A molti infermieri, medici e operatori socio sanitari è richiesto di indossare una divisa o un abito da lavoro.
In questi casi chi deve provvedere all’acquisto (e in seguito alla manutenzione tramite lavaggio)?
Sicuramente in molte realtà è il dipendente stesso a procurarsi la divisa e a lavarla ma secondo la legge deve essere il datore di lavoro o il personale ad avere questo onere?
In merito a questa tematica dottrina e giurisprudenza si sono soffermate più volte e, a come appare evidente, gli aspetti che devono essere considerati sono molteplici.
Cerchiamo di fare chiarezza sulla materia che può interessare la maggior parte del personale sanitario o socio-assistenziale chiamato ad indossare camici o divise.
Obbligo di divisa: chi deve pagare il vestiario?
La decisione sull’obbligo della divisa resta a discrezione del datore di lavoro.
Qualora il contratto si limiti a richiedere un abbigliamento sobrio o elegante sarà il lavoratore stesso a dover provvedere all’acquisto degli abiti da ufficio visto che gli viene data ampia discrezionalità nella scelta.
Qualora si tratti invece di una divisa specifica, come nel caso della maggior parte dei professionisti sanitari, le cose cambiano.
Se l’obbligo di acquisto degli abiti da lavoro o uniformi da parte del datore di lavoro deriva da contratto la questione non si pone in quanto sussiste una violazione contrattuale.
La legge, escluso quanto espressamente previsto dal contratto, lascia discrezionalità al datore di lavoro in riferimento all’opportunità di adottare o meno una divisa.
Se il vestiario uniforme viene imposto per motivi di sicurezze e protezione durante la prestazione dell’attività lavorativa il datore di lavoro è sicuramente tenuto a fornire ai lavoratori tutto il necessario (D.Lgs. 81/08 – artt. 74 e seguenti).
Se invece l’obbligo di divisa deriva solo da motivazioni gerarchiche e organizzative, è previsto che quest’ultimo, ammesso ad eccezione che non determini discriminazioni, non debba pesare sui lavoratori né economicamente né dal punto di vista temporale.
Cambiarsi a lavoro: il cosiddetto tempo tuta
Da questo secondo punto di vista, come già riportato nel precedente articolo, i giudici hanno infatti stabilito che il tempo impiegato per mettersi la divisa vada conteggiato nell’orario di lavoro in quanto funzionale alla prestazione dell’attività.
Il datore di lavoro non può pretendere che i dipendenti si rechino a lavoro già cambiati perché l’imposizione di indossare una divisa può avvenire solo durante l’orario lavorativo.
A chi spetta il lavaggio delle divise e dei camici?
Nonostante non trovi ampia applicazione nella pratica, per legge l’obbligo di lavaggio di camici e divise spetta al datore di lavoro. In caso contrario il lavoratore è tenuto quantomeno al rimborso spese.
Per gli abiti da lavoro con scopo di protezione questo principio è da tempo affermato nella circolare del Ministero del Lavoro n° 34.
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