunità di metterlo a frutto e di poter ambire ad una collocazione stabile in ambito universitario erano inesistenti.

Parliamo della tua brillante carriera di docente/ricercatore infermieristico…Quali sono le difficoltà che sta attraversando l’infermieristica italiana?

Negli ultimi venti anni la professione infermieristica in Italia ha goduto di numerosi riconoscimenti su piano legislativo che l’hanno vista fare il proprio ingresso in ambito universitario sino a guadagnare l’opportunità di raggiungere il più alto grado di formazione possibile ovvero il dottorato di ricerca.

A questo non è seguito un adeguato riconoscimento su piano sostanziale.

Gli organici infermieristici continuano a risultare lacunosi in molte realtà, l’infermiere continua a sopperire a carenze strutturali del sistema sanitario con grande spirito di sacrificio e senso di responsabilità sopportando carichi di lavoro estenuanti, livello di qualificazione è totalmente slegato dalle funzioni quotidianamente espletate per non parlare dell’adeguamento della remunerazione che è fermo da anni nonostante competenze e relative responsabilità siano notevolmente aumentate in ragione della formazione universitaria e di un articolato percorso formativo a più livelli.

Le opportunità di accesso alla carriera dirigenziale e accademica sono estremamente limitate come di conseguenza è la possibilità da parte degli infermieri stessi di monitorare, implementare e ridisegnare la qualità delle cure e dei percorsi formativi.

Percorsi formativi la cui gestione è divenuta terra di conquista di altre figure professionali che contribuiscono anche ma non solo in tale ambito a riaffermare la subalternità del ruolo dell’infermiere.

Da tale quadro emerge un profilo del ruolo infermieristico sbiadito, soffocato dai pressanti carichi di lavoro, dall’assenza di percorsi di evoluzione di carriera certi, da un sistema medico-centrico nel quale fa fatica a trovare chiari punti di riferimento sotto il profilo manageriale, dalla mancanza di ambiti di specializzazione legalmente e contrattualmente riconosciuti per non parlare dell’evidente scollamento tra la compagine clinico-assistenziale e quella accademica.

A ciò si aggiunge l’inconsapevolezza o disinteresse del cittadino che sempre più spesso ultimamente inizia a rivendicare servizi di qualità, al centro dei quali merita di essere collocato.

Quali consigli daresti ai colleghi italiani che oggi incontrano diverse difficoltà occupazionali in patria e vorrebbero emigrare per sviluppare e concretizzare le proprie aspettative lavorative?

Di iniziare a considerare questa possibilità durante il corso di laurea triennale e di valutare l’opportunità di iscriversi ad un master presso una università straniera. Di investire tempo ed energie nello studio della lingua inglese con largo anticipo.

Il programma Erasmus rappresenta anche un’ottima possibilità di confrontarsi con sistemi formativi e sanitari stranieri anche anglosassoni BREXIT permettendo.

Le università anglosassoni rilasciano titoli riconosciuti a livello mondiale, impreziosiscono il curriculum di chiunque decida di imbarcarsi in una esperienza del genere e offrono una esperienza formativa centrata sullo studente includendo la possibilità di svolgere una miriade di attività extracurricolari di grande valore etico, umano e professionale.

Tutt’oggi il governo inglese offre ingenti finanziamenti ai cittadini comunitari che intendono intraprendere un percorso di studi nel Regno Unito a cui si aggiungono le borse di studio offerte da numerosi enti e fondazioni.

Le considerazioni e i consigli da dare a questo proposito potrebbero essere tanti anche se credo le situazioni vadano vagliate attentamente in funzione delle aspettative del singolo.

Nelle università italiane c’è spazio per i giovani ricercatori?

A giudicare dalla mia esperienza direi di no. Affermo questo anche sulla base delle esperienze dei colleghi che hanno condiviso e concluso il primo ciclo di dottorato con me. Da quanto mi risulta sono stati reintegrati nelle aziende ospedaliere di appartenenza e continuano ad intrattenere rapporti con le Università su base temporanea.

Cosa dovrebbe cambiare affinché si possa arrivare agli standard europei?

Bisognerebbe definire e assicurare capillarmente percorsi certi di progressione di carriera in ambito clinico, manageriale ed universitario con reali possibilità di impiego sul campo della professionalità maturata mediante una programmazione oculata.

Acquisire un reale controllo dei corsi di formazione con la possibilità per gli infermieri opportunamente formati di insegnare qualsiasi disciplina parte del piano di studi, un reale controllo dei processi assistenziali e della gestione delle risorse finalizzata al miglioramento costante della qualità delle cure.

Lavorare ad una reale coesione ed integrazione del mondo clinico-assistenziale con quello accademico e aprirsi al dialogo con il cittadino, le istituzioni, il mondo del volontariato e degli organismi sovranazionali (università straniere, associazioni scientifiche, organismi eroganti fondi a favore della ricerca).

Rimettere il cittadino al centro degli interessi della professione in un dialogo costante e arricchente per ambo le parti.

La tua professionalità è molto apprezzata all’estero, perché in Italia è oggi difficile raggiungere i tuoi risultati raggiunti all’estero?

La professione infermieristica gode in particolare nell’ambito dei paesi anglosassoni di un ampio riconoscimento sociale frutto di accadimenti storici favorevoli, del contributo di infermieri divenuti personalità illustri e dell’incessante tentativo da parte della professione di fornire risposte adeguate alle mutate esigenze della comunità.

Si pensi solo per un attimo alla figura di Florence Nightingale tutt’ora amatissima dal popolo inglese a cui le emittenti nazionali non mancano di dedicare documentari e film o alla figura dell’infermiere clinico con competenze avanzate che faceva capolino nei paesi anglosassoni nel lontano 1960.

Torneresti in Italia?

Per natura tendo a non escludere mai nulla. L’Italia è un paese a cui sono molto legato anche se le esperienze pregresse non lasciano presagire grandi opportunità. Nell’eventualità una proposta di lavoro seria si presentasse la valuterei in ogni caso con molta attenzione.

Grazie Antonio per averci dedicato questo spazio. 

Grazie a voi e arrivederci a Pugnochiuso.

 

Ricordiamo a tutti i nopstri lettori che il dott. Bonacaro sarà presente come relatore al convegno di Pugnochiuso del 25-28 maggio e racconterà la sua esperienza di ricercatore, partecipando al dibattito in agorà sul tema :

“La Formazione, la ricerca e la libera circolazione dell’Infermiere nei paesi della Comunità europea. Le opportunità di lavoro e le modalità di accesso

Per Info e iscrizioni

Sito web: www.eventiecongressi.net

E-mail [email protected]

Telefono. 081 19810398 – mob. 3497398399

 

Giuseppe Papagni

Allegati

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